𝘄𝗵𝗼𝗼𝗽𝗶𝗲 𝗽𝗶𝗲

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Poso la cartelletta sul tavolo, mi ci appoggio con i gomiti.

Prendo un respiro profondo.

Sono appena le due e mezza, ma già c'è una fila di pazienti lungo al Pronto Soccorso che mi fa accapponare la pelle l'idea di dover stare qua fino alle otto del mattino, senza avere la possibilità di fare una breve pausa.

Preferisco gli orari diurni.

So che fare l'infermiere è un lavoro stancante, che ti sfinisce fino all'ultima goccia.

Però, stanotte non ho le forze di fare nulla.

«C'è un paziente nella sala due, ti aspetta per l'iniezione di morfina.»

Prendo la cartelletta che mi consegna un'infermiera, annuisco con la testa.

Afferro lo stetoscopio per appoggiarmelo sulle spalle, chiudo la porta della guardiola dell'ingresso accettazioni, mentre una delle infermiere si dirige verso un'anziana seduta in un angolo, assieme al figlio, china su sé stessa in silenzio.

Deglutisco.

Proseguo verso al corridoio.

Non è raro che gli anziani finiscano la maggior parte del tempo qua, per fare controlli o perché hanno fatto qualche incidente.

Lancio un'occhiata verso la barella posizionata a lato, gli infermieri si avvicinano per misurare la pressione del paziente ricoperto di sangue, che ripete sottovoce un nome, stringendo il polso di uno dei due.

Supero anche questo.

È la vita che voglio...

Ma sono in grado di avere a che fare con il dolore?

Non riesco ad ammettere le ingiustizie, faccio l'infermiere perché amo il mio lavoro. Il problema è tornare a casa, ogni singolo giorno, sapendo che lì fuori c'è qualcuno che sta soffrendo non è facile.

Le donne incinta che stanno partorendo sul fondo del corridoio, i ragazzini che si sono picchiati per strada, le ragazze che vagano per il pronto soccorso in attesa dell'inizio del travaglio.

Apro la porta, a testa china mi posiziono dietro la scrivania.

«Che cos'è successo?»

Alzo lo sguardo.

Macao si siede sulla sedia libera, Porschè sta seduto sulla barella.

Ma che cazzo.

«Quindi? Il dottore dov'è?»

«Ha detto che andava a vedere i risultati della tac, ma Porschè continua a perdere sangue.»

Annuisco con la testa.

«Ti fa molto male?»

Porschè annuisce appena, fa per stendersi sulla barella con la schiena, ma lo blocco con un gesto rapido della mano.

Gli misuro la pressione per sicurezza, afferro poi lo stetoscopio e lo appoggio all'altezza del suo cuore.

Batte...

Noto che il suo sguardo lo rivolge oltre di me, verso Macao che sta in silenzio seduto sulla sedia.

Prendo un po' di cotone dai batuffoli, lo inzuppo di disinfettante.

Asciugo ogni traccia di sangue rappreso sulla ferita sul lato della sua fronte.

«Come si è fatto male, 'Cao?»

Macao ridacchia.

«Stavamo giocando a Super Mario e...»

È un modo implicito per dirmi che stavano facendo sesso?

☽ 𝗵𝗶𝗴𝗵 𝘀𝗰𝗵𝗼𝗼𝗹 𝘀𝘄𝗲𝗲𝘁𝗵𝗲𝗮𝗿𝘁𝘀 ᵏᶦᵐᶜʰᵃʸDove le storie prendono vita. Scoprilo ora