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Capitolo ventuno

Seul 2020

Ore 09:30 del mattino

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Ore 09:30 del mattino.
Il rumore della macchinetta del caffè, le tapparelle semi abbassate da dove filtra la luce mattutina, mi alzo dallo sgabello per alzarle completamente verso l'alto per farne entrare ancora di più e aprire la finestra del salone e il mio viso è invaso dalla frescura dell'aria.
Sento il campanello di casa suonare mentre sono impegnato a versare il caffè nelle due tazze, una per me e l'altra per il mio compagno Sung: ormai sono due anni che abbiamo una relazione, l'ho conosciuto nella azienda estera dove lavoriamo entrambi, alla fine la fotografia non era la mia strada.
Nel 2013 quando sono partito dalla mia città natale per arrivare in capitale, pensavo che sarei diventato un fotografo professionista, sognavo di lavorare per una grande azienda di moda ma, la vita riserva così tante sorprese e ci sono conseguenze che bisogna accettare per riuscire a vivere. Non che mi lamenti della mia vita di adesso, ho un lavoro stabile, un cane e un compagno che mi dimostra ogni giorno il suo affetto, all'alba dei miei trent'anni posso dire di sentirmi appagato della vita nonostante io mi considero totalmente cambiato.
Sung è un ragazzo straordinario, è il media manager dell'azienda mentre io mi occupo dell'aspetto grafico del design: ci siamo conosciuti davanti alla macchinetta del caffè e dopo la prima uscita abbiamo incominciato a mantenere questa relazione stabile che sembra durare; è più grande di me di quattro anni e la cosa che più mi ha colpita di lui è il fatto che sia così taciturno, è sempre assorto nei suoi pensieri ma soprattutto il suo taglio di capelli lunghi e mossi, è la prima cosa che ho notato di lui.

"Amore vai tu ad aprire? Sto preparando la colazione prima di andare!"
Dall'altra parte della casa sento un "si!" E con la coda dell'occhio pochi minuti dopo vedo il mio compagno allacciarsi velocemente la camicia bianca con le righe azzurrine che gli avevo regalato io per il primo San Valentino. Il lontananza si sente il brusio di voci, un " salve!" "Ho una consegna per il signor..." "si! Lo dia pure a me!" "Arrivederci!" E in seguito la porta che si chiude.
Sento il rumore dei suoi passi, le scarpe lucide da ufficio che avanzano verso di me e inseguito sento le sue lunghe dita avvolgermi i fianchi mentre sono di spalle impegnato a spalmare una marmellata di frutti di bosco su i biscotti ruvidi che tanto gli piacciono e che col tempo avevano conquistato anche a me.

"Chi era?" Gli domando.

"C'è una consegna per te amore!" Afferra furtivamente un biscotto dal vassoio senza aspettare che io li porta al tavolo dove due tazze fumanti ci aspettavano.

"Da parte di chi?"

Sung con la bocca piena cerca di farsi capire.

"Non lo so, il mittente non c'è scritto. Non sarà l'ennesimo pacco di tua madre da Busan?"

"Mh strano che mia madre non scriva l'emittente. Ci tiene tanto a precisare che ogni volta è lei."

Lasciare la mia città non è stato facile, i miei genitori, specialmente mia madre non era d'accordo con la mia scelta e infatti, ogni settimana a casa arriva un pacco spedito da lei con qualche cibo in scatola tipico della città o qualche spedizione più grande con vestiti e vestiario intimo pensando che io non compra mai niente o che in città a Seoul non ci siano negozi per acquistare qualcosa; nonostante ci sentiamo tutti i giorni telefonicamente o in una videochiamata se la sera non sono troppo stanco ma, vediamo poco e in realtà lei cerca di farmi capire la sua premurosità in questo modo: la verità è che nonostante non distano tanto le due città, gli impegni lavorativi non mi permettono di raggiungere la mia famiglia o i miei amici così spesso come credevo, ormai è diventata un'abitudine incontrarli solo durante le festività tipiche oppure quando prendo dei giorni di ferie.

"Ascolta tesoro, oggi ho un meeting con un'azienda italiana, non aspettarmi per andare a lavoro! Prenderò la metropolitana per raggiungere l'ufficio." Sung si infila la giacca a vento per uscire, tra la bocca ha il secondo biscotto e di fretta e furia beve il caffè latte lasciando la tazza nel lavabo.

"Va bene! Ci incontriamo per cena allora!" Accenna un si con la testa e togliendo il cibo, mi stampa un dolce bacio sulle labbra dicendomi un " ti amo" ed io annuisco sorridendogli per la buffa scena di quel biscotto tenuto a trequarti nell'angolo della bocca: afferra la sua valigetta e si chiude la porta dietro le sue spalle.
Nel frattempo ho ancora un quarto d'ora per godermi la mia colazione e prendendo il mio cellulare incomincio a leggere le notizie sul covid 19 e dei casi che aumentano ogni giorno di più, è scoppiata da poco una pandemia globale che ha colpito ancora la Corea del Sud.
Quando leggo questo tipo di notizie mi vengono sempre a mente le persone che non frequento più o che non fanno più parte della mia vita ormai da chissà quanto tempo; penso a cosa stanno pensando di questa situazione, che stanno facendo nella loro vita, ma è un pensiero fugace che balena nella mia testa per pochi minuti, poi mi ricordo del pacco appoggiato sul tavolino di ingresso dove ci sono le tante cianfrusaglie come le chiavi della macchina, mascherine, portachiavi e chissà quanti oggetti ancora.
Mi alzo dallo sgabello e afferro la scatola tra le mani e mi rendo conto che non è una consegna da parte miei genitori date le piccole dimensioni: la scuoto leggermente e sento che all'interno un oggetto di un certo peso: incomincio a staccare i pezzi di cartone indicati da una riga a modi zigzag che mi permette di sfilare completamente l'apertura. All'interno c'è un sacco di plastica di imballaggio, quando le mie mani toccano una consistenza solida, appoggio sul tavolo di vetro il le lastre di polietilene e ai miei occhi compare un vecchio Samsung smartphone: inizialmente non collego subito ma appena noto quello sticker della lettera "T" color verde incollato vicino al alto parlante sento un tuffo al cuore.
Per un po' rimango a fissare quel vecchio telefono davanti a me, con le dita tremanti lo prendo, noto i graffi del tempo, il consumo di una vita che ormai è passata e mi sento ancora più confuso; solo una manciata di secondi dopo noto che all'interno della scatola, sotto al telefono c'era una lettera imbustata.
Appoggio il telefono da un lato e straccio l'apertura della busta in bianco, il contenuto dice:

« Ciao Jungkook. So che ti smembra strano ma ho cercato di prendere tue informazioni quando ho saputo che vivi a Seoul, la conferma l'ho avuta quando ti ho visto per caso attraversare le strisce pedonali verso Itaewon, in macchina c'ero io ma non penso tu abbia notato chi fossi anche perché parlavi al telefono tutto il tempo mente passavi.
Ti chiedo di accendere il telefono e andare nella sezione note, quando le avrai lette tutte ti svelerò chi sono e perché ti ho inviato questo vecchio telefono che tu saprai sicuramente a chi appartiene.
È una richiesta personale.
Quando avrai terminato questo piccolo favore, puoi contattare questo numero *recapito telefonico.*
A presto.
Ps: per sbloccarlo, indovina il codice pin"

Premo sul tasto di blocco per accendere lo schermo del telefono e quando noto il display vedo una mia vecchia foto assieme a Taehyung; li eravamo nella nostra prima vacanza e ricordo ancora il signore che un po' inesperto ci scattò quella foto mentre noi eravamo in piedi davanti alle mura antiche di Suwon, io avevo il braccio attorno alla sua spalla e il suo viso era appoggiato ad esso mentre la sua mano teneva fermo il mio polso: era una foto un po' sgranata per via della scarsa qualità dello smartphone ma rimasi un po' a guardarla e mi sembra di rivivere gli anni addietro, assieme a lui.
Il pin alla fine, dopo vari tentativi, è «120711».
la nostra data di fidanzamento, il dodici luglio del duemila undici.
Tutta questa situazione mi sembrava surreale.

CODARDIA | taekook Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora