3 - Crepe

88 18 50
                                    

Alessio, mentre asciugava con cura la pelle dall'acqua, non seppe se preoccuparsi più per la perdita di memoria o per quei due tizi mascherati che l'avevano spaventato a tal punto da farlo scappare. Possibile che in un normalissimo locale girassero droghe allucinogene in grado di portare a episodi simili?

Si vestì e collegò l'asciugacapelli al muro, con la stessa fretta che avrebbe avuto una qualsiasi persona in ritardo per un appuntamento. Lui non lo era affatto, ma le pareti di casa avevano iniziato a farsi tutte pericolosamente più vicine. Doveva uscire il prima possibile se non voleva ritrovarsi rinchiuso in un cofanetto e soprattutto in balia del più crudele degli attacchi di panico.

Era proprio un ricordo quello che aveva toccato sott'acqua, pensò mentre l'aria calda gli frustava i capelli e il volto. Il sottile maglioncino nero pizzicava la pelle, ma non era sicuro che fosse il contatto con la lana o il caldo che stava provando a dargli quella sensazione. Magari era la paura, perché ne aveva e la avvertiva farsi lentamente più vicina al cuore. Un piccolo verme che dallo stomaco risaliva più su, insieme a un sapore che si collocava tra l'acido e quello amaro del caffè che aveva bevuto.

Trattenne il vomito con cura e indossò le sneakers. Raccolse lo zaino e ci infilò un libro e un quaderno con delle penne, dando poi un'occhiata alla scrivania che avrebbe avuto bisogno di una sistemata. Sperò di non aver dimenticato nulla, ma quando si voltò per avanzare verso la porta trovò Fabio sull'uscio che lo guardava con l'espressione di chi stava cercando le parole adatte prima di parlare. Le labbra erano strette e sotto la barba si vedevano a malapena. Alessio provò l'impulso di sorridere, poiché appariva buffo con quella faccia.

«Non volevo farti la predica, prima» puntualizzò suo fratello.

Il ragazzo si sentì improvvisamente più leggero e sorrise.

«Lo so, ma me la sarei meritata comunque.»

«In parte sì e in parte no» disse Fabio, per poi avanzare verso la scrivania. Raccolse le chiavi e il suono emesso fece ricordare ad Alessio che stava per dimenticarle lì.

Suo fratello gliele porse e continuò: «Da ragazzi è normale fare degli errori simili, vorrei solo tu sapessi che vivere da soli, a quasi settecento chilometri di distanza dalla propria famiglia, a volte è appagante, ma anche triste.»

Non aveva mai sentito Fabio parlare in quel modo, immaginò mentre ricordava i tempi in cui erano sempre insieme a giocare ai videogiochi o al ristorante a trovare nuove idee per la sistemazione dei tavoli e tanto altro. Era sempre raggiante, pensò. Le sue labbra non erano mai state nascoste dalla barba, poiché strette in una linea di tristezza.

«Dovrai cucinare, pulire casa, fare la spesa e stare attento a non causare problemi ai tuoi genitori che già fanno tanto per tenerti qui» terminò, per poi infilare le mani nelle tasche dei pantaloni del pigiama.

Gli occhi di Alessio presero a pizzicare e per quanto non avesse mai fatto difficoltà a trattenere le lacrime in molti momenti della sua vita, in quell'istante non ne ebbe nemmeno il tempo per provarci. Le avvertì tiepide e copiose scendere giù dagli occhi e il respiro che gli si fermò in gola lo costrinse a singhiozzare, affamato d'aria.

Fabio lo circondò subito con un abbraccio e Alessio si lasciò andare ancora di più a quel malessere. Sapeva che doveva far uscire tutto e si sarebbe sentito leggero come una foglia, libero da quell'ingombrante vermiciattolo che rosicchiava l'anima.

«Milano è proprio la città giusta per te, in ogni caso» mormorò Fabio, mentre gli accarezzava i capelli. «Tutto funziona alla perfezione, il che è ottimo per un damerino come te!»

Alessio si lasciò sfuggire una risata tra i singhiozzi e si staccò dall'abbraccio. Asciugò il volto con le maniche del maglioncino e annuì.

«Sì, è che averti qui mi faceva sentire ancora un po' a Napoli.»

Città di sangue [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora