15 - Salvalo

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Alessio si ritrovò di nuovo in cima al Duomo, stretto tra le braccia di Giulio alle sue spalle. Il respiro del vampiro gli accarezzava l'orecchio e il ragazzo chiuse gli occhi, un po' come se la vista di tutta Milano appannasse quella del mondo in cui lo stava trascinando Giulio.

Era vero ciò che gli aveva detto. A lui piaceva trovarsi in sua compagnia, vittima dei suoi occhi profondi e del suo sorriso imperfetto. Immaginare di baciargli le sottili labbra seminascoste dalla barba, nudi e stretti su una qualsiasi superfice. Era a metà tra il sentirsi protetto dalla sua imponenza e tra il vedersi debole in suo cospetto. Tutto ciò che sapeva con certezza, però, era che si sentiva vivo con lui. La sete di sangue e il pericolo che rappresentava per gli innocenti diventavano solo un lontano miraggio quando era con lui.

«Io non sono sempre stato una brava persona, Ale» sussurrò Giulio, «ma c'è qualcosa in te che mi aiuta a mantenere questa costante di bontà in me. Certe volte dimentico perfino di essere un vampiro di cinquecento anni.»

Alessio strinse più forte le sue mani.

«Ti ricordo un lontano amore?» gli domandò scherzoso.

Giulio rise e precisò: «Ne ho avuto solo uno e no, tu e lui siete totalmente diversi.»

«Raccontami di lui» chiese Alessio, sinceramente interessato. Erano tanti gli anni di vita che Giulio aveva alle sue spalle, così come le storie che poteva raccontargli. Di lui sapeva soltanto che aveva girato il mondo insieme a Geremia, ma che in un modo o nell'altro ritornavano sempre in Italia. Dopotutto nemmeno l'immortalità sembrava poter strappare l'anima dalle proprie radici.

«Lavoravo per la sua ricca famiglia a Firenze come stalliere, come ti dicevo prima. Si chiamava Ludovico Adimari e non avevo mai visto un ragazzo così bello. Aveva i capelli dorati come il grano e occhi neri come la notte. Si divertiva a sedurmi e fu impossibile per me continuare a reprimere la mia sessualità.»

Alessio provò a immaginare Giulio in vesti del tutto diverse a quelle a cui era abituato. Un ragazzo umano e povero che lavorava per una ricca famiglia. Non riuscì a visualizzare scene credibili, ma solo abbozzi di una realtà troppo strana per poter essere chiamata tale.

«Ludovico era un ragazzo viziato che trattava la servitù come zerbini. Era crudele, Ale, ma con me era sempre gentile. Gli insegnai a salire in groppa a un cavallo e a prendersene cura, lui invece mi parlava dei suoi viaggi e di quanto volesse vedere sempre di più del mondo. Desiderava vivere per sempre solo per arricchire costantemente il suo bagaglio e quella sua sete di tutto mi faceva paura. Al tempo stesso, però, mi spingeva a lavorare sempre di più e a renderlo fiero di me.»

Il ragazzo capì per quale motivo quel fantomatico Ludovico era così diverso da lui, a detta di Giulio. Alessio non avrebbe mai trattato delle persone come essere inferiori a lui e di certo non gli interessava vivere per sempre, affamato di esperienze e piaceri che solo l'eternità poteva regalare. A lui andava bene la vita così come l'aveva sempre vissuta: ogni cosa avrebbe avuto il suo tempo, ogni attimo effimero poteva diventare un'inestimabile tesoro. L'immortalità ce l'aveva, eppure ci avrebbe rinunciato all'istante.

«La sua famiglia ci beccò in flagrante e io fui riempito di botte e lasciato a morire in una stalla» gli rivelò il vampiro. «Lui invece fu ucciso, tanta che era la vergogna che aveva portato sulla sua famiglia.»

«E come sei diventato un vampiro?»

Giulio si perse con lo sguardo su Milano. Aveva la mascella serrata e Alessio riusciva tranquillamente a intravedere i tendini tesi sotto la barba.

«Era lo stesso vampiro che aveva trasformato Geremia» mormorò. «Mi trovarono e mi donò il parassita. La prima cosa che feci fu cercare Ludovico, ma non l'ho mai trovato. Fu suo padre a rivelarmi di averlo ucciso con le sue mani e lo ammazzai. Sterminai l'intera famiglia Adimari o almeno quelli che abitavano con lui.»

Città di sangue [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora