7 - Ematolagnus

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Il mare nero in cui galleggiava Alessio parve essere il paradiso a lui destinato, il corpo privo di vita incastonato nello scuro cristallo della morte che ogni tanto era scosso da spasmi. A lui, però, andava bene in quel modo. Era lontano dalle persone, sangue per le sue zanne, incapace di nuocere al prossimo.

"Non doveva andare così" pensò, sicuro che una lacrima stesse solcando il volto che un tempo gli apparteneva. La mente si posò sulla sua famiglia e su tutti i cari che avrebbero ricevuto la notizia, ignari del movente che lo avevano spinto a gettarsi nel vuoto e a strapparsi la vita di dosso.

Non era un incubo, allora. Era davvero stato trasformato in un vampiro e aveva quasi ucciso suo fratello. Perfino nel lago nero della morte poteva ancora ricordare il sapore del suo sangue e le urla da lui emesse per il dolore del morso. E chi sarebbe stato il prossimo se avesse deciso di continuare a vivere in quel modo? Sua madre? Suo padre? Suo nipote Mattia? Qualche suo compagno di università? Nessuno era al sicuro e di quello ne era certo. Non avrebbe potuto resistere all'angelica melodia che lo spingeva a bere il sangue degli umani fino a lasciarli privi di esso.

Un piccolo bagliore rosso attirò la sua attenzione in mezzo a tutta l'oscurità. A poco a poco perse la luce e rimase un guscio roseo e semitrasparente a cui poteva intravedere degli organelli che si muovevano pigramente. Sembrava un uovo molliccio ed era dotato di tentacoli. Galleggiava nel buio insieme a lui ed ebbe l'impressione che stesse danzando nel vuoto.

D'improvviso una mano guantata lo afferrò e la creatura cominciò a frustare l'aria con i suoi tentacoli per liberarsi da quella stretta poco gradita. La figura che lo aveva in pugno indossava una lunga veste nera che si confondeva con il colore dello sfondo e un cappuccio largo copriva la sua testa, il cui volto era nascosto da una maschera da antico medico della peste. Il lungo becco lo faceva sembrare un uccellaccio malevolo da cui tenersi alla larga.

L'incappucciato gli si avvicinò e lo costrinse a ingoiare la creatura senza che lui potesse opporsi. Alessio fece del suo meglio per ignorare la sensazione di viscido che gli aveva sporcato labbra e bocca o la lenta discesa che l'uovo compì fino al suo stomaco.

Ecco, pensò. Era quello l'organismo estraneo che lo costringeva a bere sangue. La variabile che lo rendeva diverso da un umano era racchiusa in quell'uovo dall'aspetto insignificante. Chiunque avrebbe potuto schiacciarlo con un piede e farne una macchia inerte, ma non era andata in quel modo. Si era fuso a lui fino a sentirlo nella carne, come un secondo cervello che lo spingeva a comportarsi come un mostro.

Il silenzio tutt'intorno cominciò a prendere la forma di un leggero vociare. Alessio non poté distinguere alla perfezione il discorso che si stava tenendo fuori dal buio e dall'immobilità in cui era ghiacciato, ma alcune frasi riuscirono ad arrivare alle sue orecchie.

Deve essere un novellino.

Dici che ha fatto male a qualcuno?

Per me dobbiamo ucciderlo e anche alla svelta!

Il suo corpo smise di volteggiare nel buio e sentì sotto di esso una morbidezza tale da fargli venire voglia di restare lì più a lungo possibile. Le mani stavano sfiorando del velluto e a poco a poco riuscì a muoverle.

Quella che era oscurità divenne un sontuoso salotto dalle pareti beige sulle cui pareti erano appesi ritratti di paesaggi a lui sconosciuti. Scorse campagne, montagne e cieli che avrebbe tanto voluto visitare. Lasciò poi cadere lo sguardo su un grosso tavolo rettangolare al centro della stanza in legno lucido e scuro. Gli occhi colsero subito una bottiglia di vetro contenente un liquido rosso e vivo da sembrare nero e al suo fianco due calici trasparenti da vino vuoti.

Una finestra leggermente aperta lasciava entrare soffi d'aria pulita e tiepida e faceva muovere delle tende color avorio in una danza ipnotica. Qualcosa alla sua sinistra, però, si mosse e Alessio ne avvertì lo spostamento. Si voltò e trovò un ragazzo alto a fissarlo con aria sospetta. Gli occhi grandi e neri lo studiavano con una sincera preoccupazione. Sotto la barba scura e uniforme poteva scorgere un'espressione tesa, come se fosse in attesa di un evento che potesse turbare l'equilibrio della situazione.

Città di sangue [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora