Chi diamine sei!?

690 39 13
                                    

Capitolo 3



I giorni passavano, portati via dal vento, che non cessava di diminuire da quasi una settimana. Come se ci fosse qualcosa che turbasse la natura e stesse facendo in modo di comunicarlo tramite il tempo.
Hawks amava quello che viene definito "cattivo tempo", era sempre stato affascinato dalla forza della natura, dal vento soprattutto. Amava come sembrava ribellarsi a qualcosa, amava sentire i fischi che causava o il suono che producevano gli alberi.
Ma più di tutti, Hawks amava la pioggia.
Era letteralmente innamorato della pioggia, quest'ultima lo rilassava in una maniera esorbitante, poteva affermare che la pioggia era l'unica cosa a rilassarlo seriamente. Amava l'odore di poco prima, durante e dopo.
Amava fare la qualunque cosa con il sottofondo della pioggia che batte sull'asfalto. Non sa il motivo ma sa che non può farne a meno.
Ogni volta spera che si butti giù un acquazzone che duri per sempre, spera sempre di poter stare sotto la pioggia e smettere di pensare a tutto.
Anche per pochi istanti, andava bene ugualmente.

Hawks camminava in camera sua da mezz'ora, ansioso di uscire a caccia e sperare di trovare qualche indizio in più su quell'alpha dall'identità ancora sconosciuta. L'unico problema? Per la prima volta in tutta la sua vita da cacciatore, si sentiva ansioso e nervoso come non mai.
Non gli era mai successo, forse solo i primi tempi, ma poi divenne un tutt'uno con la sua doppia vita.
Forse era il fatto che non aveva scoperto assolutamente nulla riguardo quell'alpha, forse il fatto che era il primo licantropo a metterlo in difficoltà, a riuscire a nascondere benissimo le sue tracce.
Hawks ne aveva combattuti e uccisi molti, aveva avuto a che fare anche con i più conosciuti, ma quello di quella notte... quello sembrava essere di un livello totalmente fuori dalla norma anche per i licantropi.
Si, quest'ultimi erano bravi a nascondere le loro tracce, Hawks in primis lo era, ma il biondo era sempre riuscito ad essere un passo avanti a tutti.
Quell'entità, quell'alpha... era diverso.
Non aveva paura, semplicemente si sentiva un po' messo in soggezione, si sentiva come se tutti i suoi sforzi fossero stati vani, come se con uno schiocco di dita Hawks fosse diventato una formica.
Odiava sentirsi in quella maniera.
Odiava essere con i piedi in un fosso.
Odiava essere dietro a qualcuno.
Odiava non riuscire a capire in un limite di tempo.
Ma soprattutto, odiava sentirsi in quel modo.
Si, anche in passato aveva avuto a che fare con tipi in cui dovette faticare non poco, ma ripeto; la situazione ora era ben più che diversa.
Sembrava come se... come se quell'alpha fosse sempre lì ad osservarlo, come se fosse cento passi, anzi, mille passi più avanti a lui.
A lui, lui! Davanti ad Hawks, che si allenava da tutta la vita, che era riuscito ad essere chi era da tutta la vita.
Non fraintendete, a lui non interessa assolutamente apparire o la fama, forse in secondo piano, ma a lui importava solo riuscire ad avere la forza necessaria per abbattere tutti gli alpha. E sembrava come se tutti gli sforzi fatti in quel tempo fossero stati improvvisamente cancellati.
Si sentiva calpestato, inferiore.

«Hawks, basta. Calmati, rilassati. Lo troverai, che sia domani o tra un anno: lo troverai. Sei forte, lo sei sempre stato.» Si disse, bloccandosi dal girare in tondo per la stanza. Sospirò, sembrava pazzo. O forse lo era...?
Sbuffò pesantemente, ignorando i vari pensieri che gli appesantivano la testa. In quel caso aveva un rimedio per poter cacciare senza distrazioni: la musica. Non parla di musica casinista o comunque pesante, ma di un brano che sin da bambino sembrava l'unica cosa in grado di rilassarlo quando non c'era la pioggia a farlo. Forse era strano ma non gli importava.
Prese i suoi auricolari è uscì di casa, coperto dal suo mantello, senza farsi vedere da nessuno; quasi come fosse un ladro.
Ma lui lo era infondo; rubava vite, la stessa vita che gli altri avevano tolto a sua madre, a lui.

E mentre si dirigeva nel bosco attivò la sua canzone preferita: la sonata al chiaro di luna di Beethoven.
Penserete: "va a caccia e si mette gli auricolari?" Si, gli piace rischiare.
Tra l'altro stava sempre in guardia, gli bastava il suo sguardo, il suo naso.
Gli bastava fiutare odori per capire se fosse solo oppure no.
Tra l'altro il suo ultra udito da licantropo era sempre utile.
Era l'unico modo per non lasciare che i pensieri lo tirassero in un abisso da cui sarebbe stato difficile risalire.
Era già capitato altre volte, capitava anche un po' spesso: stava bene per un periodo ma tornava sempre l'altro periodo, quello buio, quello fatto di pensieri, quello dove le energie erano inesistenti; come se avesse scaricato le batterie. E questi momenti si alternavano tra di loro, potevano durare un'ora come cinque, o addirittura uno o due giorni interi. Non di più.
Stava bene, sia chiaro. Erano solo momenti, periodi in cui la debolezza lo divorava. O almeno così decideva di pensarla, di auto convincersi.
Perché infondo sapeva che questo nuovo lui era così dalla morte di sua madre, dalla distruzione della sua famiglia.
Ma non gli importava più di tanto, bastava distrarsi in qualsiasi maniera, dalla più innocente alla più nociva: non importava.
Cacciare lo aiutava, la musica lo aiutava, la pioggia, il mal tempo.
Bastava poco, no?

Il peso di esistere -DabixHawks OMEGAVERSEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora