25 - Pensieri

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Fosse stato per me avrei continuato a giocare chattando. Già in quel campo mi ero spinta su terreni che mai avrei creduto si poter battere. 

Nonostante il divieto assoluto di mio marito, avevo fatto videochiamate, inviato foto, video. Non avevo tralasciato nulla.Stavo imparando, crescendo, con calma, ma arrivata ad un certo punto la relazione con Mister X era arrivata al suo culmine di come poteva essere a distanza.

Non vi erano tante possibilità, o moriva o evolveva verso qualcosa di diverso che richiedeva la presenza fisica. Fosse stato per me sarei rimasta nel limbo, perché in fondo mi piaceva tergiversare. Quel fare/ non fare che non era né carne né pesce. E lui? Mister X? Non era uomo a cui piacesse perdere tempo. Paziente fino all'inverosimile, ma una volta che i tempi erano maturati pretendeva di andare avanti. Che andare avanti significasse che il nostro rapporto ci scivolasse tra le dita o che io spiccassi il volo mi sembrava, con mio sommo sgomento, gli fosse del tutto indifferente. 

La sua presenza on line diminuì, piano, un giorno alla volta, sempre un po' di meno. I suoi messaggi divennero sempre più diradati nel tempo, il suo esserci meno assiduo. Lavoro e impegni vari furono la sua giustificazione. 

Si è stufato di me, fu il mio pensiero. Disperarsi non serviva a niente, cercarlo era inutile. Iniziai a pensare di essere arrivata al capolinea. Meglio così, provai a convincere me stessa. In realtà mi opponevo con ogni singola cellula del mio corpo. Le volevo le sue attenzioni, le bramavo come un assetato cerca l'acqua e ne dipende. 

Mi convinsi che l'unica possibilità per continuare a chattare come avevamo sempre fatto fosse dargli lo spiraglio di un incontro. 

Non fu così. Gli scrissi che volevo incontrarlo, non sapevo il dove, il come, il quando, ma volevo farlo. In realtà ammisi con me stessa questo desiderio che sapevo essere reale. La presenza di lui in chat però non tornò quella di un tempo.

 La verità era che potevo promettere il mondo, ma trovare il modo di passare una notte da sola fuori era una questione difficilissima. Non ero mai andata da nessuna parte da sola e ad inventare scuse ero pessima. 

Se a questo si aggiunge che avevo un marito che era un maniaco del controllo le possibilità diventavano infinitesimali. Ho letto in diverse occasioni donne che dichiarano di avere a che fare con maniaci del controllo. Mio marito era ad un livello superiore.

Come si chiamava il tipo delle sfumature? Grey qualcosa. Lui era niente in confronto a mio marito. Controllava la mia casella di posta elettronica, il mio cellulare, il mio bancomat. Controllava cosa mangiavo, quando lo facevo, come mi muovevo, quello che dicevo. Ogni emozione, ogni sentimento, ogni sfumatura era pesata, sviscerata, controllata al microscopio e infine giudicata. 

 Ora queste attenzioni avvengono in maniera naturale per le persone empatiche di natura. Esercitano l'attenzione guardando chi hanno intorno senza esprimere il loro parere dato che le parole poco aiutano. Dire a una persona tu sei così, se lei/lui non si vede in quel modo o non accetta quella cosa di se, non la aiuta, se va bene negherà e se,va male ti allontanerà. Non era di utilità alcuna. 

Sentirsi ripetere questo non va bene e tu sei così, era diventato soffocante dato che lo percepivo come una critica costante: lo zucchero ti fa male, dovresti fare attività fisica, metti la gonna, queste calze non quelle, il trucco non mi piace, eccetera, eccetera, eccetera. Le parole non servono gli dicevo. Lui affermava che erano semi. 

Non sapevo cosa fossero, sapevo solo che era come trasportare un macigno ogni singolo istante della mia esistenza ed questo spegneva la mia forza vitale rendendomi incapace di apprezzare la vita. Ero sempre stanca e qualsiasi attività era per me fatica. 

 Qui potremmo aprire un approfondimento psicologico grande quanto il Gran Canyon. La stanchezza più che alla morbosità del mio consorte, era dovuta al mio non accettare me stessa, le mie fragilità, le mie paure. Sfogare su di lui le frustrazioni, era immediato e spostava il focus dai miei reali problemi. Era ben più accettabile accusare lui piuttosto che riconoscere i miei fallimenti. 

In fondo non avevo nessun desiderio reale di affrontare la parte oscura di me. Chi lo fa? Quasi nessuno. Si preferisce trascinarsi, distrarsi, colmare i vuoti con cibo, sesso e rumori vari. Tutto pur di fuggire, nascondersi, perdere tempo. 

Ero una professionista in questo. Lo facevo da decenni ormai. Scuse, giustificazioni, armature le facevo sbucare come una prestigiatrice dal mio cappello. 

Se il caso, il destino non mi avesse costretta sarei ancora oggi a sognare di un malinconico amore nato e mai sbocciato. Sarebbe stato romantico, tragico, ideale e non mi avrebbe fatto maturare di un passo. 

Il destino invece, quel fetente, mi mise in mano tutte le carte affinché io non potessi più tirarmi indietro. Non so perché, non so come mio marito trovò la forza, ma mi concesse, di andare a trovare Mister X. Un giorno e una notte. Questo era il tempo che mi era concesso. Ventiquattro ore.

Parola di Mia CagnaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora