6.
GABRIEL
Ho lasciato lo studio di mio padre circa un'ora e mezza dopo, per via della riunione e per dei conti che dovevamo rivedere e, dal quale non ho potuto sottrarmi cosa che avrei voluto fare, ma mi va bene, anche perché faccio lo stesso per la mia attività. Sono io che tengo i conti. Solo ed esclusivamente io e lo stesso lo faccio per l'azienda di mio padre. Fino a quando continua a non puntare il dito su di me e sul fatto che vuole farmi prendere il suo posto, lo faccio, anche se di malavoglia visto che questo tipo di cose mi annoiano. Ancora di più se fatte insieme a lui, che è il mio perenne disaccordo in tutto. Che sia per ambito lavorativo o che sia per la vita privata. Per questo non riusciremo mai ad andare d'accordo fino in fondo. Non ci riesco e non ci riuscirò mai, perché conosco i suoi modi e so che per ogni cosa che dice o fa, c'è sempre uno scopo ben preciso. Con me soprattutto, che sono il figlio maggiore. Ma quello che lui non ha capito è che non riuscirà ad incastrarmi, per quanto possa imputarsi, non succederà mai. Non mi porterà mai dalla sua parte e non finirò mai al suo posto, nella sua azienda, perché rigetterò questa proposta fino alla fine dei miei giorni.
L'unico a cui può aggrapparsi, e di cui può aver bisogno, è mio fratello Mateo.
Lui può prendere le redini dell'azienda e adempiere meglio di me all'incarico, visto che sa come gestire gli affari e la parte burocratica, cosa che tra l'altro io ho sempre odiato.
La ristrettezza d'ufficio la lascio a lui. Compresa l'azienda, perché non ha mai fatto parte della mia vita, e poi non coincide con cosa io voglio fare. Non fa parte del mio modus operandi, e lo dimostra l'attività e il marchio che ho messo in piedi e che potrei ampliare in tutto il mondo se volessi.
Con il capitale che ho posso fare questo è molto altro, i soldi non sono un problema, devo solo trovare il posto giusto. Fare tutto nel modo giusto, per me, ma anche per mio padre, perché voglio che si renda conto di tutto. Del nostro essere diversi. Lo siamo sempre stati, anche quando tentava di farmi diventare il suo riflesso.
Io sono io.
Lui e Mateo invece sono la stessa persona ed hanno un unico modo di fare e non hanno alternativa, per questo non potrei mai essere come loro.
Preferisco vivere di ciò che mi sono costruito.
Per farlo non ho mai neanche avuto bisogno di mettere in mezzo il cognome che porto.
Sono un Enrique solo anagraficamente, ma niente di più perché tutto quello ho, è nato dal fondo, insieme a me.
Per anni ho messo l'anima in tutto quello che ho fatto. Ho sputato sangue quando ho dovuto, mangiato merda quando tutti mi stavano addosso, ma nonostante questo sono diventato qualcuno solo grazie a me stesso, dimostrando a tutti di non essere "il figlio di", per convenienza.
Mio padre non ha mai fatto un cazzo di niente per aiutarmi. Non ha mai mosso un dito e, tutto questo solo perché si è preso il diritto di trattarmi come qualcuno che lo ha offeso e screditato, quando non è così. Ciò che ho fatto non è stato altro che prendermi la vita che mi aspettava. Che volevo. Senza stare dietro a nessuno, perché io non sono fatto per questo. Non sono fatto per fare il burattino. Che sia di mio padre o di chiunque altro. Non sono fatto per essere manovrato e probabilmente mai nessuno riuscirà a farlo perché so chi sono e ne vado fiero. O almeno in parte, visto che nel bene o nel male, una parte di lui mi è rimasta attaccata addosso. Ovvero, l'esigenza.
Nel corso degli anni ne ho avuta troppa e rivolta sempre su me stesso. Sempre e in qualsiasi momento, diventando forse troppo autoritario.
A distinguerci invece è la differenza di pensiero. Il mio non coincide affatto con il suo e per fortuna neanche con il suo essere egoista. Io non ne sono capace e, ne sono orgoglioso. Lo sono per tutto quello che ho fatto, soprattutto senza di lui.
Guardando in faccia la realtà e la realtà dei fatti, mi sono creato una carriera attraverso le mie sole forze e ho preso decisioni in base alle aspettative che mi sono creato, scelte incluse.
Se poi questo lui non lo accetta, il problema non è altro che il suo.
La pecora nera della sua stessa famiglia gli ha dato del filo da torcere.
Non accetta che io vinca da sempre contro la sua autorità, ma qualcuno doveva pur dargliene dimostrazione.
Sono un uomo che sa bene ciò che vuole e che sa prenderselo. Non mi fermo davanti a niente, neanche davanti a lui.
STAI LEGGENDO
Non eri nei miei piani
RomantikGabriel, è un imprenditore italo-spagnolo di quarantuno anni, molto noto per il suo cognome, ma ancor di più lo è diventato per il lavoro in proprio che svolge, nato nientemeno che dalle sue sole forze: il "Blue Sky". Luogo che tra l'altro ha tirato...