Capitolo 8: Incontrarsi

15 3 24
                                    



Il freddo la circondava come il bozzolo di una crisalide dall' esterno il suono delle onde che s'infrangevano sulla spiaggia le giunse alle orecchie come provenienti da un mondo lontano. Poteva sentire il rumore del sangue che veniva pompato nelle sue vene ed il gocciolare dell'acqua dai suoi capelli e vestiti.

Era distesa su qualcosa di duro e sconnesso che la costringeva ad una posizione scomoda, tuttavia, anche quello era lontano. Provò a costringere la sua coscienza a non nuotare nel bozzolo, a destarsi. Man mano che lo faceva la sua mente tornava alla realtà e le sensazioni, dapprima lontane, divennero reali.

Lentamente si svegliò ed il bozzolo in cui si sentiva avvolta si dileguò come il velo di una coperta, sostituito dalla percezione del vento sulla sua pelle e da quella dei raggi del sole.

In lontananza, dei gabbiani o delle gallinelle d'acqua lanciavano il loro richiamo come un saluto al nuovo giorno.

La ragazza strizzò gli occhi per il dolore nel momento in cui si mosse, così facendo, alcuni sassi si erano spostati provocandole fastidio alle vertebre ed al collo.

Aprì le palpebre rendendosi conto di stare osservando un cielo tinto dei colori dell'alba e, non le ci volle molto per rendersi conto che non si trovava più nella sua stanza.

Si mise a sedere, lentamente, per guardarsi attorno con aria smarrita e riconobbe quella spiaggia; era una delle spiagge pubbliche della città e ci aveva lavorato al baretto che la gestiva qualche estate addietro. Ma non ricordava minimamente com'era riuscita ad arrivarci.

Non ricordava nemmeno di essere uscita di casa né di come avesse fatto, d'altronde, non era una cosa che accadeva ai sonnambuli? Sarebbe stata quella la sua vita d'ora in avanti? Svegliarsi in posti strani ogni notte?

Un gabbiano volò sopra la usa testa ed atterò poco distante da lei scrutandola per poi cercare con interesse qualcosa tra le rocce. Lei non lo degnò di uno sguardo e cercò di alzarsi consapevole che avrebbe fatto meglio a tornare il più in fretta possibile a casa se non voleva correre altri guai.

Se era appena l'alba, dovevano essere all'incirca le 6:00 del mattino o poco prima. Non aveva molto tempo per tornare senza farsi scoprire, anche se, era pur sempre sabato; I suoi avrebbero dormito un po' più a lungo quella mattina e, con un poco di fortuna, ce l'avrebbe fatta.

Camminò con cautela dato che non aveva le scarpe ed arrivò ad una fermata dell'autobus che, per sua fortuna, non tardò ad arrivare.

Il conducente non la degnò di uno sguardo. Storia diversa fu per alcune persone presenti sul mezzo che probabilmente si stavano recando al lavoro o ad una gita; Molti la squadrarono da capo a piedi lanciandole occhiate piene di diffidenza. Durarono molto poco, tempo qualche minuto, e già tutti erano presi dai propri cellulari o dalle proprie chiacchere.

Certo, non che si sentisse a suo agio con i pantaloncini con i cuori e la maglietta dei Muse che aveva addosso. Ma non poteva farci nulla.

Passò tutto il viaggio a mordersi un'unghia e a guardare di fuori sperando di arrivare il prima possibile alla sua fermata. Fortunatamente, quella mattina non c'era molto traffico e le strade non erano particolarmente congestionate.

Quando arrivò scese e corse con una tale velocità che fù costretta a scansare alcune persone in malo modo. Corse per la salita che portava a casa sua con il sole ormai splendente sulla città e solo una volta arrivata davanti alla porta si fermò osservando attraverso le persiane se ci fosse qualcuno in cucina;

Vide suo padre scendere pigramente dalle scale per andare a preparare la moka del caffè e questo non era un bene per lei. Alzò lo sguardo osservando la finestra della sua camera completamente aperta; doveva essere rimasta aperta tutta la notte, meno male che nessun ladro sembrava essere entrato.

L'ultima epopea - La vittoria di VenereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora