Capitolo III

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Era arrivato il mio primo vero giorno ad LA.

Mi svegliai prima del previsto con una lieve ansia. Mi vestii con dei jeans, t-shirt e felpa, mi truccai come al solito e lasciai i capelli lisci sciolti.

Scesi in cucina, mi preparai un panino per il pranzo e lo infilai in un sacchetto di carta che inserii nello zaino vuoto.

Mio padre era già andato a lavoro, era anche per lui il primo giorno, doveva essere agitato quanto me.

Uscii correndo dalla porta d'entrata e la chiusi dietro di me.

Era una bellissima giornata di sole. Iniziai a camminare sul marciapiede con passo veloce per arrivare in orario. Le fronde delle palme erano mosse dal piacevole vento caldo. Cercavo di distrarre la mia mente da quello che stava per accadere.

Quando uscivo di casa a Milano c'era sempre qualcuno dei miei amici con cui fare la strada verso scuola. In quel momento desideravo solo avere qualcuno accanto a me, con cui scambiare delle parole o semplicemente per sentire una presenza familiare in quell'istante di solitudine.

Quando scorsi la scuola da lontano e vidi un sacco di ragazzi sulla scalinata iniziarono a tremarmi le ginocchia e più mi avvicinavo sentivo il battito del mio cuore aumentare di velocità.

Due ragazzi mi guardarono salire gli scalini scambiando commenti sottovoce, non prestai attenzione. Guardavo a terra, come se il non vedere gli altri mi rendesse invisibile a mia volta. Sgattaiolai in mezzo alla folla e lessi il foglio che la preside mi aveva lasciato il giorno prima.

Prima ora: letteratura, aula 16

Amavo la letteratura nella scuola italiana, era una delle mie materie preferite, ma non sapevo esattamente com'erano strutturate in America le lezioni.

Entrai nell'aula 16 e mi sedetti nell'ultimo banco, avendo una sorta di paura di rubare il posto a qualcuno.

A mano a mano che i ragazzi entravano nell'aula venivo osservata sempre di più. Volevo solo diventare invisibile.

Improvvisamente una donna entrò nell'aula e posò la sua borsa sulla cattedra, doveva essere la professoressa di letteratura.

-Buongiorno ragazzi. Silenzio per favore. Ragazzi... per favore!-

Calò il silenzio.

-Mrs. Fitzgerald mi ha detto che oggi sarebbe venuta una nuova alunna qui da noi. O sbaglio?- Fa' che non mi faccia alzare in piedi. Pregai tra me e me.

-Laura Ferrari?- Emisi un piccolo gemito. -Si sono io.- Esclamai incerta da lontano.

-Benvenuta! Spero caldamente che ti troverai bene qui. Ragazzi...- Continuò rivolgendosi ai miei nuovi compagni. -Trattatela bene ed accoglietela!-

Mi piaceva quella professoressa, aveva un'aria cortese.

La lezione passò piuttosto lentamente, non avendo seguito il programma ed essendo un argomento nuovo per me fui piuttosto annoiata.

La campanella suonò facendomi sobbalzare. Tutti uscirono non curandosi di me. Preferivo che mi ignorassero che la troppa attenzione.

Una ragazza stava ancora inserendo i suoi libri nello zaino, alzò lo sguardo e mi guardò sorridendomi. Aveva i capelli neri, la pelle olivastra e due grandi occhi castani.

-Piacere, Ellen. Ellen Truman.- Disse camminando verso di me.

-Laura!- Risposi. Il mio cognome lo aveva sentito prima.

-Sei italiana vero?- Aveva un'aria gentile.

-Si!- Mi stupii per le mie risposte brevi.

-Adoro l'Italia. Mio nonno era italiano, sposò un'americana, quindi io sono per un quarto italiana.- Mi sentii più rilassata. Non sapevo se lì avevano dei pregiudizi strani sugli italiani.

-Oh, sei mai stata in Italia?- Le domandai.

-Si una volta, ma ci vorrei tornare!- Le sorrisi e mi accorsi che stavamo ritardando entrambe alla prossima lezione. Lei si accorse della mia agitazione, mi afferrò dolcemente la mano e mi trascinò fuori.

-Non ti preoccupare, abbiamo le stesse lezioni, ti accompagno io.-

Le ero riconoscente. Giravamo per i corridoi e già mi ero persa.

-La prossima ora abbiamo biologia, quindi andiamo nel laboratorio numero 3.-

Esclamò lei mentre la seguivo correndo.

Arrivammo davanti al laboratorio.

-Grazie mille. Io mi sarei già persa mille volte.- Ridemmo insieme.

-Anche io all'inizio tendevo a sbagliare classe. Una volta sono entrata in una del quarto anno, ero terrorizzata.- Mi piaceva Ellen.

Entrammo in classe e ci sedemmo una accanto all'altra.

-Abiti qui vicino?- Le chiesi interessata. Sarebbe stato bello incontrarci dopo la scuola, per conoscerci.

-Ad un isolato da qui.- Non doveva essere molto lontano da casa mia.

-Nemmeno io abito molto lontano. Mio padre voleva una casa piuttosto in centro.- Iniziavo a sentirmi a mio agio.

-Potremmo incontrarci dopo scuola se ti va. Così ti mostro questo quartiere e ci conosciamo meglio, dato che dovremmo passare molto tempo assieme da oggi.- Mi aveva letto nel pensiero. -Si mi farebbe veramente piacere!-

Ero veramente felice di aver conosciuto qualcuno.

Durante la giornata le raccontai del trasferimento, di papà, della morte di mia madre e delle cose più importanti della mia vita. Lo stesso fece lei, mi disse che suo padre faceva il chilurgo plastico in una clinica privata di Los Angeles, sua madre era casalinga e restava a casa col suo fratellino di un anno, James. Ellen amava i libri, di ogni genere, e l'arte.

Mentre uscivo con la mia nuova amica da scuola un gruppo di ragazzi che stava seduto sulle scalinate iniziò a fischiarci. Mi scappò un'occhiata severa verso di loro, in centro c'era il ragazzo che avevo visto in presidenza il giorno prima, quello nei guai, e quelli accanto a lui dovevano essere i suoi amici.

-Non li guardare. Sei una ragazza, non un cane. Non si fischia alle ragazze.-

Ammirai Ellen per la frase che mi aveva appena detto.

Proseguimmo per la nostra strada parlando del programma scolastico che avevano già affrontato in classe.

Erano ormai le quattro del pomeriggio quando entrai in casa, mi distesi sul divano, accesi la televisione ed esplorai i canali americani che erano per me completamente nuovi. Mi addormentai avvolta nella coperta, aspettando che papà tornasse da lavoro.

-Amore... amore?- Una voce mi fece aprire gli occhi.

-La cena è pronta, tesoro.- Mio padre stava seduto accanto a me sul divano.

-Com'è andato il primo giorno? Hai conosciuto qualcuno?- Ero pronta all'interrogatorio.

-Tutto bene. Ho conosciuto una ragazza, probabilmente ci incontreremo domani dopo scuola per conoscerci. Si chiama Ellen, è una compagna di classe.-

Vidi il volto di mio padre illuminarsi.

-Sono veramente felice Laura!- Lo potevo notare.

Mi raccontò di lavoro, mi disse che il suo ufficio era su un palazzo moderno, che mi ci avrebbe portata prima o poi, che il suo capo era un uomo gentile e che sarebbero diventati di sicuro amici perché tifavano la stessa squadra di football e avevano molto in comune.

Ero entusiasta per papà. Mi piaceva vederlo felice e sentivo che quel trasferimento stava facendo bene ad entrambi.

Quella notte dormii serenamente.

Sentivo avverarsi in estremo anticipo le parole di papà: "staremo bene".

I Viners // Nash Grier & Cameron Dallas (#WATTYS2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora