Note: anche questo capitolo è scritto interamente dal punto di vista di Fred.
RIPORTO ALLA MENTE BRUTTI RICORDI.
Il primo giorno senza Diana passò con una lentezza disarmante. Che quel giorno fosse stato angoscioso è dire poco.
Nonostante ciò, un tramonto dorato aveva aperto le porte a una sera limpida e tranquilla.
Mentre ero seduto fuori alla tenda che avevo montato nella campagna del giorno prima, mi misi ad osservare il cielo: era tappezzato di stelle mai viste prima, così splendenti che sembravano vegliare su di me e condividere con me il dolore che provavo in quel momento.
L'ultima volta che avevo osservato così attentamente le stelle era stata la notte in cui io e Diana ci eravamo incontrati. Un maledetto deja-vù...
Quella volta avevo lei accanto a me, ancora ignaro del fatto che mi sarei ben presto innamorato di lei e che mi sarebbe stata accanto come nessun altro aveva mai fatto prima.
Ora invece ero solo, in balia delle paranoie e dei brutti ricordi, senza quella sensazione di essere a casa che percepivo quando ero con lei.
Mi ero cacciato proprio in un bel guaio e un presentimento mi suggeriva che non ne sarei uscito così facilmente.
Feci un sorriso amaro, lasciando cadere una lacrima salata sulla guancia.
Tutta la mia vita era un guaio. Avrei dovuto esserci abituato.
La mia vita non è mai stata particolarmente felice. Voi direste: "È ovvio. Nessuno ha una vita perfetta".
È vero, ma mi sono sempre chiesto perchè tutte quelle terribili sofferenze fossero capitate proprio a me.Circa un anno prima
1 agosto 2022"Fred, non farmi incazzare!"
"Ma vai a fanculo!"
Sbattei la porta di quella che era definita 'la mia stanza' a casa di mio padre e appoggiai la schiena ad essa, cercando di non fare entrare quell'essere mostruoso che, a quanto pareva, ero costretto a chiamare 'papà'.
Inutile dire che fui scaraventato in avanti e lui riuscì ad entrare.
"Fred, ascoltami bene! Susanna e mio figlio, che d'altronde è il tuo fratellastro, sono la mia nuova famiglia! E tu non la sfascerai con questi capricci!"
Mi voltai verso di lui con uno scatto, avvampando dalla rabbia e dal disgusto per colui che mi aveva messo al mondo.
"Capricci?! Questi li chiami capricci?! Ma ti senti quando parli? E poi non dire che quel bambino è il mio fratellastro: è spaventoso quello che fa, anche se ha solo poco più di un anno"
"Fred, non ti permetto di insultarlo in questo modo! Marco è un bambino dolcissimo".
Scoppiai in una risata isterica, tentando di trattenere l'impulso di prenderlo a pugni.
"Papà, ricordi cosa ha fatto il tuo adorato Marco l'altra sera? Ha letteralmente spinto il figlio del tuo vicino di casa contro l'armadio con una violenza inaudita. E non dirmi la solita frase 'sono bambini, lasciali giocare', perchè sai che non è così. Quel bambino è maligno e pure stronzo".
Detto questo, sospirai: ormai ero a corto di ossigeno. Mi sentivo di svenire da un momento all'altro. Tutta quella situazione, tra le urla di mio padre, le risate odiose della sua compagna, le cattiverie di suo figlio, era troppo difficile da sopportare in quel momento, anche se ci ero abituato, dato che succedeva ogni fine settimana. Cazzo, non avevo neanche mangiato per tutta la giornata. Quella mattina nella mia mente si erano intrufolati di nuovo quei pensieri intrusivi: 'non sei abbastanza', 'sei una merda totale', 'devi punirti di nuovo', 'oggi non mangiare di nuovo', 'sopporta la fame, devi soffrire'.
Mio padre mi urlava contro, ma io non lo ascoltavo. Ripensavo all'abbuffata di cibo della sera prima, dopo una giornata di completo digiuno volontario. Stavo per vomitare. Cercai di trattenere lo stimolo, per evitare di vomitare in faccia a mio padre, anche se se lo meritava.
Fortunatamente passò e io ritornai ad ascoltare le cazzate che uscivano dalla bocca di mio padre.
"...E stasera non esci!"
Sgranai gli occhi.
"Cosa? No, non mi puoi fare questo! Io non riesco a stare in questa casa!"
"Te lo meriti!"
Detto questo, uscì dalla camera sbattendo la porta.
Mi sedetti sul davanzale della finestra, provando a trattenere le lacrime, ma, come ci si poteva aspettare, fallii miseramente.Quella notte quei brutti pensieri ritornarono a fare capolino nel mio cervello. Erano circa le tre di notte. Decisi di alzarmi dal letto e di precipitarmi in cucina.
Tirai fuori dalla dispensa tutto il pane che avevamo. Volevo abbandonarmi alla fame che mi stava assalendo. Non riuscivo a sopportare quel digiuno.
Fu così che mi sedetti al tavolo della cucina e mangiai, mangiai, mangiai fino a scoppiare.
Terminata l'ennesima abbuffata di quel mese, portai la testa all'indietro.
'Che cazzo hai fatto? Sei un debole'
Mi passai le mani tra i capelli. Non sopportavo più quella voce.
'Vai a vomitare!'
Obbedii a quel mostro dentro di me.
Corsi in bagno e vomitai tutto quello che avevo divorato. Vomitai piangendo tutte le mie lacrime. Mi chiedevo perchè lo stessi facendo, ma allo stesso tempo non mi fermavo.
Mi calmai lì, con la testa appoggiata al muro, esausto della mia vita.Ed eccomi qui: il ragazzino di sedici anni, brufoloso, bullizzato, estremamente iperattivo, intrappolato nel tunnel della bulimia nervosa era diventato un ragazzo di quasi diciotto anni, popolare, finalmente libero da quel disturbo, ritenuto bello e intelligente da ragazzi e ragazze, forse maturo.
O almeno questo è quello che credevo fino a un giorno fa.
In realtà ero diventato un automa, un fallito.
Avevo cercato di rimettere insieme i pezzi di me, ma i frammenti erano troppi. Ormai ero soltanto...da buttare.
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•~LONELY~•
Mystery / ThrillerA chi non è mai capitato di chiedersi: "Chissà come sarebbe se fossi l'unica persona su questa Terra"? Anche Diana Bower, la protagonista di questa storia, una semplice ragazza di 17 anni, si pone sempre questa domanda. Ma presto, senza averlo preme...