Quella notte fece sogni agitati, tutti in bianco e nero;
Non era la prima volta che le capitava, d'altronde l'ambiente in cui era cresciuta non era mai stato colorato, tanto da farle pensare che eliminando dalla vita quotidiana tutti i colori forse questi sarebbero scomparsi.
Faceva spesso anche degli incubi, ma nessuno era mai stato così vivido. Ogni sogno cominciava con la donna che aveva visto quel giorno, durante l'attentato dei Ribelli.<<Akila!>> gridava a squarciagola, come se da questo dipendesse tutta la sua vita,versando dense lacrime nere che creavano una pozza nera come la notte.
Dopo la donna scompariva e al suo posto appariva sua madre.<<Perdonami, perdomani tesoro!>> piangeva in ginocchio, le lacrime che le rigavano il volto come non succedeva dalla morte di suo padre.
Così Nova si avvicinava alla donna ma, proprio mentre stava per raggiungerla, questa si volatilizzava in una nube di fumo e, dove fino a un attimo prima vi era sua madre, ora si trovava un cadavere.
Nova correva e correva, tuttavia più si affrettava più il corpo sembrava allontanarsi; quando dopo quelli che sembravano millenni riusciva a raggiungerlo, un urlo le si levava dal petto: Raphael giaceva in una pozza di sangue, avvolto da tenebre e con un coltello ficcato nel cuore.
Sebbene ci provasse, però, Nova non riusciva mai a sfiorarlo, poiché alla fine del sogno appariva sempre quello che le sembrava un angelo.
La creatura, con ali candide striate di nero e capelli identici ai suoi, sembrava implorarla, sembrando più che mai una semplice donna spaventata.
Nonostante ciò, però, Nova capiva subito dal primo sguardo la forza che quegli occhi nascondevano.
Occhi grigi, proprio come i suoi.
L'angelo le si avvicinava e, a un soffio da lei, le sussurava:<<L'ultima possibilità>>
Dopo Nova si svegliava agitata e, nonostante il sogno le sembrasse sempre lungo un'eternità, scopriva che in realtà non aveva dormito poi tanto ma, addormentandosi di nuovo, il ciclo si ripeteva tanto da tingere di nero il cuscino grazie alle sue lacrime.
Dopo un po' decise di alzarsi e mettersi a cucire, poiché nulla l'avrebbe calmata come ago e filo facevano.
La luce calda della stanza la infastidiva e le mani le tremavano, anche se almeno aveva smesso di piangere.Il nuovo progetto a cui stava lavorando era un elaborato abito grigio, con le maniche a sbuffo e la gonna a ruota ornata di perle. Con quel vestito desiderava dimostrare che anche il grigio poteva essere un gran colore e doveva ammettere che ci stava riuscendo piuttosto bene. Eppure quell'attivita non la stava rilassando come di solito faceva,poiché ogni volta che chiudeva gli occhi le tornava alla mente il sogno, dovendo così interrompere la sua attività a favore di una lunga doccia con acqua bollente. Lasciando la stanza ebbe l'immancabile sensazione di doverle dire addio per come la conosceva, poiché qualsiasi cosa fosse successa a mezzogiorno, se non fosse stata catturata o uccisa, l'avrebbe sicuramente cambiata nel profondo.
Entrò in bagno spogliandosi, appoggiando poi le mani sul freddo marmo del lavandino e constatando come tutti i banchetti a cui aveva partecipato nel corso di quei mesi avessero giovato al suo corpo, rendendola meno esile e magra; i suoi occhi, però, non erano mai stati così spenti. Si sentiva incatenata nell'assordante silenzio di quella notte, che la lasciava sola coi suoi lugubri pensieri.
Aprì l'acqua della doccia, lasciando che il calore la avvolgesse e interrompesse il suo flusso di pensieri.
Ebbe l'impressione di restare sospesa sotto il getto per millenni, eppure quando si decise a chiuderlo e ad asciugarsi sentì subito l'impulso di riaprirlo, ancora più caldo di prima.
L'acqua calda, infatti, era forse una di quelle cose a cui non sarebbe mai riuscita ad abituarsi del tutto.Si era svegliata proprio in quel momento a metà tra un giorni e l'altro, quando diventa difficile distinguere la tarda notte dai primi albori di una nuova giornata e ci si ritrova a chiedersi semplicemente se si debba cenare o far colazione.
Ancora un po' intontita uscì dalla doccia e si avvolse in un morbido asciugamano, poi si tamponò i capelli fradici e li lasciò asciugare all'aria, come per anni aveva fatto a casa sua, dove comprare un asciugacapelli era solo il sogno di una bambina.
Sapeva perfettamente di essere giunta a un bivio: ciò che sarebbe successo nelle ore seguenti avrebbe cambiato il corso della sua vita. Aveva addirittura preso in considerazione l'idea di non presentarsi all'incontro, ma così avrebbe rischiato solo di peggiorare la situazione.Dopo scelse cosa indossare, rigirandosi il funesto biglietto tra le dita e rileggendo migliaia di volte quelle parole che l'avevano turbata nel profondo. Dopo un po', le parole persero significato e, come svuotata di ogni emozione, la ragazza mise meccanicamente un lungo vestito azzurro con la gonna a pois bianchi.
Completamente in silenzio, consumò velocemente la sua solita colazione e, per evitare di pensare troppo a ciò che l'attendeva, concentrò i suoi pensieri sui dettagli delle sedie di broccato delle sala da pranzo, senza tuttavia riuscire a distrarsi del tutto.Si sentiva svuotata, distante dalla realtà; aveva l'impressione di osservare ciò che le stava accadendo come attraverso un vetro oscurato. Non sapeva se disperarsi, piangere e gridare o semplicemente godersi gli ultimi istanti di "tranquillità". Non aveva neanche pensato di avvertire Raphael o i suoi familiari, ma ormai non le importava più di nulla.
Poi si sdraiò e lì cominciò di nuovo a piangere, svuotandosi di qualsiasi emozione e addormentandosi immobile, in un sonno senza sogni.
Si svegliò quando l'orologio segnava le undici del mattino, giusto in tempo per cambiarsi nuovamente d'abito e uscire di casa. Decise di raggiungere la via indicata a piedi, dopotutto Via Liberazione era piuttosto vicina all'attico di Raphael. Provava una strana sensazione, sapeva di aver già sentito il nome di quella via, ma non ricordava in quale contesto e un cupo timore le stringeva lo stomaco.
Percorse le strade acciottolate di quella piccola porzione di città che non conosceva la fame e la povertà, superando colorati negozi di abiti all'ultima moda e vivaci ristoranti che solo i più abbienti esponenti del Regime potevano permettersi. Fu solo quando svoltò l'angolo della via che si ricordò improvvisamente perché quel nome le suonasse così familiare. Dopotutto l'enorme costruzione di marmo bianco, circondata da colonne fra le cui nicchie si intervallavano statue colorate dei grandi nomi del Regime, non lasciava spazio all'immaginazione: si trovava al Centro di Controllo del Regime, il luogo in cui veniva amministrata tutta la parte sud-occidentale del paese.Tremando, si avviò sulla grande scalinata candida e si sorprese di non trovare nessuno che la fermasse nella sua ricerca dell'ufficio 13. Seguendo diligentemente le istruzioni del biglietto, attraversò corridoi con pareti dorate, sale con tetti ricchi di pietre preziose, stanze interamente monocromatiche e anche piccoli uffici completamente in legno. Raggiunse il piano 78 grazie a un ascensore di vetro, trovandosi così immersa nell'arancione. Tutto in quel piano era di una tonalità di arancione: i pavimenti, i mobili in legno d'acacia, i lampadari con pendenti preziosi e perfino la carta da parati che raffiuguarava una foresta ricca di fiori.
Giunta davanti alla porta dell'ufficio 13, controllò l'ora e scoprì d'essere in perfetto orario. Travolta da un'improvvisa calma, bussò alla porta che, spalancandosi, rivelò una grande stanza dalla luce bassa e soffusa, nel cui mezzo brillavano degli occhi ambrati che Nova conosceva bene.
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La Dama di fumo e spine
RomanceIn un mondo governato da un regime spietato, devastato dalla guerra e segnato da un passato orribile, che accadrebbe se, per salvarsi la vita, due giovani fossero costretti a sposarsi senza nemmeno conoscersi? Nova, di umili origini e portatrice di...