Mister X come pensate che reagì ai miei tentativi di sminuirlo? Cosa avrebbe fatto chiunque altro? Pensateci bene. Cosa avrebbe fatto? Voi cosa avreste fatto al suo posto? Non avreste perso la pazienza?
Lui no. Lui era il Master, il maestro, insegnò. La sua lezione fu che poteva tenermi per i capelli in qualsiasi momento.
Aspettò, ascoltò, lesse giusto il tempo di farmi credere di essere nel giusto poi bloccò i miei deliri con una sola frase:
Lo sai come vuoi amarmi, vero petite? Lo sai vero?
Per qualche istante rimasi a guardare quelle poche parole scritte nero su bianco. Non posso. Risposi.
Non ho detto che devi amarmi.
Ho detto che c'è la voglia di dire amami.
Non sai dire usami, dammi tutto il dolore di cui hai bisogno.
Basta ti prego. Risposi.
No, scrisse. Se vuoi vivere devi iniziare ad ammettere.
Boccheggiavo. Mi smontava con l'abilità di un prestigiatore professionista.
Devo andare. Digitai.
A dopo se tornerai. Rispose.
Torno sempre da te, lo sai.
Non riuscivo a pensare a niente, a fare niente, il più delle volte anche respirare mi costava fatica. Vagavo per la casa come un automa, senza sosta, senza meta, senza scopo. Provavo a fuggire da lui, da me stessa, ma non potevo, provavo e ogni tentativo era vano. Per quella corrispondenza di spirito che è così rara e così preziosa, io non riuscivo.
Le cose per me erano lineari a quel tempo, che esistesse una terza, una quarta, una quinta dimensione era follia.
Solo di una cosa ero acutamente cosciente: avevo bisogno di imparare e lui era il migliore dei maestri.
Presa questa decisione il giorno seguente Mister X scomparve. Ogni momento in cui io avevo avuto bisogno di lui non mi aveva mai fatto mancare la sua presenza. Quel giorno non ricevetti neanche una parola, non un cenno, non un saluto. Per ventiquattro ore provai cosa significasse l'assenza e il pensiero di non rivederlo più senza la possibilità di poter decidere di fare dietrofront perché la decisione non era più mia, fu corrosivo, come rimanere senz'aria. Per troppo tempo sarei morta. Per un po' mi spezzò.
Mi torturai psicologicamente in ogni modo possibile e fui costretta ad ammettere almeno il dipendere, il desiderio: di cosa, di chi, il come, il perché mi era estraneo. Non riuscivo a capire di più. Volevo lui, solo questo avevo compreso. Quando i suoi messaggi tornarono avevo messo un tassello nella mia vita, solo uno, il primo, il più difficile.
Chiuderai questo profilo. Mi disse. E ne aprirai un altro: Una nessuna.
Ero stata declassata? Agli occhi di chiunque il suo agire avrebbe potuto essere interpretato in questo modo. In realtà lui mi dava quello che desideravo e che non sapevo chiedere. Volevo io essere una nessuna, perché non ero in grado di reggere quello che era il mio essere.
Iniziai un cambio di rotta, non improvviso, non premeditato, non consapevole, fu una naturale conseguenza di quello che ero io, di quello che era Mister X, di quello che era mio marito.
Dopo anni in cui avevo sempre detto tutto al mio consorte iniziai a parlare con lui. Dire e parlare non sono la stessa cosa. Dire tutto è: buongiorno, dormito bene? Le porti tu le bimbe a scuola? C'è da fare la spesa, passo io? Esco alle diciotto dall'ufficio per le 18:30 dovrei essere a casa. Nel mio dire tutto ero impeccabile, dettagliata fino all'inverosimile. Mio marito sapeva anche il giorno in cui doveva tornarmi il ciclo mestruale.
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Parola di Mia Cagna
Short StoryVerità o menzogna? Storia vera o di fantasia? È davvero così importante? Forse l'unica cosa che conta è che viene dal cuore ed è diretta al cuore.