Shock

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Il giorno seguente, mi vestii e mi diressi a casa di Robin. Quel messaggio mi aveva agitato, Robin non era una che si preoccupava facilmente di alcune cose, a meno che la cosa non fosse qualche suo amico o parente.

Arrivai a casa sua e suonai il campanello. Chi aprì fu sua madre, una donna con i capelli rossi striati di bianco raccolti in uno sfatto chignon e dei vestiti che probabilmente di solito indossava per la casa. Aveva ancora un controller della play in mano. Ciò che adoravo di quella donna era che potevi passare le giornate con lei davanti a Fifa senza annoiarti mai. Probabilmente, stava giocando con suo marito, che, malgrado abbastanza incapace, la accontentava. Erano molto belli insieme. 

La mamma di Robin mi salutò sorridendo e mi invitò ad entrare. Mi offrì la mia tisana preferita, ma rifiutai educatamente, chiedendo di Robin. Lei mi indicò le scale, "Robin è in camera sua, tesoro".  Sorrisi, la ringraziai e mi diressi al piano di sopra. Bussai alla porta con la scritta "Robin", che si aprì poco dopo. La mia migliore amica mi vide e mi si fiondò addosso in un abbraccio. Provai... farfalle in quel momento, ma ricambiai senza pensarci. Quando si staccò da me, mi invitò ad entrare e mi sedetti a terra, sul puf che fin da bambini era riservato a me. 

Da bambino amavo andare a casa di Robin, la sua stanza era tutta di un viola scuro e circondata da lucine che di solito lei teneva viola o fucsia. La luce era sempre spenta, come quel giorno, e le lucine accese. C'era un letto a castello, per gli amici, diceva lei. La verità è che, alla nascita, nacquero due bimbe. Una di loro, però, morì poche settimane dopo la nascita. I genitori ne furono straziati, ma si fecero forza l'uno con l'altra e crebbero la bambina che ora ha preso un posto speciale nel mio cuore. In più, la stanza era piena zeppa di poster, fotografie e soprattutto di peluches. Tanti tanti peluches e cuscini e ricordo le casette che ci facevamo. 

"Cosa volevi dirmi di tanto importante?", chiesi, prendendo un peluche e stringendolo a me. "Volevo parlarti di Cielo", mi disse, incrociando le gambe seduta sul suo letto. Il suo sguardo preoccupato non mi rassicurava per niente. "Lui è il mio ex", disse guardandomi. In che senso, scusa? "Come? Lui?", quante probabilità c'erano? Le chiesi spiegazioni. "Non era rilevante che lo sapessi, ma volevo assolutamente parlarti del motivo per il quale ci siamo lasciati. Vedi, sono stata con lui per diverso tempo, circa sei mesi. I primi mesi furono fantastici, era così dolce e premuroso, gentile e amorevole. Poi, però, è cambiato tutto. Mi resi conto che quando provavo a conoscerlo meglio era schivo. Quando gli chiedevo di vederci perché stavo male, lui rifiutava sempre, dicendo di essere occupato. Quando volevo sfogarmi con lui, Cielo cambiava discorso, non mi ascoltava, mi ignorava. Era sempre freddo con me e a volte antipatico. Mi creava tantissimi problemi, ma pensavo di meritarli, magari sbagliavo io...".

La guardai scioccato, mentre mi parlava di come si sentiva in colpa con lui e sempre la causa di qualcosa di negativo. Raccontava di non sentirsi bella e sempre sbagliata, per via delle critiche di lui. -Dovresti dimagrire-, -Sei brutta-, -Ti sta malissimo-, cose che si sentiva ripetere mille e mille volte. Gli amici le dicevano di lasciarlo, ma lei non ci riusciva, perché si sentiva in colpa e responsabile di quanto stava accadendo con lui. Poi, qualcosa l'aveva spinta a lasciarlo, una persona. C'era un ragazzo che aveva capito di amare, e ciò le aveva dato la forza di lasciare Cielo una volta per tutte. Solo dopo aveva capito quanto fosse tossico. 

"Scusa se ti ho raccontato tutte queste cose. Avevo bisogno di sfogarmi con qualcuno al quale tengo davvero molto, e poi volevo metterti in guardia su questo. Per favore, fai molta attenzione e qualsiasi cosa dilla a me, okay? Voglio aiutarti". Ero scioccato. Probabilmente Robin lo notò, dal modo in cui avevo affondato la faccia nel peluche, e venne ad abbracciarmi con dolcezza. Arrossii senza motivo, ma mi rannicchiai a lei. Cielo? Così? Mi sembrava assurdo, ma Robin poteva essere qualsiasi cosa, ma non una bugiarda. Mi baciò dolcemente sul viso, per rassicurarmi, e ciò non fece che aumentare le mie farfalle, mentre mi stringeva a sé. "Grazie per avermelo detto...", sussurrai. "So che sembra assurdo che sia proprio lui a comportarsi così, ma è possibile... perciò stai attento, ti prego". Annuii e mi strinsi a lei, poggiandomi sul suo petto. Passammo il tempo così, a coccolarci, mentre le farfalle nel mio stomaco aumentavano incontrollate. Non ci capivo più un cazzo, con i baci di Robin sul viso e ovunque volesse darmeli.


La mia parola preferita è "cielo"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora