Cedere non è un opzione, eppure ...

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Passai un paio di giorni in ospedale, per rimettermi. Ogni giorno Robin passava a salutarmi e la cosa mi faceva sorridere. Ma ogni giorno fissavo quello che la prima volta è stato il posto di Cielo, ora vuoto. E sentivo pesante quel sorriso che mi si creava.

Passarono altri giorni, altro tempo, con Cielo in testa, che mi mancava, sempre di più. Rileggevo chat, mi trattenevo dallo scrivergli. "Se gli scrivi, do fuoco ai tuoi disegni!", mi diceva Robin. E sapevo che faceva sul serio. Quindi provai un minimo a non scrivergli.

E in effetti non lo feci.

Fu lui a farlo.

Era un giorno durante il quale, sorprendentemente, non lo pensavo. Ero immerso nel mio libro, quando vidi il telefono accanto a me accendersi. Notai la notifica. Panico. C'era il suo nome sulla barra della notifica. Presi il telefono, feci un profondo respiro ed aprii il messaggio:

Cielo: Nico, ti prego, perdonami, io ti amo, mi manchi

Sentii una forte fitta al cuore, leggendo. Gli mancavo? Mi voleva davvero? Forse gli importava davvero di me... Forse... Forse era tutta colpa mia. Decisi di rispondere.

Nico: Bene. Vediamoci, per favore, così possiamo parlarne.

Cielo: Sì! Sì, grazie. Vieni a casa mia.

Gli risposi, accettando, e uscii di casa in quello stesso momento. Entrai nell'autobus, il mio battito accelerato e l'imoazienza mi ricordarono la prima volta che lo vidi. Ma questa volta c'era un'altra sensazione. Questa volta, c'era la paura.

Suonai il campanello con la mano che non riusciva a fermarsi dal tremare. Cielo mi aprì, e, come mi vide, mi saltò al collo. Io non persi tempo e lo baciai, entrando dentro casa. Lo volevo. Mi mancava troppo.

Lo presi in braccio e lo portai dentro casa, arrivando in camera dei suoi e facendolo sdraiare sul letto. Iniziai a spogliarlo, cercando di staccare le labbra dalle sue il meno possibile. Sentivo le sue mani vagare per il mio corpo, togliendomi i vestiti.

Una volta totalmente senz'abiti, entrai in lui senza dire nulla e sentii la sua presa aumentare sulle mie spalle. Iniziai a dare spinte forti, mentre lui gemeva sotto di me. Riempii il suo collo di baci e segni violacei, così come il suo petto. Passammo un pomeriggio a fare sesso.

Perché probabilmente quello non era amore. Quella era solo mancanza. Nostalgia, forse. Semplicemente a me mancava. E avevo deciso di cedere, anche se sapevo avrebbe fatto male. Lui... Non sapevo cosa stesse provando. Potevo solo illudermi. E così feci.

Quando fummo troppo stanchi per continuare, ci fermammo e lui si accucciò a me come la prima volta. Lo coccolai, mentre lui mi dava baci sul petto. "Mi sei mancato, Nico...", mi sussurrò, "Anche tu... Per favore... Perdonami...". Lui si limitò ad annuire, per poi baciarmi a stampo. "Il... Mio... Fidanzato", ripeté tra un bacio e l'altro. Arrossii.

Non farlo, non farlo, non tornare da lui.

Bacialo e dichiarargli il tuo amore, lo ami.

No.

Sì.

No.

Sì.

Non sapevo più a chi dar retta. Ma una cosa la sapevo: avevo ceduto. E non potevo tornare indietro. "Sì... Il tuo fidanzato", lo baciai sulla fronte. Lui si sdraiò sul mio petto e mi si addormentò addosso, mentre la mia testa veniva divorata dai pensieri. Cedere non è un'opzione, mi ero detto. E avevo ceduto.

La mia parola preferita è "cielo"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora