Cap 1. Impulso

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"Come ho detto tante volte, la storia umana, tra salvezza e perdizione, è ambigua. Non sappiamo neppure se siamo noi i padroni del nostro destino."

Norberto Bobbio.



Se la ricordava ancora benissimo quella sera, quel locale.

Un ricordo vivido e ben presente nella sua mente come se fosse successo pochi istanti prima, ma Elsie, coscientemente, sapeva che non era proprio così.

Quanto a lui, beh... la confusione verso ciò che era stato si faceva sentire e Lanty non poteva certamente negarlo, d'altro canto proprio lui iscriveva nei testi delle sue canzoni, l'importanza di mantenersi coerenti con se stessi esprimendo però i propri sentimenti in modo sincero e diretto, giusto per creare una certa sinergia tra l'artista ed il suo pubblico.

Era una sera di primavera inoltrata, l'aria intrisa di profumi di erba tagliata e fiori in sboccio, un'aria tuttavia ancora pungente quanto bastava per farla rabbrividire, proveniva dalle colline adiacenti a casa sua: Elsie viveva in una casa incastonata ai piedi di una valle che si specchiava nella riserva naturale del lago Leven prima di trasformarsi in una piacevole distesa più o meno pianeggiante, Lanty invece abitava dall'altra parte, nella vallata opposta dove le alture si facevano più pressanti e dove invece il fiume Forth la faceva da padrone. D'altronde non si poteva pretendere un clima molto diverso dalle Scozia, in particolare dalla cittadina di Lochgelly, situata in modo da guardare quasi direttamente la capitale, Edimburgo, anche se il viaggio per arrivarci era di poco più di un'ora di strada.

Elsie se ne stava con la schiena appoggiata al muro del balcone di camera sua, reso caldo dal sole ormai quasi estivo che si era palesato per tutta la giornata, come succedeva davvero raramente, ma che lei purtroppo non era riuscita a godersi nemmeno un attimo: troppo caos tra un turno e l'altro al lavoro nel negozio dove era stata assunta da qualche tempo. 

Cercava di godersi il più possibile quel magnifico tepore mentre tentava di districare la matassa di pensieri in testa, con l'aiuto di uno dei suoi modi preferiti di rilassarsi: una bella, appagante, confortante sigaretta. Il fumo le pizzicava la lingua e la gola, ma quella sensazione così familiare da anni la faceva sentire più leggera e stava bene nella sua bolla, nella sua zona di comfort che si era costruita fin da quando era una bambina, fragile e silenziosa. Nessuno poteva mettere in dubbio questa zona e lei provava una certa dose di benessere dentro di sé quando veniva lasciata in pace dentro di essa. Certo, ogni tanto il pensiero che dovesse farla esplodere, parlando con qualcun altro o adottando altri metodi, ogni tanto le si presentava davanti ma durava meno di un battito delle sue lunghe e folte ciglia nere. 

"Cosa cazzo deve fare" si domandò tra sé e sé. Erano circa le 18,momento quasi perfetto per un aperitivo, ma non aveva tempo per questo o per altre sciocchezze a cui avrebbe sicuramente rivolto più peso tempo addietro. Dentro di sé, sapeva in realtà che fare: andare, punto e stop! Era quella la soluzione, era quella la cosa migliore da fare: metter prima sé stessa, qualunque cosa ciò comportasse. E questo, poteva anche voler significare prendere delle decisioni impulsive, fregandosene di dover render conto a qualcuno. 

Scosse la testa per l'ennesima volta, non ci pensò più, afferrò l'outfit che aveva tenuto appositamente da parte nell'armadio per i casi di "emergenza" e si preparò con cura. Un look per le scelte dell'ultimo secondo, chissà perché si rivelavano esser sempre i migliori, da un punto di vista estetico.

La gonna di pelle nera a tubino le cingeva molto bene le curve delle cosce e il suo sedere alto, tonico e che da sempre riteneva uno dei suoi punti forti, scelse il reggiseno in pizzo bianco che le faceva risaltare il suo piccolo ma sodo balconcino e poi una classica camicetta bianca.

Ultimo ma non meno importante, il tocco magico: il giubbotto di pell eanch'esso nero a doppio petto che completava a perfezione la gonna, con le spalline preformate che lei adorava da impazzire e i grossi bottoni dorati.

Si mise i suoi soliti tacchi di vernice nera, un paio di platform che ne avevan viste di tutti i colori. Tantissime serate, sia tranquille che non proprio così rilassanti. Ma d'altronde un paio di tacchi verniciati erano il perfetto completamento per qualsiasi occasione. I capelli li lasciò liberi e selvaggi come al solito: lunghi e morbidi ricci che ormai le arrivavano quasi in fondo alla schiena, emanando un leggero profumo di crema al patchouli, la sua preferita per la detersione. Dolce sì ma non troppo, deciso e profondo ma tutto sommato non invadente. Si dedicò infine al makeup, scegliendo di far qualcosa di semplice e ordinato, ma che non tradiva mai le sue aspettative: curò le sopracciglia senza appesantirle e lasciandole naturalmente folte, un tocco di eyeliner nero per rimarcare i suoi intensi occhi tra il verde ed il nocciola, un velo di mascara e ovviamente l'immancabile rossetto rosso che risaltava alla perfezione le sue morbide e carnose labbra. 

Si sentì bella e determinata, come al solito quando finiva di prepararsi: era soddisfatta del suo corpo esile ma tonico e dei suoi lineamenti, non se n'era mai lamentata, anzi, era perfettamente consapevole di sé e dell'effetto che faceva alle persone. Da questo punto di vista, l'autostima e la fiducia in sé stessa non le erano mai mancate più di tanto e andava fiera di questo e del lavoro che aveva fatto sulla propria persona negli ultimi anni.

Afferrò con decisione le chiavi dell'auto dalla ciotola posta all'ingresso di casa sua, scese nel parcheggio e si avviò verso l'auto, in silenzio e rimuginando tra sé e sé.Quando salì alla postazione di guida del suo mini suv bianco, si disse che era inutile continuare a titubare inutilmente, ormai la sua decisione l'aveva presa e se ne sarebbe fregata di tutto, ingranò la prima e imboccò la familiare strada davanti a lei, diretta al locale che ben conosceva.


Una volta arrivata e parcheggiata l'auto, non scese immediatamente ma rimase in ascolto.Dei battiti del suo cuore prima di tutto... E di quelli della batteria che provenivano dalla sala principale del bar. Scacciando via ulteriori dibattiti interni e con un groppo allo stomaco di ansia che decise d'ignorare e concentrandosi solo sul beat incessante che la circondava all'estero e all'interno, scese, percorse pochi passi nella ghiaia e lentamente varcò la soglia.

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