Capitolo 9
Solitudine.
Sapete che questa condizione la maggior parte delle volte è letale? porta
le persone ad uno stato mentale talmente buio, che trovare la luce è quasi impossibile. Non tutti riescono a sopravviverne. Alcuni muoiono dentro ma continuano a far finta di vivere, si comportano come li vuole la società. Altri muoiono è basta, portando anche il proprio corpo a spegnersi. Un corpo che con il passare del tempo rimane solo un vaso vuoto; senz'anima.Hawks fa parte di quelli che sono morti ma fingono di vivere. Il suo corpo è vivo, ma lui? lui non c'è più da quando si ritrovò il cadavere di sua madre davanti gli occhi. Cammina, parla, osserva, agisce, mangia, dorme, uccide... sorride anche, si. Ma la sua mente? la sua anima? tutto va avanti: il tempo, le persone... ma lui rimane fermo nello stesso passato che gli causò troppo dolore. Troppo, soprattuto per un bambino di appena sette anni.
Lui non piangeva mai. Mai. Finché tutto il peso di quell'esistenza non lo schiacciava tutto d'un tratto, senza lasciargli via di scampo.
Perché non si piò scappare dalla propria mente.
E mentre lasciava che quelle lacrime bagnavano quel viso liscio e angelico e i singhiozzi che facevano tremare il suo corpo disteso su quel letto così grande e vuoto, spoglio come la casa in cui vive, il suo cellulare continuava a squillare ininterrottamente. Lo schermo illuminava il nome della sua migliore amica, sicuramente intenzionata ad una delle sue uscite tattiche. Ma in quel momento non sentiva nulla e non aveva voglia di fare qualcosa o sentire qualcuno. Voleva solo attendere che quel misero dolore che gli crollava sulle spalle ogni tanto, quel peso troppo grande per una persona sola, tanto che lo portava ogni tanto a cadere, passasse da solo.
Come sempre.Il telefono smise di suonare ma seppur erano già le otto di sera la sua amica non demordeva, difatti non passò molto prima che risuonasse. In altre occasioni avrebbe spaccato al muro quel piccolo aggeggio tanto fastidioso e rumoroso, ma in quel momento non gli importava nemmeno se fosse crollato il soffitto nella sua faccia. Anzi.. gli avrebbe fatto solo un favore. L'unico suono che percepiva era la pioggia che batteva sull'asfalto, l'unico suono che avrebbe ascoltato volentieri anche per sempre. La mente totalmente vuota e il cuore pesante che gli sfondava il petto. Era questa la sensazione che odiava e amava allo stesso tempo, quando i pensieri erano talmente tanti e talmente forti che all'improvviso smetteva persino di sentirli.
Finché quell'atmosfera creatasi, quel suono piacevole e quello sfogo serale, non venne interrotto dall'unico suono che mise in allerta Hawks, l'unico che gli diete le forze necessarie di reagire a quel dolore che usciva ogni tanto quando il suo solo corpo non bastava più. Tese l'ultra udito e percepì dei rumori sospetti dal salotto. Quando capì che erano dei passi, si mise a sedere di colpo, prese la sua berretta 92 da sotto il cuscino, si alzò lentamente con passo felino e si mise accanto la porta, pronto ad ogni eventuale mossa da parte della persona che aveva fatto irruzione in casa sua. In quel momento di massima allerta non pensò minimamente chi potesse essere, la sua mente era solo concentrata ad individuare il bersaglio e colpirlo successivamente.
Quando la porta si spalancò e tese la pistola, pronto a sparare, un urlo troppo familiare gli arrivò alle orecchie ancora prima di rendersi conto che si trattasse di Mirko. Abbassò subito la pistola, buttando un sospiro di sollievo. «Ma dico, sei impazzito? volevi uccidermi!?» Gli urlò Mirko, con una mano poggiata all'altezza del cuore. «Mi spieghi come diamine sei entrata?» dire che era infastidito era dir poco. «Ah, beh... potrei aver fatto una copia delle tue chiave, così in caso di emergenze...» rise nervosamente.
«Tu, cosa... guarda, non sono in vena nemmeno di urlarti contro.» sbuffò, massaggiandosi il ponte del naso. La sua amica gli fece la linguaccia e non potè che non pensare a quanto fosse infantile. «Posso sapere che ci fai in casa mia?» chiese, andando in cucina per prendere un bicchiere d'acqua, seguito ovviamente dalla ragazza. «Ti ho chiamata al telefono ma non rispondevi, immaginavo mi stessi ignorando-», «così hai ben pensato di venire a fare irruzione in casa mia...» concluse al posto suo, bevendo successivamente la sua acqua. Mirko rise e iniziò un discorso che Hawks non ascoltò minimamente, i suoi occhi rimasero bloccati su un dettaglio impossibile da non notare. Una vaschetta di pollo. Una fottuta vaschetta di pollo sul suo tavolo. Ovviamente i suoi occhi sembrarono formare due cuori, non ci mise molto per correre a prenderla, stringendosela come fosse un enorme peluche. Non si mise nemmeno a riflettere su chi potesse essere stato a portargliela, era ovvio che fosse stata la sua migliore amica. Iniziò a mangiare con gusto, senza nemmeno badare alla faccia scioccata di Mirko, dovuta sicuramente alla velocità con cui stesse divorando quelle alette di pollo piccanti, nonostante non amasse molto il piccante, ma poco gli importava. Si trattava del suo amato pollo. «Ehm.. si, mi hai ascoltata molto.» l'ironia di Mirko attirò di poco la sua attenzione, «si, scusami, dicevi? comunque grazie per il pollo, non me l'aspettavo.» rispose a raffica, senza badare troppo alla reazione di Mirko, «ma ved-», «per il pollo sono disposto anche ad accettare la tua proposta di uscire» la interruppe, con la bocca piena e le labbra leggermente sporche. Chiunque l'avrebbe scambiato per un bambino. «Davvero!? benissimo, allora si esce!» dire che Mirko fosse euforica era dir poco. «Allora vai subito a cambiarti!», «ok, ok, fammi prima finire questo pollo squisito. Ma dove lo hai preso? sai che è più buono delle altre volte?» si, sembrava decisamente un bambino.
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Il peso di esistere -DabixHawks OMEGAVERSE
FanfictionDal capitolo tre: "«Ti ucciderò. Stai in guardia, Alpha.» «Non vedo l'ora, Omega.»" - Qualunque essere umano rimarrebbe terrorizzato nello scoprire le creature leggendarie che vivono attorno a loro, che si mischiano con loro. Vivono in incognito, i...