Capitolo 26.

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MI ACCORGO DI AMARE FRED WILLIAMS.

"E chi se lo aspettava!" esclamò Fred sedendosi accanto a me. Sofia dormiva beata al mio fianco, mentre io le accarezzavo i capelli dolcemente.
"Già. Abbiamo nelle nostre mani la salvezza dell'umanità...".
Fred assunse un'espressione sorpresa.
"Che. Figata" esclamò lui, scandendo bene le due parole.
"È una responsabilità enorme".
"È pur sempre una figata".
Mi aprii in una risata, per la prima volta da quando eravamo entrati in quella dimensione. Era un talento di Fred farmi ridere, rendermi felice, anche in situazioni non proprio piacevoli.
Dopo qualche attimo di silenzio Fred assottigliò gli occhi verso l'orizzonte fatto di nuvole rosse e fulmini. Sembrava aver visto qualcosa...
"Lì c'è un lago!" esclamò balzando in piedi "Finalmente dell'acqua da bere!".
"Ma sei sicuro che sia acqua potabile...?".
Fred mi guardò dall'alto con un'espressione spazientita.
"Di, ho la gola in fiamme. Devo bere".
Annuii titubante e mi guardai intorno per cercare qualcosa con cui raccogliere l'acqua. Mi voltai verso Sofia e notai il vaso giocattolo che portava stretto al petto.
"Mi dispiace, Sofi..." sussurrai prendendo l'oggetto dalle sue mani e staccando i fiori finti. Quando lo porsi a Fred, incitandolo ad andare a riempirlo di acqua, lui mi guardò stupito, quasi in adorazione.
"Ingegno" disse con un filo di voce.
"Cosa?".
"Ingegno. Devo aggiungerlo alla mia lista delle qualità di Diana Bower".
Lo guardai soffocando una risata, ma abbozzando un sorriso beffardo sulle labbra.
"Hai una lista delle mie qualità?".
"Certo, ma è mentale" rispose Fred scrollando le spalle.
"Ah, pensavo fosse scritta nel tuo taccuino dei disegni".
"Appunto. Quello è dedicato solo ai miei fantastici disegni" disse gonfiando il petto, poi sembrò ricordarsi qualcosa.
"Oh, stavo per dimenticarmene. Tieni". Estrasse dalla tasca del pantalone un foglio piegato in due abbastanza stropicciato e me lo porse.
Curiosa, lo aprii e sulle mie labbra apparve il sorriso più sincero e luminoso che avessi mai sfoggiato.
Su quel foglio c'era il ritratto che Fred mi aveva fatto qualche giorno prima, quel giorno in cui lui mi aveva detto per la prima volta di essere bellissima...
Alzai lo sguardo su di lui.
"Grazie...".
Fred fece un gesto noncurante con la mano.
"Non devi ringraziare me. Ringrazia loro" e alzò le mani muovendo le dita.
Sbuffai una risata.
"Mani d'oro".
"Già".
Dopodichè girò i tacchi e si diresse verso il lago. Osservai la sua figura raccogliere l'acqua con quel piccolo vaso e ritornare accanto a me.
"Certo che Isabella poteva aspettare che prendessimo gli zaini prima di teletrasportarci qui. Almeno per prendere l'acqua, e che cazzo!" disse Fred sedendosi con la grazia di un elefante al mio fianco e bevendo pochi sorsi d'acqua, poi porse il vaso a me.
Storsi un po' il naso, sperando di non essere stata notata, ma come sempre Fred si accorgeva di tutto.
"Di, non fare la schizzinosa. Bevi se vuoi sopravvivere".
Sospirai e bevvi qualche sorso. Subito fui scossa da un brivido piacevole, quasi come se avessi recuperato lo spirito vitale.
Fred guardava altrove pensieroso.
A un certo punto ruppe il silenzio.
"Se qui dentro c'è tutta l'umanità, credi che qui ci sia anche mio padre?" chiese evitando il mio sguardo.
"Beh, sì, ovvio".
Fred fece un sorriso.
"E se salvassimo tutti tranne lui?".
Gli diedi uno schiaffetto dietro la nuca e lui scoppiò a ridere nella sua solita risata cristallina.
Dopo che le nostre risate si esaurirono, appoggiai la testa sulla sua spalla. Ero così felice che ci fosse lui accanto a me. Sapevo che non sarei sopravvissuta a lungo senza di lui o che sarei letteralmente impazzita dall'estrema solitudine. Era bello averlo accanto, era bello sentirlo ridere, era bello ascoltarlo, era bello guardarlo, era bello lui. E non parlo soltanto del suo aspetto fisico davvero attraente: a me piaceva molto di più la sua anima. Quando avevo ascoltato il racconto del suo passato, la rabbia per suo padre era divampata dentro di me. Fred aveva sofferto per colpa sua e non se lo meritava per niente. Giuro, avrei fatto di tutto per non vederlo soffrire, per guardarlo con la sua solita espressione beffarda stampata sul volto, per sentire la sua risata contagiosa, per ammirare quegli occhi neri che si illuminavano ogni qualvolta parlava di qualcosa a cui teneva, per vedere il suo sorriso così luminoso e gioioso, nonostante il dolore che aveva provato negli ultimi anni. Avrei fatto di tutto per vederlo vivo. Forse era troppo presto, forse ero stata troppo precipitosa, forse ero troppo giovane all'epoca, ma in quel momento realizzai davvero che io amavo Fred. Non mi piaceva soltanto, non ero solo innamorata, io amavo Fred Williams.
"A che pensi?".
I miei pensieri, che avevano provocato già l'accelerazione del battito del mio cuore, furono interrotti dalla voce di Fred.
"Niente...Sono stanca".
Fred posò un bacio delicato sulla mia testa, così alzai lo sguardo su di lui.
I nostri nasi si sfioravano, le nostre labbra erano a pochi centimetri di distanza, gli occhi dell'uno puntati su quelli dell'altro. Avrei voluto baciarlo, avrei voluto...E invece no.
"Siete fidanzati?".
La voce infantile di Sofia appena sveglia ci fece allontanare di scatto.
"No!" esclamai io mentre Fred rispose nello stesso tempo "Sì". Ci guardammo confusi, poi io risposi con un 'sì', mentre Fred disse 'no'. Sbuffammo all'unisono.
"Questo non è un problema di cui ci dobbiamo occupare ora" dissi io rossa in volto, balzando in piedi e voltando le spalle al lago.
"Bekval quando ha intenzione di mostrarsi? Voglio spaccargli il culo il più presto possibile e andarmene di qui".
Fred sgranò gli occhi guardando qualcosa dietro di me. Deglutì a vuoto.
"Diana, forse dovresti girarti indietro".
Imprecando mentalmente mi voltai e, come volevasi dimostrare, dietro di me si presentò Bekval, con il suo solito sorriso strafottente stampato in faccia e le braccia conserte.
"Sai, sei più impertinente di mia figlia, Diana Bower".
"Ne vado fiera".
Non sapevo dove avessi tirato fuori il coraggio per dire quelle parole di fronte ad un pazzo psicopatico di quel calibro, ma continuai a mantenere la testa alta e fiera.
Percival spostò il suo sguardo carico d'odio sulla bambina seduta a terra, il volto spaventato e gli occhi lucidi.
Percival fece un gesto noncurante con la mano e la bambina fu scaraventata diversi metri più lontano, probabilmente svenuta oppure...morta. Mi rifiutai di pensarlo.
"SOFIA!" gridammo io e Fred contemporaneamente, poi il ragazzo si alzò e, rivolgendosi a Bekval, disse tra i denti: "Tu sei pazzo!".
Bekval in risposta alzò gli occhi al cielo.
"Ah, perchè avete questa mania di chiamare pazzo chi non comprendete?".
Lo guardai assottigliando gli occhi dalla rabbia.
"Non c'è niente da comprendere! Hai letteralmente rinchiuso tutta l'umanità qui dentro! Per la seconda volta per giunta!".
Percival sembrò ignorarmi e si rivolse a Fred.
"Ti ho assegnato un solo compito, Williams, e non hai portato a termine neanche quello" disse sprezzante. Capii subito a cosa si riferiva: gli aveva incaricato di uccidermi, ma Fred non ne aveva avuto il coraggio. Inutile dire che sentii una piccola morsa piacevole allo stomaco a quel pensiero.
"Forse perchè non ho mai accettato quell'incarico. Ti devo ricordare forse che quando mi hai fatto trovare il coltellino in tasca io non ho detto niente?" disse Fred senza alcuna paura.
Bekval aprì le braccia teatralmente.
"Chi tace acconsente".
"Non funziona sempre così" disse Fred impassibile.
Bekval sembrò accigliarsi e arricciò leggermente le labbra.
"Sei tale e quale al tuo antenato. Dovresti fare meno lo spavaldo, Fred Williams" disse con voce minacciosa.
Fred sembrò ribollire di rabbia, così sputò fuori tutto il risentimento che provava.
"Va' all'inferno!".
Percival fece un sorriso inquietante.
"Con piacere...ma tu verrai con me!".
Dopodichè quello che successe fu tutto un caos e neanche io ci capii molto. Sapevo solo che stavamo per morire.
Percival mosse la mano verso Fred usando i suoi poteri, facendolo sbattere violentemente contro un albero spoglio e stecchito lì vicino. Alla vista di Fred quasi appeso a mezz'aria, con la schiena premuta contro il tronco nodoso, un nastro nero a stringergli violentemente il collo, con l'espressione sofferente di chi sta per soffocare dipinta sul viso, il mio urlo squarciò l'aria lugubre attorno a noi.

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