16 - Progenitore

21 3 1
                                    

La luce delle fiamme battezzò Giulio non appena spalancò le porte della chiesa. Il vento che soffiava fuori si introdusse di soppiatto nella navata e solleticò le fiamme fino a farle tremare.

Il vampiro guardò verso l'altare e trovò il Corvo in compagnia del Coniglio e di Geremia. Odiò le due figure incappucciate e mascherate, odiò il modo in cui era legato all'uomo che si nascondeva dietro il lungo becco. Strinse i pugni fino a far impallidire le nocche e avanzò, chiedendosi per quale motivo era stato invitato a quell'improvvisa riunione.

Era strano guardarsi intorno e non trovare la presenza dei vampiri che erano fedeli a Sekhmet, tutti avvolti nelle loro vesti rosse. Doveva essere qualcosa di serio, pensò.

Raggiungere l'altare voleva dire piegarsi a un piano che non era più suo, ma il corpo non rispondeva all'idea di scappare lontano e vivere la sua immortalità al riparo dal filo invisibile che lo legava al Corvo. Nemmeno a quella di fargli saltare in aria la testa. Era schiavo proprio come cinquecento anni prima, con la sola differenza che quando lavorava per la famiglia Adimari non faceva del male a nessuno se non a se stesso.

Quella realizzazione gli si condensò in gola sottoforma di un amaro groppo che non voleva saperne di scendere giù.

«Ancora a ronzare intorno ad Alessio» commentò il Corvo. Nonostante l'interferenza nella sua voce il tono sarcastico era fin troppo udibile e aggiunse ancora: «Quindi è stato un bene che il mio parassita abbia avvertito il dolore di quello di Alessio. Abbiamo potuto salvarlo e tu hai ancora la tua distrazione.»

«Non è una distrazione» puntualizzò Giulio, gelido mentre saliva i gradoni che lo avrebbero portato sull'altare.

Il Corvo non rispose, nonostante la sua maschera grottesca fosse ancora sul vampiro, visibilmente a disagio per le parole che gli aveva rivolto. Dal canto suo il Coniglio era in disparte mentre si torturava le pellicine delle dita con fare nervoso. La sua maschera bianca di peluche aveva dimensioni che andavano in netto contrato con quelle del suo corpo minuscolo. Era una ragazza alta sul metro e cinquanta. Giulio e Geremia sapevano solo questo di lei.

La strega era lì contro la sua volontà, sapevano anche questo. Il Corvo l'aveva costretta a stringere un patto di sangue che avrebbe portato alla morte dei suoi genitori se non l'avesse rispettato. Un altro orrido filo da utilizzare per legare persone innocenti a lui.

«Ho viaggiato a lungo per procurarvi questi» disse il vampiro mascherato, tirando fuori dalla sua tunica tre provette contenenti un liquido giallognolo. «Ho costretto degli scienziati a trovare degli anticorpi al V-183, di cui ho raccolto dei campioni mentre eravate a zonzo per Milano come due esseri umani.»

Sputò le ultime due parole con un tono così disgustato da risultare perfettamente comprensibile nonostante l'incantesimo di occultamento presente sulla sua voce.

Porse le provette ai due vampiri e a Giulio ne diede due.

«Una ovviamente è per Alessio» sottolineò il Corvo. «Basta un'iniezione intramuscolare.»

«Come agisce?» chiese Geremia mentre rigirava la provetta tra le sue mani.

«Le diramazioni del parassita si dirigeranno nel sito dell'iniezione per contrastare l'ingresso dei corpi estranei, ma questi reagiranno con gli enzimi dell'Ematolagnus ed entreranno dentro di lui per poi renderlo immune al batterio V-183» spiegò il Corvo.

Giulio si soffermò sul liquido giallo che ondeggiava all'interno della provetta e si chiese come avesse fatto il suo creatore a trovare un antidoto così velocemente. Era un mondo nuovo perfino per lui che ormai era vivo da cinquecento anni. Non osò immaginare il peso che Alessio poteva sentire sulle sue spalle, vista la violenza con il quale era stato iniziato al lato oscuro che si nascondeva in mezzo agli esseri umani.

Città di sangue [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora