Capitolo 5: Il mio posto sicuro

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Gabriel POV's

Il telefono squilla per l'ennesima volta, e la voglia di ridurlo in mille pezzi cresce sempre di più. Smette di suonare e io tiro un sospiro di sollievo, che viene ben presto interrotto dall'apertura della porta di casa. Jason entra e sparisce alla velocità della luce nella sua stanza.

<<ciao>> lo saluto senza ricevere risposta.

Io e lui eravamo sempre stati molto uniti, come fratelli. Dove andava lui, andavo io. Se qualcuno gli faceva del male, doveva vedersela con me e la stessa cosa faceva lui con me. Semplice e chiaro. Eravamo una cosa sola. Ora invece tutto è diverso. Siamo cresciuti, è vero, ma è come se quel forte legame che ci legava, in questi anni si fosse sgretolato sempre di più, rendendoci quasi degli estranei agli occhi l'uno dell'altro.

Io e lui. Gabriel e Jason. Gli squilibrati. I criminali. I pochi di buono. Così ci chiamavano e ci chiamano tutt'ora. E hanno sempre avuto perfettamente ragione.

Mi alzo e prendo una birra dal frigo, insieme ad un pezzo di pizza.

Mi avvicino alla sua stanza e busso.

<<amico, è andata male?>> chiedo sedendomi con la schiena alla porta.

<<non è proprio andata, se vuoi saperla tutta.>> risponde fiacco. Quello dietro la porta non era più il mio migliore amico. E io sapevo perfettamente cosa stava succedendo.

<<non le hai parlato?>> ritento

<<no>> risponde duro

<<l'hai almeno vista?>> chiedo aprendo la birra.

<<l-l'ho guardata da lontano>> dice e io sospiro profondamente.

<<Jason->> sospiro

<<lo so cazzo! Ma lei ora sa che sono qui. Ci vuole tempo. Ho tutto sotto controllo.>> dice e sento la sua voce più vicina, segno che si è seduto anche lui nel mio stesso modo.

<<le hai mandato un tulipano vero?>>

Lui non risponde, ma lo so che ho ragione.

<<non ti perdonerà così facilmente, se le fai arrivare solo dei fiori dopo sei anni, non le hai neanche scritto niente>> dico sistemandomi i capelli.

<<che ne sai che non le ho scritto niente?>> si impunta

<<perché ti conosco, idiota.>> dico e poi mi alzo.

<<senti, io ora esco. Ti lascio una birra e della pizza. Mangia>> dico appoggiando la fronte alla porta. È tutto così complicato.

Come sempre non ricevo risposta.

<<bene io vado, se hai b->> cerco di dire ma vengo subito interrotto

<<lo so, ti chiamo, ora vai>> dice e io cosi faccio, senza esitare. Prendo il cellulare e mi dirigo verso l'ingresso, quando dei rumori si propagano nell'appartamento. Vetri che si rompono, libri che cadono.
È successo di nuovo.
Sospiro ed esco, chiudendo la porta alle mie spalle. Non ho le forze per occuparmene ora, e questo fa male.

6 anni prima

Gabriel POV's

<<Jason, cazzo sei in ritardo! Non vorrai mica arrivare in ritardo il giorno del tuo matrimonio!>> urlo avvicinandomi alla sua stanza. Appena entro la visione che mi trovo davanti mi blocca.

La stanza completamente sottosopra. Vetri rotti, letto sfatto, scrivania girata e il mio amico seduto in un angolo. Sospiro e mi avvicino.

<<Jason>> dico, notando il sangue colare sulle sue nocche. Sposto lo sguardo sul muro e lo vedo sporco di sangue.

Noi siamo destinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora