7. I am all yours [Part 2]

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«Liz... Lo hanno trovato...» 

Apro gli occhi si soprassalto. Mia madre è davanti a me, seduta a bordo letto.

«C-chi?»

«Eddie Munson!»

Scatto immediatamente a sedere e mi guardo attorno, ma Eddie non c'è più.

«D-dove?» le chiedo agitata «Dov'è?!»

«Non ti preoccupare, va tutto bene!»

«DOVE?» insisto.

Il cuscino dove ha dormito è ancora spiegazzato, ne posso ancora sentire il suo profumo. Ma lui dove diavolo dov'è?

Il battito mi tamburella nelle tempie per la paura, non auguro a nessuno di svegliarsi così.

«Lover's Lake. C'è stato un altro omicidio stanotte e lui era lì»

La fisso per qualche istante, mentre il mio cuore prova a riprendere il suo normale battito. Non l'hanno trovato qui, allora...

«Non è stato lui a-»

«Lo hanno visto. Stavolta è inconfutabile» mi sorride, come se questo possa rassicurarmi.

Mi metto le mani in faccia, uscirò a pezzi da questa situazione «Ma cosa ci fai tu qui?»

«Scusami, non volevo svegliarti così male, ma avevi il diritto di saperlo.» continua lei «Volevo dirtelo prima di andare al lavoro»

«Avevo chiuso la porta a chiave.»

«La privacy è un privilegio che tu hai perso,  Liz»

Mi volto, la mia porta è spalancata. «Stai scherzando?!»

«Non ho tempo per litigare di nuovo» taglia corto lei alzandosi dal letto «Sono già in ritardo»

Rimango seduta nel letto a guardare il vuoto mentre lei esce dalla stanza, ma prima di uscire rimette la testa dentro.

«Giusto purché tu lo sappia, è successo poco prima che tu rientrassi a casa, ieri. Avresti potuto incrociarlo per strada.»

«Pensa un po'.»

«Un giorno capirai che ti stiamo proteggendo, Elizabeth.»

Non avendo più la pazienza per continuare un discorso già perso, mi limito a farle un cenno con la testa per lasciarla andare via.

«Ci vediamo a pomeriggio e... ti ricordo che sei in punizione. Se provi a scappare, credimi che lo verrò a sapere»

«Grazie.» rispondo atona, lasciando perdere il discorso.

«E metti a lavare questi vestiti, puzzano di cane bagnato.» dice infine, indicandone una pila sulla sedia. Sono i suoi...

Finalmente lascia la mia stanza e dopo poco sento il rumore della porta d'ingresso. Finalmente sono sola a casa. Rimango per qualche istante a fissare il soffitto, ripetendomi tutte le cose che avrei voluto dirle, ma tanto sarebbe stato inutile.

Faccio qualche respiro profondo, prima di cominciare quest'altra giornata che si preannuncia non meno folle delle precedenti e decido di alzarmi.

«Ti prego, dimmi che sei ancora qui...» sussurro, nel silenzio tombale della mia stanza.

L'anta dell'armadio si apre da sola. O è Vecna, oppure è Eddie.

Mi affaccio, e lo trovo accucciato tra i miei vestiti in una posizione angusta e scomoda, con uno dei miei reggiseni sulla testa «Sono ancora qui.»

1986, Hawkins | IN REVISIONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora