Capitolo 13 : Combatti.

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Erica sapeva dove si trovava né come ci fosse arrivata; il buio la circondava completamente e tutto quello che sapeva era di essere sul fondale marino da qualche parte nel mondo.

Non riusciva a vedere nulla e, come l'altra volta, vide in lontananza una conchiglia colpita dalla luce a cui attorno giravano i soliti pesci. Non voleva avvicinarsi, l'ultima volta un turbine di plastica e rifiuti vari l'aveva attaccata e la conchiglia era svanita lasciando il posto ad un'auto affondata. Cercò attorno a sé un'altra via d'uscita, ma tutto era buio e senza vita attorno a sé. E poi c'era quel freddo che sembrava entrarle nelle ossa facendola tremare.

Sconsolata, si diresse comunque verso la conchiglia. Al suo arrivo, i pesci, la lasciarono passare così come la prima volta; Non ci volle molto prima che una donna fuori uscisse da quello scrigno naturale mostrandosi in tutta la sua divina bellezza.

La ragazza ne era certa, era Venere la dea dell'amore e della bellezza greca e romana in tutto il suo sensuale splendore.

La dea osservò per qualche secondo la ragazza come a volerla valutare e poi scese dal suo giaciglio; le sue movenze erano lente ed armoniose come si addiceva a una dea della bellezza. Volse un braccio verso la sua ospite appena arrivata mettendo in mostra uno dei diti più lungo degli altri.

- Vita tua est in periculo. Mors nunquam moritur. Eum vincere non potes. Sed dabis ei vires marium? –

La sua voce era cristallina e dolce come il miele ma, per quanto Erica fosse brava, non riuscì a capire ogni singola parola della dea e tentò di parlarle;

- Non capisco cosa vuoi dirmi! – La figura roteo i suoi occhi azzurri e li riposò sulla ragazza.

- Certo che voi umani siete diventati veramente stupidi. – Il tono della dea sembrava decisamente meno formale in quel momento.

- Ti ho chiesto se sei decisa a cedere al nemico la forza del mare. Tu che sei stata scelta dal gioiello per liberarci! Morirai così? – La dea si spostò leggiadramente verso il banco di pesci ed un delfino dall'aria giocosa ne uscì alla ricerca delle braccia della sua padrona. Lei lo accolse come si fa con un'animale domestico e lo accarezzò sotto il muso attendendo risposta dalla ragazza.

- Non so a cosa ti riferisci non so nemmeno come sono finita qui! – Urlò facendo fuori uscire una grossa bolla dalla sua bocca che la spaventò. Erica se n'era quasi scordata, era sott'acqua e respirava e parlava normalmente senza alcun problema. Il delfino si scostò dalla mano di Venere e si diresse verso di lei in cerca di nuove attenzioni.

Dopo un paio di giravolte attorno a lei, lo accarezzò con la sua mano; era di carattere docile e non si sottrasse alle sue carezze come se la conoscesse da una vita.

- Ragazza! – L'imperativo della dea risuonò attraverso il liquido facendole staccare la mano dal delfino bisognoso di coccole. In un solo istante la voce era diventata aspra come se fosse fatta di mille pezzi di vetro sfregolanti.

- Smettila di giocare con il mio delfino e sbrigati a venire al mio tempio. È ormai troppo tempo che siamo intrappolati in questo modo. Combatti! combatti coloro che verranno o il tuo mondo svanirà per sempre! – il banco di pesci si mosse velocemente ed avvolse la sua figura trasformandola in quella di Demetrio. Un Demetrio nudo e con i morbidi capelli ondeggianti nell'acqua marina che la guardava con il migliore degli sguardi seduttivi; - Combatti! Dove La natura volge il suo sguardo sotto le parole del poeta! Combatti! –

- Ma cosa vuol dire?!-

La Figura la spinse via nel banco di pesci, disorientando la povera Erica, che si ritrovò ancora una volta nel bel mezzo di quello che sembrava un tornado di rifiuti. Quando riuscì a riprendere il controllo cercò di nuotare ma attorno a lei c'era solo una mastodontica quantità di rifiuti e plastica che la imprigionava ogni volta che si muoveva.

L'ultima epopea - La vittoria di VenereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora