Robin

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I giorni passavano monotoni, ma ogni mattina, ogni pomeriggio, Cielo era lì, ad aspettarmi. E io ogni volta non vedevo l'ora di tornare da lui. 

Stavano per arrivare le vacanze di Natale e ci saremmo potuti vedere di più. Ero felice all'idea. 

Quando arrivò il giorno segnato sul calendario, era anche l'ultimo giorno di scuola. Uscii dall'istituto e tirai un sospiro di sollievo, che riuscii a vedere nell'aria per via del freddo. Mi sentivo più leggero all'idea di non dover tornare più in quel luogo. 

Ovviamente la prima cosa che feci fu prendere il cellulare e fare una telefonata a Cielo. Mi era mancato eccessivamente per limitarmi ad un messaggio. Quando rispose, sentii la mia voce salutarlo in modo più squillante del solito. 

Eccolo, l'effetto che mi faceva. Felicità istantanea. 

Chiacchierammo nel mio tragitto casa-scuola. Durante le ore scolastiche aveva nevicato e facevo fatica a tenere il cellulare in mano per via delle mie mani che non riuscivo a muovere, ma non mi importava. 

Mi disse di non vedere l'ora di vedermi, quel pomeriggio. In più mi disse di avermi fatto un regalo. Di Natale. E me l'avrebbe dato il 25 mattina. 

Mi dispiacque il fatto di non aver nulla da regalargli, ma avevo tempo fino al 25 per regalargli qualcosa. E l'avrei trovato. 

Quando tornai a casa, lo salutai. Non ero dispiaciuto, perché qualche ora dopo lo avrei rivisto. Lasciai a casa il mio zaino, ne presi un altro con dentro un computer portatile e uscii nuovamente di casa. 

Mi diressi verso il cimitero della città, ora coperto di neve. Mi sedetti su una panchina. Era deserto, ovviamente. Al contrario di molti, in quel luogo trovavo la pace che mi serviva. E poi mi dava ispirazione.

Con il collo avvolto nella mia sciarpa, tirai fuori il piccolo computer e iniziai a scrivere per la mia storia. 

Ma, ovviamente, figuriamoci se potevo avere la pace che volevo. Non che l'arrivo della mia migliore amica mi fosse però dispiaciuto molto, anzi. 

Mi girai nella sua direzione, quando mi chiamò. Spensi il computer, riponendolo nello zaino, e la salutai, invitandola a sedersi accanto a me. 

"Ciao, Robin", la salutai sorridendo. 

Quella ragazza era davvero bella. Capelli ricci e rossi, lunghi fino alla metà della sua schiena, occhi di un verde scuro ma allo stesso tempo luminoso, con la sua pelle bianca sulla quale spiccavano le sue labbra rosse, ora tendenti al violaceo per via del freddo. 

Si avvicinò per poi sedersi. "Ciao, Nico". Ero felice di vederla, ma non lì. 

"Perché sei qui? Non ci vieni mai. Da piccola ne avevi paura". 

Fece una debole risata. "Sì, è vero. Vedi, ci vengo perché ultimamente ho bisogno di pensare. E, avevi ragione, la pace di questo posto aiuta". 

"Sono felice che questo luogo piaccia anche a te", le sorrisi. Mi guardò con quei suoi grandi occhi verdi. "A cosa pensi, quando vieni qui? Tutto okay?".

Abbassò lo sguardo. "Non proprio. Anzi, in realtà ho un piccolo problema". 

"Posso aiutarti? Magari, parlamene". Tornò a posare gli occhi nei miei, "Mi sento uno schifo per te". 

Ero confuso e gli chiesi quindi spiegazioni. Mi confessò che aveva pensato per molto tempo alla nostra amicizia, e si sentiva in colpa perché se n'era andata in un momento in cui avevo bisogno di qualcuno. Aveva paura che non sarebbe più stato come prima, tra di noi. E, soprattutto, aveva paura di perdermi di nuovo. 

Fu allora che la zittii, cogliendola di sorpresa con un abbraccio, stringendola delicatamente a me. Si rannicchiò tra le mie braccia. 

"Sì, mi ha ferito che tu te ne sia andata. Ma non voglio perderti neanche io. Ed è vero che le cose saranno un po' diverse da com'erano prima, ma ci tengo a te e alla tua amicizia così come tu tieni a me e alla mia. Perciò, sono pronto a perdonarti".

Forse sbagliai, forse no. Forse dovevo allontanarla, ma non ce la feci. E non ce la feci anche perché la vidi alzare lo sguardo su di me, con quel suo bel sorriso. Mi baciò su una guancia, lasciandomi stupito, mi salutò, ringraziandomi, e andò via. 

Mi toccai la guancia. Scossi la testa e ripresi il mio zaino, dirigendomi a casa, per andare da Cielo. 


La mia parola preferita è "cielo"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora