17 - Dopo

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Penserete che come tutti i bravi protagonisti delle storie io feci la scelta giusta. Sbagliato.  

La giornata seguente fu un atroce tormento. Mi girava la testa, mi veniva da vomitare. mi sentivo  distrutta perché lo ero. Non combaciava più niente, non c'era più niente da far combaciare eppure feci comunque ostinatamente l'estremo tentativo di rimettere tutto insieme, incollarlo con lo scotch se fosse stato  necessario e farlo tornare come era prima, ricostruendo la maschera che indossavo tutti i giorni da così tanto tempo da essersi fusa con la mia pelle. 

 Confessai ogni cosa a mio marito. Un altro uomo al suo posto forse si sarebbe fatta una risata. Un'altra donna al mio posto avrebbe proseguito la sua vita facendo finta di niente. Io non ero un'altra donna e mio marito non era un altro uomo. 

Mio marito mi disse: "Era ora che lo facessi. Tu sei così, sei questa. Non hai tradito nessuno e non c'è niente da perdonare." 

Gli diedi la password per entrare sul mio profilo wattpad affinché potesse leggere tutto ed essere al corrente di ogni cosa era accaduta e avessi fatto.  

Lasciai Mister X per la prima volta. 

Mentii a lui come a me stessa, gli dissi che il mio padrone era mio marito e che non gli avrei scritto più. 

Avresti dovuto avere maggiore fiducia in me, in noi.  

Morii quel giorno, morii come mai mi era capitato nella vita. Mister X mi aveva dato un nome. Mia. Mi disse che Mia sarebbe stata sua per sempre. 

Era tutto risolto,no? Niente da perdonare e si continua come prima, no? 

Se avessi potuto sotterrare la verità in quel momento l'avrei fatto ad ogni costo, ma il cuore, quel maledetto che avevo nel petto, non ne voleva sapere di tornare nella gabbia dorata in cui era rinchiuso, non ne voleva sapere di grigiore, di routine, di doveri e consuetudini. Lui voleva vivere, gridava a gran voce e si agitava facendo stridere ogni singola cellula del mio corpo, tanto da farmi desiderare di strapparmelo dal petto. 

Possibile che io avessi trovato l'amore della mia vita e che fossi costretta a lasciarlo andare? In quattro giorni? In chat? A distanza? Senza averlo mai toccato, sentito, visto? Non era possibile no? Ero innamorata di mio marito. Quello era uno dei periodi in cui ci eravamo trovati in maggiore sintonia. Quindi, come poteva essere possibile? La soluzione per me fu la negazione. Forse se negavo a sufficienza sarei riuscita a convincere anche me stessa che non era vero e che non stavo soffrendo come una cagna. 

Come soffre una cagna? Geme e si dispera in ogni singolo momento della giornata, ogni sua azione è dolore e pentimento, ogni respiro dolore, ogni soffio di vento un ricordo e un desiderio che le viene strappato di forza dal petto. 

Infilai le scarpette da ginnastica, presi il cellulare e con la musica nelle orecchie, andai a correre. Corsi fino a farmi uscire i polmoni dal petto. Corsi e piansi così tanto da pensare di non avere più lacrime da piangere. A fare la vittima con me stessa ero davvero molto brava. Lacrime di coccodrillo le mie. Piangevo non per quello che avevo fatto, piangevo per il pensiero di non leggere più le sue parole, i suoi messaggi. Piangevo perché lo volevo e non riuscivo a fare a meno di lui.  Piangevo per un motivo che in quel momento non ero ancora pronta ad accettare.

Non riesco più a fare a meno del cellulare. Avevo scritto un giorno a Mister X. 

Vuoi dire che non riesci più a fare a meno di me. Aveva ragione. Non riuscivo a fare a meno di lui. 

Quella notte preda di rimorsi, rimpianti e ansie non dormii quasi per niente. Il giorno dopo quando tornò mio marito a casa cercai di rimettere le cose esattamente nello stesso punto in cui le avevo lasciate quattro giorni prima. Fallii miseramente. Io ero cambiata e mio marito me lo lesse in faccia non appena gli aprii la porta. 


Parola di Mia CagnaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora