Capitolo 1.

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MANDO GENTILMENTE A FANCULO MIA MADRE.

Era successo tutto velocemente, fin troppo per i miei gusti. E ora mi ritrovavo con le mani vuote, smarrita in questo mare di solitudine. Ma è meglio tornare indietro e raccontarvi tutto fin dall'inizio.

"Va bene, Bower. Hai svolto l'esercizio molto discretamente, molto meglio dell'altra volta. È un 6-, per spronarti a fare di più".
Queste furono le parole che mi fecero venire voglia di sterminare il genere umano. Avevo fatto un'interrogazione da Dio (non per vantarmi, ma è la verità) e quella stronza della mia insegnante di matematica mi aveva dato 6-. Sentivo il sangue ribollirmi nelle vene, ma andai a posto in silenzio.
Per chi non lo sapesse, mi chiamo Diana Bower, ho 17 anni, frequento il liceo classico e vivo in Italia (precisamente a Roma) da quando avevo 4 anni. Mia madre è italiana, mentre mio padre ha origini inglesi: da qui il mio cognome anglosassone.
Quel giorno fu particolarmente schifoso: la mattina era cominciata con un'ingiustizia bella e buona. E non finiva qui: mentre tornavo a casa da scuola, pioveva a dirotto e una macchina aveva pensato bene di passare velocemente accanto a me, bagnandomi dalla testa ai piedi.
Tornai a casa fradicia e incazzata, salutai frettolosamente i miei e corsi in bagno a togliermi quei maledetti vestiti.

*

Uscii dal bagno con lo stomaco che brontolava dalla fame e mi sedetti a tavola.
"Perchè sei tornata tutta bagnata?"
Mia madre mi venne incontro preoccupatissima. Fa sempre così.
"Una macchina, passando veloce, mi ha buttato addosso un'intera pozzanghera"
Mia madre sospirò e cominciò a borbottare insulti alle macchine che corrono.
Mio padre cominciò a parlare: "Com'è andata l'interrogazione? Eri tanto preoccupata"
Alzai lo sguardo dal piatto di pasta davanti a me. Sospirai.
"Non è andata benissimo...mi ha messo 6-"
"Lo sapevo!"
Guardai mia madre, stupita da quello che aveva detto. Stavo male e lei ci metteva anche il carico da 90.
"Ma, mamma..."
"Non protestare, Diana! Quando ti deciderai a studiare per bene?!"
"Non è colpa mia se la professoressa mi ha preso di mira! Ti giuro che ho fatto una bellissima interrogazione. Lo hanno detto anche i miei compagni!"
"Non mi interessa dei tuoi compagni!"
Strinsi i pugni e, incapace di trattenere la mia rabbia, mi alzai di scatto esclamando: "Ma vaffanculo!"
Mi pentii subito del mio gesto, ma continuai a camminare verso la mia stanza. Sentivo mio padre urlare: "Non rivolgerti a tua madre in questo modo!". Lo ignorai e mi chiusi nella mia stanza. Ok, forse avevo esagerato, ma loro non erano da meno.
Mi sedetti alla scrivania e iniziai a studiare per distrarmi. La sera cenai senza parlare con nessuno a tavola, mi feci una doccia e tornai in camera con un angoscia nel cuore indescrivibile. Mi stesi sul letto e fissai un punto imprecisato del soffitto.
Desideravo fermamente di essere lasciata in pace, di non avere più preoccupazioni, di non provare più nessuna emozione, di non avere gente intorno. Volevo essere lasciata sola. Con questo desiderio nel cuore mi addormentai.

•~LONELY~•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora