Capitolo 32 - Epilogo

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                                               10  anni dopo
                                             17 aprile 2033

"E tu che ci fai qui?".
La domanda mi uscì spontanea dalla bocca guardando con un mezzo sorriso la mia migliore amica di una vita appoggiata alla sua auto.
I capelli biondi le cadevano morbidi sulle spalle e gli occhi blu brillavano come sempre.
Ero appena uscita dalla casa di Emma dopo un caffè e qualche chiacchiera. In questi dieci anni tra me e la madre di Fred si era formato un legame fortissimo, tanto che ogni volta che potevamo ci incontravamo.
Ginevra alzò gli occhi al cielo.
"Ieri sera hai detto che nessuno ti poteva venire a prendere" disse e poi aprì le braccia teatralmente "ed eccomi qui, al tuo servizio".
Sorrisi.
"Potevo andarmene a piedi".
Ginevra sbuffò.
"Zitta e sali".
Risi e salii in macchina.
Forse vi chiederete che cosa io avessi fatto in questi dieci anni.
Avevo cercato di concentrarmi sulla mia carriera, non solo per trovare un lavoro che mi piaceva, ma anche per distrarmi un po' da quello che era successo dieci anni fa. Il nome di Fred aleggiava ancora nell'aria intorno a me come un sussurro, come se lui non fosse mai andato via.
"Come sta Emma?" mi chiese Ginevra mentre avviava l'auto.
"Credo stia bene..." mormorai, non troppo sicura della mia risposta.
Ginevra si girò verso di me con occhi preoccupati. Aveva un po' perso il suo sguardo spensierato e gioioso da quando cinque anni fa aveva perso il padre in un incidente stradale, ma sul suo viso rimaneva sempre una luce così forte che ti faceva dimenticare  tutto il buio che ti circondava.
"E tu? Come stai?" mi chiese.
"Va tutto bene, Ginny" dissi rassicurante. In effetti era vero, stavo bene, ma avevo dei conti in sospeso con delle persone, persone come Isabella. Scossi la testa, cercando di non pensarci, poi scorsi qualcosa all'orizzonte e chiesi a Ginevra di fermarsi.
"Ma...è il cimitero" disse confusa.
Le sorrisi.
"Devo andare a trovare una persona. Oggi è il suo compleanno" dissi e Ginevra sorrise malinconica.
Scesi dall'auto, entrai nel cimitero e cercai la tomba di Fred.
Andavo a trovarlo tutte le settimane, specialmente il lunedì, come se visitarlo mi aiutasse ad affrontare tutta la settimana.
La tomba di Fred era piena di fiori di ogni tipo, da margherite a rose bianche e rosse, da primule a tulipani.
Ma il dettaglio più particolare era il suo taccuino dei disegni poggiato al centro della tomba.
Mi sedetti a gambe incrociate.
"Ciao Fred".
Silenzio.
"Oggi è 17 aprile...il  tuo compleanno. Oggi compi ventotto anni".
Sorrisi malinconica.
"Se fossi stato vivo, ti avrei preso in giro tutta la giornata, dicendoti che eri in corsa per i trent'anni. E ti avrei sicuramente spaventato facendoti credere di avere un capello bianco".
Risi piano, immaginando la scena.
"Beh, anche io ne ho ventotto, quindi tu avresti fatto lo stesso con me, anche peggio".
Osservai la foto sulla tomba. Fred sorrideva. Sorridere era la sua attività preferita, quello che lo manteneva in piedi, ma non lo faceva più da dieci anni ormai.
"Mi manchi, Fred. Più di qualsiasi altra cosa".
Mi alzai, sfiorai con le dita la foto di Fred, poi, dopo aver lanciato un ultimo sguardo alla tomba, ritornai da Ginevra.
Prima di ripartire, Ginevra mi guardò a lungo ma non disse niente, avendo già capito quello che mi passava per la testa. Così avviò l'auto e mi accompagnò a casa.

                                    *
     
                                     13 settembre 2033

L'acqua della doccia scivolava sul mo corpo e sui miei capelli, mentre la mia mente era altrove.
L'indomani avrei iniziato la mia prima giornata da insegnante di inglese nel liceo dove avevo studiato. Inutile dire che l'ansia mi aveva sopraffatto. I miei pensieri intrusivi e ansiogeni scorrevano nella mia mente, mentre uscivo dalla doccia infilandomi l'accappatoio e lasciando i miei capelli bagnati per un po'.
Uscii dal bagno per prendere un bicchiere d'acqua e subito un raggio di sole dorato del tramonto proveniente dalla finestra nel corridoio mi colpì. Era una giornata di metà settembre e il caldo afoso non aveva intenzione di abbandonarci.
Scesi al piano di sotto senza guardarmi intorno e presi il mio bicchiere d'acqua.
Quando mi voltai per poco non mi venne un infarto.
Accanto al mio divano si ergeva in piedi una donna con un vestito bianco e lungo, lunghi capelli castani e occhi di un azzurro intenso.
Il bicchiere di vetro che tenevo stretto in mano cadde rovinosamente a terra inondando il pavimento di acqua e pezzi di vetro.
Assottigliai gli occhi, sentendo la rabbia montare dentro di me.
"E tu che cazzo ci fai qui?!" esclamai guardandola malissimo.
Isabella guardò in basso mortificata.
"Mi dispiace, Diana".
Sgranai gli occhi, incapace di trattenere la rabbia che stavo provando in quel momento.
"Ti dispiace?! TI DISPIACE?!" sbottai e sbattei un pugno sul tavolo, ignorando il dolore provocato dall'impatto.
Mi avvicinai a lei puntandole un dito contro.
"Tu ed Arthur sapevate a cosa Fred sarebbe andato incontro e non avete detto niente! Voi sapevate che sarebbe morto e non avete detto niente! Voi sapevate tutto e non avete detto un cazzo!" urlai cercando di trattenere le lacrime.
"Non potevamo andare contro il suo destino" sussurrò Isabella.
Feci una risata amara.
"Ah, sì? Non so quale sia la tua concezione di destino, Isabella, ma, secondo la mia non modesta opinione, noi uomini fabbrichiamo il nostro destino, con le nostre scelte e le nostre azioni!" dissi senza fiato.
"Mi dispiace...".
"SMETTILA. DI. DIRE. CHE. TI. DISPIACE!" urlai senza riuscire più a trattenermi, così presi un vaso di ceramica poggiato su un mobile e lo scaraventai contro Isabella, ma, come volevasi dimostrare, questo le oltrepassò il corpo, essendo un fantasma, e si andò a schiantare sulla porta d'ingresso, rompendosi in mille pezzi.
"Calmati, Diana..." mormorò Isabella.
"CALMARMI?! CALMARMI?!" urlai e
cominciai a rompere ogni cosa mi capitasse a tiro, da bomboniere a vasi, ma niente riusciva a calmare la mia rabbia.
Poi puntai l'indice contro Isabella.
"Tu...tu sei tale e quale a quella merda di tuo padre!".
"Ti prego, non paragonarmi a lui".
"Oh, sì che lo faccio!".
Lacrime calde cominciarono a uscire a fiotti dai miei occhi.
"Avevi la possibilità di dirci tutto. Avremmo risolto ogni cosa e Fred sarebbe vivo! E invece no! Tu parlavi sempre in quel modo enigmatico, alimentando in noi sempre più dubbi.
Beh, forse non ti è chiara una cosa, ma noi avevamo bisogno di risposte! Ora vattene! VATTENE!" urlai con tutto il fiato che possedevo.
Isabella, dopo aver mormorato un ultimo 'scusami' scomparve.
Mi sedetti a terra, appoggiai la schiena al muro e mi strinsi le ginocchia al petto. Ora avrei dovuto sistemare tutto il caos che avevo creato.

Quella notte riuscii ad addormentarmi ad un orario decente. Lo sfogo con Isabella era stato terapeutico. Per tutti quegli anni una sfuriata contro quella donna mi era rimasta in gola e finalmente mi ero liberata da quel peso.
Appena dopo la morte di Fred mi ero sentita di nuovo sola, ma ora per qualche strano motivo non lo ero.
La solitudine era sempre stata un concetto strano e complesso e tanti anni fa ne cercavo disperatamente il significato. Adesso non me ne importava più, perchè ora in fondo andava tutto bene.

Ero in pace, con me stessa e con il mondo.

                            THE END












Salve a tutti! <3
Siamo giunti alla fine della storia.
Non sono pronta a dirle addio, ma tutto ha una fine.
Devo tanto ai miei Diana e Fred e li porterò sempre custoditi in fondo al mio cuore.
❤️

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