Mi venne il coraggio di farlo proprio per quelle due lettere. Per la lettera di Cielo. Sì, perché la spedii insieme a quella di Robin un giorno che volevo finalmente togliermi la vita.
Ma non ce la feci.
Ricevetti una chiamata da Cielo. Tremavo di paura, ma risposi. Lui iniziò a urlare, dandomi dell'egoista, dicendo che lui non si meritava di essere incolpato per la mia morte quando lui aveva fatto di tutto per me.
Io non l'avevo incolpato, ma lo ascoltai mentre piangevo in silenzio e il bruciore alle braccia era sempre, sempre più forte.
Aveva ragione. Ero un egoista. Ma anche se togliermi la vita era un atto egoistico, non volevo più far del male a nessuno. Quindi quella sarebbe stata l'ultima azione egoista della mia vita.
Da lì lui non mi parlò più. Mentre Robin, che pensavo sarebbe corsa da me, non venne. Ovviamente pensai che non gli importava e non gli era mai importato, "finalmente sto depresso si leva dai coglioni".
Invece venni a sapere che la sua lettera era stata spedita all'indirizzo sbagliato e sarebbe arrivata con un giorno di ritardo, o forse meno. Ma comunque, io avevo già deciso. Probabilmente non avrei cambiato idea nemmeno vedendo Robin pregarmi.
Il giorno dopo era praticamente notte. Me ne stavo seduto sul bordo del tetto di quell'alto edificio e ripensavo alle parole di Cielo. A cosa dovevo fare della mia vita, a cosa meritavo davvero.
Meritavo di scomparire.
Mi alzai in piedi, per la prima volta indossavo una maglia a maniche corte che lasciavano le cicatrici e i tagli alla vista delle persone, che infatti mi guardavano male e bisbigliavano tra di loro. Mia madre li ignorò completamente.
A me piacevano: erano state con me, al mio fianco, più a lungo di qualsiasi persona.
Pantaloncini relativamente corti, che mostravano altrettante cicatrici nascoste sulle cosce e lungo le gambe. A ripensarci ora, quando feci per la prima volta l'amore con Cielo, quando lui non sapeva del mio autolesionarmi, non ne avevo così tante.
Per la prima volta mi ero vestito come volevo perché non avrei più dovuto nascondere le mie cicatrici. Anche se non mi piaceva, anzi, odiavo il mio fisico. Ma amavo quello stile e poi non avrei più dovuto guardare il mio corpo.
Aprii le braccia come ali lasciandomi accarezzare il viso e i capelli dal vento notturno, prendendo lunghi respiri. Forse questo mondo mi mancherà. Ma non la sua gente. E poi, questa bellezza non la merito. O no?
Stavo per fare un passo quando sentii una voce. "NICO FERMATI TI PREGO!", mi voltai. Robin, in preda alle lacrime, davanti a me che mi tirava per la maglia che si muoveva al vento.
I suoi splendidi capelli rossi ricci, il viso bellissimo seppur terrorizzato e rigato dalle lacrime. Sentii la stessa sensazione che provavo con Cielo, in quel momento, a guardarla per l'ultima volta.
Le piccole farfalline. Come quella volta in camera sua. Mi venne un dubbio: cos'era, adesso mi ero innamorato di lei?
Lei mi stava pregando di scendere, ma non sentivo nulla. Stavo ascoltando il mio cuore e le farfalle che aumentavano, ai ricordi di me e lei, quando mi baciò la guancia il giorno in cui ci incontrammo al cimitero, quando mi accolse tra le sue braccia, tutte le volte che ne avevo bisogno.
Che fosse quello il vero amore? E che Cielo non mi avesse mai amato davvero? Mi lampeggiavano questi pensieri nella testa e lacrime cominciarono a passare lungo le mie guance.
Mi ripresi quando sentii il calore di Robin su di me. La guardai, mi aveva fatto scendere dal gradino e mi stava stringendo a sé, forte. Piangeva e mi posava baci dove riusciva.
"Nico, non te ne andare, ho bisogno di te, ti prego...", la sentii sussurrare tra i singhiozzi. "Nico, non è vero che non mi hai dato niente, mi hai portato una meravigliosa persona, io voglio solo il meglio per te, voglio che tu mi stia accanto, voglio... Voglio te nella mia vita...".
Rimasi in silenzio, mentre il cuore mi batteva forte. Forse la mia parola preferita non era "cielo". Forse la mia parola preferita non era che un piccolo pettirosso dalle ali rosse. Rosse come i lunghi capelli ricci della ragazza che stringevo al petto. Un pettirosso dagli occhi verde scuro ma luminoso come una foglia sotto la pioggia. Come gli occhi della persona a cui tenevo davvero senza rendermene conto.
"Nico... Il ragazzo che mi piaceva... Che mi aiutò a lasciare Cielo... Sei tu... E non voglio per forza che tu ricambi i miei sentimenti, io voglio solo trattarti meglio di come ti trattava lui..."
Le scesero lacrime mentre parlava e si stringeva al mio petto. Le presi il viso e la baciai. Lei si strinse a me nel pianto. Quando mi allontanai le asciugai le lacrime. "Puoi farcela senza il mio peso". Lei scosse forte la testa e da lì urlò "NICO CAZZO NON TE NE PUOI ANDARE! NON PUOI ANDARTENE PER UN COGLIONE TOSSICO CHE NON SA PRENDERSI CURA DI TE! C'È GENTE MIGLIORE AL MONDO! CAZZO, NICO, TU SEI SPECIALE, SEI MERAVIGLIOSO, TI PRENDI CURA DEGLI ALTRI, SEI DOLCE E GENTILE! IO TI VOGLIO NELLA MIA VITA E SE QUALCUNO NON RIESCE AD APPREZZARTI LO DEVI MANDARE A FANCULO!". Ansimò per riprendere fiato, "Non so quanto possa servire, ma io ti amo e non voglio perderti! O mi butterò anche io!"
Si allontanò dalle mie braccia sporgendosi dal muretto del tetto e fece per cadere quando la ripresi per il braccio e la tirai a me, "Va bene! Va bene, proverò a rimanere qui, ma non puoi andartene! Io tengo a te..."
Mi abbracciò e rimanemmo per la notte su quel tetto a stringerci per evitare che nessuno dei due se ne sarebbe andato.
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La mia parola preferita è "cielo"
Ficción GeneralNico amava la solitudine. La stessa solitudine che lo ha portato al cadere nel buio. Ricevere un messaggio da qualcuno era l'ultima cosa che si aspettava. Dall'altra parte dello schermo c'era Cielo, un ragazzo più grande, che sembrava aver scritto l...