Capitolo 31.

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PRENDO UN CAFFÈ CON LA MADRE DI FRED.

Martedì 4 aprile

I funerali mi avevano sempre inquietato. Il fatto che in quella bara di legno ci fosse rinchiusa una persona che non vedeva, non sentiva  non provava più nulla mi destabilizzava già da piccola.
Questa volta però era cambiato tutto. Non c'era soltanto l'inquietudine e l'angoscia. C'era tristezza, malinconia, la consapevolezza che in quella fottuta bara che stavo fissando dall'inizio della celebrazione giacesse inerme Fred, il mio Fred.
Avevo smesso di piangere. Era come se avessi finito tutte le mie lacrime e non avessi più scorte.
Spostai gli occhi spenti sulle persone presenti in chiesa. Familiari, amici, conoscenti di Fred, persone di cui io non sapevo l'esistenza. Li esaminai con calma senza farmi notare.
Alcuni erano immersi in fiumi di lacrime, altri avevano stampata sul volto un'espressione indecifrabile, altri addolorata, altri ancora parlottavano tra loro indicando più volte la bara. Strinsi forte i pugni, trattenendo un istinto omicida. Come si permettevano di mormorare tra loro davanti a una fottutissima bara bianca, da cui un ragazzo giovanissimo, amante della vita, non sarebbe più uscito?!
Mi girai nuovamente avanti mordendomi una guancia dalla rabbia.
Spostai di nuovo lo sguardo sulla bara davanti a me, candida, luccicante, con un quadretto di plastica poggiato sopra, su cui spiccava la foto di un Fred sorridente. Peccato che quel meraviglioso sorriso diventasse oscurato quando si spostava lo sguardo sulla data di morte trascritta accanto alla foto. 30 marzo 2023.
Non aveva neanche compiuto diciotto anni, mancavano pochi giorni. L'avremmo festeggiato insieme, il suo compleanno. Avrei fatto l'impossibile per rendere speciale quel giorno, come lui aveva fatto con me.
Lanciai un'ultima occhiata alla bara, poi mi alzai e camminai a passo svelto, diretta allo spazio verde fuori dalla chiesa. Non sarei potuta stare lì dentro un minuto di più.
Mi asciugai con rabbia una lacrima sfuggita alle mie ciglia. Forse non avevo finito tutte le lacrime.

*

La celebrazione era finita. La bara era stata sotterrata. Tutti se ne stavano andando dopo aver dato le loro stupide condoglianze ai familiari di Fred.
"Diana".
Mentre osservavo da lontano e con un certo astio un uomo uguale a Fred in tutto e per tutto, che supposi essere quel coglione del padre, percepii una mano poggiata sulla mia spalla.
Mi voltai e mi ritrovai davanti due occhi neri come la pece, tali e quali a quelli di Fred.
La donna dai capelli castano scuro e gli occhi scurissimi e accoglienti mi sorrideva triste ma con dolcezza. Non ci misi molto a capire che quella che mi stava davanti fosse la mamma di Fred.
"Lei...lei...è" cominciai a balbettare.
"Sì, sono la madre di Fred" disse la donna in un sussurro.
"Come fa a sapere il mio nome?" domandai aggrottando le sopracciglia.
"Beh, siete diventati famosi. Avete salvato il mondo".
Abbassai lo sguardo.
"Sì, ma a un prezzo carissimo...".
Non riuscivo a guardare quella donna negli occhi. Il suo sguardo era intriso di angoscia e tristezza, nel vero senso della parola. Se, da come Fred mi aveva raccontato, era già distrutta dopo la separazione dal marito qualche anno prima, ora la morte del figlio l'aveva decisamente frantumata in tanti piccoli pezzi.
"Quella è casa mia e di Fred. Vuoi entrare? Voglio parlarti" disse la donna indicando una casetta molto carina qualche metro dopo il cimitero.
Annuii, sentendo che tra me e quella donna si sarebbe presto creato un legame difficile da sciogliere.

*

"Il mio nome è Emma, non chiamarmi signora, per favore" disse la madre di Fred con un debole sorriso mentre poggiava sul tavolo due tazzine di caffè.
Sorseggiai la bevanda, assaporandola al meglio e cercando di non pensare al fatto che Fred non avrebbe mai più fatto ritorno in quella casa.
Dopo aver finito di bere il caffè, Emma mi prese la mano.
"Diana, volevo ringraziarti".
La guardai confusa.
"Per cosa?".
"Per essere stata accanto a Fred".
Sorrisi.
"Ho fatto semplicemente quello che ha fatto lui con me. E mi creda, ha fatto l'impossibile".
La donna sorrise sollevata, consapevole e felice del fatto che io e Fred ci fossimo amati e presi cura l'uno dell'altro.
"Diana, ti devo chiedere una cosa. In quella dimensione Bekval non ci ha spiegato niente" e a quel nome Emma fece una smorfia di odio "voglio che tu mi spieghi cos'è successo secoli fa e perché Fred è...se ne è andato per sempre".
Deglutii rumorosamente, poi parlai. Raccontai di Isabella e di Arthur, di come sconfissero Bekval ottocento anni fa, di come io e Fred ce la fossimo cavata in quei dieci giorni, delle avventure e disavventure vissute, della battaglia contro Bekval e, infine, del patto.
Raccontai tutto, mentre Emma pendeva dalle mie labbra con occhi lucidi.

*
Dopo mezz'ora di parole dolorose, Emma mi chiese se volessi vedere la camera di Fred e io accettai.
Non seppi neanche io perchè, però ero curiosa di scoprire come fosse stato Fred prima di conoscermi.
Entrai dalla porta indicata da Emma, che mi aspettava al piano di sotto, e dalle mie labbra fuoriuscì un verso sorpreso. Le pareti erano completamente tappezzate da poster degli Arctic Monkeys e dei Queen e io non potei trattenere un sorriso enorme. Il letto era posizionato contro il muro e una finestra apriva la vista della città. Sotto si stagliava la scrivania di legno. Sfiorai i libri e i quaderni di Fred. Fred Williams 4c, c'era scritto sul quaderno di matematica. Sorrisi, ricordando quando Fred mi raccontò di quanto gli piacesse questa materia in una delle nostre chiacchierate notturne in macchina.
Spostai lo sguardo su delle foto incorniciate posate sul comodino. Una ritraeva Fred con due suoi amici, che avevo visto alcune ore prima al funerale, ma la foto che mi turbò fu un'altra. Fred bambino rideva in braccio al papà sorridente, quando ancora andava tutto bene.
"Non ha mai voluto buttarla, sai?"
La voce di Emma mi fece voltare indietro. La donna era appoggiata allo stipite della porta con un cipiglio triste, poi si avvicinò a me.
"Diceva di odiare a morte suo padre per quello che mi aveva fatto, per quello che ci aveva fatto, e ovviamente non lo biasimavo, ma sapevo che in fondo al suo cuore gli mancava il suo papà di qualche anno fa. Ha sempre continuato a volergli bene, anche se odiava farlo e non lo avrebbe mai ammesso. E ti sto dicendo queste cose perchè sono sicura che lui ti abbia raccontato del suo passato. Da quello che mi hai raccontato, eri speciale per lui".
Rimasi a bocca aperta dopo il discorso di Emma, la quale, vedendo i miei occhi diventare lucidi, mi strinse in un abbraccio materno. Ricambiai l'abbraccio, rendendomi conto che avrei voluto bene a quella donna ora così sola e vulnerabile.
Perchè io ero rimasta con Fred fin proprio alla fine e lo avrei fatto anche con i suoi cari.

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