Cap 12. Forza della natura

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"I suoi petali danneggiati sono ciò che

la rende più bella di tutti gli altri fiori."

A. J. Lawless



Elsie vagava su delle nuvole da un tempo indefinito.

A volte erano bianche, grandissime e morbide, altre volte erano grigie e più compatte e lei ci saltava sopra ridendo passando da palla di cotone in palla. Nulla le faceva male, nulla la preoccupava.

Lei provava solo gioia e serenità.

Quando a un certo punto, sentì dall'alto una voce profonda, rassicurante che con fare protettivo le diceva solo: "Tranquilla bambina" ed Elsie si lasciò andare completamente su di una nuvola, beandosi dell'effetto di quelle parole. Ma come lo fece, dallo stesso punto indistinto da cui la voce aveva mormorato quelle parole, uno spiraglio di luce candida apparve.

Elsie non capì subito, ma sentì solo in sé stessa che doveva provare a raggiungere e toccare quella luce, che doveva farlo assolutamente altrimenti qualcosa di tremendo sarebbe successo. Così, racimolò tutte le forze che aveva in corpo e concentrò al massimo per salire fino al fascio e prenderlo.

Quando le sembrò d'esser arrivata al punto dopo una fatica enorme, allungò disperatamente un braccio per riuscire ad allungarsi meglio e come la punta del suo dito sfiorò la meta, fu immersa nel bianco.

Fu così che Elsie, aprì gli occhi.

Non seppe dire a sé stessa se quello che aveva davanti lo stava ancora sognando oppure no perché era tutto ancora annebbiato e ovattato, ma si costrinse a provare a battere forte le palpebre qualche volta e piano piano riprese il contatto con la realtà. Non era nel suo letto e nella sua stanza, come credeva ma in una bianca stanza anonima d'ospedale. Si accorse che il braccio le doleva, così abbassò lo sguardo e vide l'entrata della flebo a cui era attaccata e un monitor accanto a lei emetteva un suono regolare.

Tutto in un colpo improvviso, le ritornò alla mente il perché era lì e si ricordò del pomeriggio con l'amica, di Andrew e della sua aggressione e di come fosse scappata e poi da lì più niente. La rabbia e il dolore le montarono di nuovo in corpo e sentì il suono vicino aumentare.

Come lo fece, la porta si aprì e Elsie vide la figura di una donna minuta con un camice bianco e i capelli neri raccolti in una coda alta che in un tono sommesso e caldo le rivolse la parola: << Ehi Elsie, buongiorno.. sono la dottoressa Willson >> e le si avvicinò. Intanto il battito era ritornato normale, il medico si soffermò a guardarlo un momento, annotando qualcosa sulla cartelletta che reggeva in mano e poi ritornò a posare lo sguardo scuro sulla ragazza, accarezzandole i ricci piano: << Come ti senti Elsie? >>.

Lei prese un respiro più a fondo e finalmente aprì bocca, emettendo un piccolo rantolo per via di un cerotto sul labbro inferiore: << Mi sento come se una mandria di bufali mi fosse passata sopra tutta insieme.. ma da quanto tempo sono qui? >>

La dottoressa Willson le sorrise: << Sei qui da poco più di due giorni Elsie, sono passate due notti da quando ti abbiamo trovata nella tua auto.. sai sei una vera forza della natura, non ci aspettavamo che ti svegliassi così presto! >>.

Elsie rimase sbalordita nel sentire quell'informazione e il suo pensiero andò subito a Lanty e a quel messaggio che aveva inviato ma di cui non conosceva più l'esito. Le sarebbe piaciuto sentire la sua mano in quel momento che stringeva piano la sua, come era successo quella notte. Magari lui l'aveva dimenticata. 

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