NEMICI DELL'AMBIZIONE

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~17~

"Il dolore cambia le persone"

Era una situazione sconvolgente, ma il ragazzo di fianco a me aveva ragione, se avevo appena deciso di ascoltarlo era solo perchè non era stata una decisione presa con la testa. Non capivo, non capivo minimamente il mio modo di funzionare, credevo di sapere chi ero, credevo di conoscermi, ma da quando ero qui, mi stavo rendendo conto che stavano emergendo lati di me che credevo impensabili. Provavo attrazione per il mio rapitore e stavo considerando la sindrome di Stoccolma, ma da ciò che sapevo a riguardo, mi rendevo conto che tra le manifestazioni dalla sindrome di Stoccolma e le mie, cera un abisso. Non avevo mai giustificato le azioni di Austin, nè tantomeno lo avevo mai difeso. Ero ben consapevole di tutto quello che aveva fatto sia a me, sia per ipotesi ad altre persone. Potevo sicuramente pensare di essere pazza, pazza per arrivare al punto di non voler tornare a casa, ascoltare uno dei miei rapitori, comprenderlo e credergli. C'era indubbiamente qualcosa che non andava dentro di me, Dio solo sapeva cosa, perchè io non ne avevo idea. Mi coprii il volto con le mani scuotendo la testa quasi disperata. <<Che ti prende?>> iniziai a ridere istericamente, divertita e scioccata da quella domanda. Alzai la testa per incastrare gli occhi in quelli di Austin. <<Che mi prende? Oddio..di tutto francamente. Non mi riconosco piu. Voglio dire, dovrei essere una persona terrorizzata, traumatizzata, che dovrebbe passare la vita da uno psichiatra, uno di quelli bravi, per recuperare un briciolo di se stessa. Invece sono incazzata, tanto incazzata, per tutto quello che mi avete fatto passare, per il vostro atteggiamento, per l'essere all'oscuro del motivo del mio rapimento. Cazzo Austin, sono furibonda e non so perchè.>> sembravo sul punto di un'isteria, una di quelle violente e mi sentii ancora piu impazzita nel momento in cui vidi Austin osservarmi incuriosito, per nulla a disagio dal mio atteggiamento. Sicuramente lo stavo guardando con uno sguardo ebete e confuso. <<Sai il perchè vero? Perchè diavolo hai una risposta a tutto dannazione?>> stavo forse un po' esagerando ma ero in preda ad un turbine di emozioni e temevo che se non le avessi lasciate uscire sarei implosa. Austin sorrise divertito. <<Non ho una risposta a tutto, semplicemente ho un bagaglio di esperienza un po' piu pesante del tuo e dunque in passato ho avuto le tue stesse domande. Semplicemente ora ti regalo delle risposte.>> sospirai affranta. Chissà cosa aveva passato per starci bene in un mondo terribile come questo, me lo chiedevo da quando lo conoscevo, anche se aveva confermato poco prima che non era sempre stato cosi. Una parte di lui era morta tempo fa. <<Io non dovrei sentirmi cosi, dovrei stare male, stare terribilmente male e mi domando perchè invece ora voglio andare in fondo a questa storia.>> - <<Non chiederti come dovresti essere, chiediti piuttosto come ti senti. Non è sbagliato quello che stai provando. Hai sofferto in passato, hai vissuto la depressione, l'angoscia, la paura del silenzio e quel tipo di dolore ti cambia, non dico che ora tu sia immune a quello che stai vivendo qui, semplicemente lo elabori in modo diverso e finchè lotterai, non ci sarà mai nulla che ti può veramente fermare. Tu hai qualcosa di incredibile dentro di te Grace, la paura non ti paralizza, la paura ti accende, l'ho visto.>>
Ero sempre più sconvolta, ogni volta che Austin apriva bocca, venivo travolta da un turbine di emozioni, lo aveva fatto terrorizzandomi e ora lo faceva confortandomi, ma aveva ragione, la paura mi faceva reagire, e questo perché quando la polizia mi aveva chiamata dicendomi che mamma era in ospedale avevo provato una paura tanto profonda da paralizzarmi, ero stata paralizzata da quella paura per mesi e avevo vissuto col senso di colpa di nn aver reagito, di non essere stata in grado di farlo per mia madre. Da lì mi ero promessa che mai, mai avrei permesso alla paura di paralizzarmi ancora. Qui avevo capito di aver mantenuto la promessa, che benché fossi stata terrorizzata da due mostri, avevo sempre insistito al fine di trovare un modo per scappare. Aveva ragione lui, dovevo chiedermi come mi sentivo e forse era davvero giusto quello che provavo in questo momento. Avevo passato momenti orribili nella mia vita, prima di vivere questi e indubbiamente la mia mente aveva imparato a tutelarmi dalle sofferenze, alla fine ero più forte di altre ragazze, non ero cresciuta in una bolla di cristallo. Anche Austin era così, lo sapevo bene ora, forse ero alla disperata ricerca di qualcuno come me, di qualcuno che avesse conosciuto il dolore e potesse capirmi, anche se, quelle iridi blu come l'oceano avevano, sin dal primo giorno, scavato nella mia anima come nessuno aveva mai fatto.
<<Continui a chiedere a me come mi sento, mi rassicuri e a parte il fatto che sembra totalmente assurdo, voglio sapere come stai tu, voglio sapere come ti fa sentire trattarmi come una schiava e poi cercare di rassicurarmi. Scusa se non tengo a freno la rabbia, ma detto sinceramente trovo assurdo che mi rassicuri o che mi protegga quando l'unica persona da cui avrei bisogno protezione sei proprio tu.>> stavo girando il dito nella piaga e più sembrava abituarsi alla presenza di quel dito e più io scavavo a fondo. Ero stata zitta troppo a lungo e se io ero venuta a conoscenza del mostro che era Austin e di quanto ora potesse essere l'opposto, volevo che lui sapesse quanto anche io potessi essere cattiva. Mi alzai per andare al mini bar e versarmi due dita di Bourbon, avevo bisogno di bere, ora più che mai, scorsi l'angolo della bocca di Austin sollevarsi leggermente ma non ci badai, portandomi il bicchiere alla bocca e berne un sorso. <<Credevo non bevessi.>> sorrise. Lo guardai torva. <<Credevi male.>> sebbene stessi scagliando coltelli affilati contro di lui, lui in risposta sembrava sempre più compiaciuto, come se potesse vedere per la prima volta la mia ombra.
<<Per risponderti, non so come mi sento, so solo che ora mi sento più me stesso di quanto mi sentissi prima di farti del male. Credo che avessi paura, paura delle punizioni del Padrone, paura delle conseguenze, paura di non essere abbastanza secondo le aspettative. Così ho fatto quello che andava fatto perché mi veniva ordinato ed ero il migliore, poi è diventata abitudine, ma ti assicuro che io non volevo questo, non volevo vivere così, non volevo far del male alle persone, loro->> lasciò ciondolare la testa, in un gesto pentito e addolorato. <<-mi hanno creato, hanno creato il mio mostro, non potrò mai liberarmi di esso.>> quando si trattava di mostri, potevo dettarne un'enciclopedia tanto ne sapevo sull'argomento. Certi mostri non ti lasciano più, puoi imparare a controllarli ma non se ne andranno mai. Istintivamente gli posai una mano sulla spalla e la sua testa scattò sorpresa verso di me, osservandomi dal basso. Non c'era bisogno di parole, ma di sguardi, sguardi che fecero capire ad entrambi che ci capivamo troppo bene per sapere cos'altro dire, qualsiasi altra parola sarebbe stata superflua.
Avvicinai l'atra poltrona e mi sedetti di fronte a lui, costringendolo a girarsi per essere l'uno di fronte all'altra. Nonostante la rabbia, lo capivo, capivo il motivo delle sue scelte, forse non di tutte, ma lo capivo e questo mi costringeva a voler scoprire di più, a mettere fine alla rivalità tra di noi, impedendomi di sentirmi a disagio. <<Non voglio sembrarti invadente con questa domanda e sei libero di non rispondermi, ma vorrei sapere cosa ti è successo, perché parli di punizioni? Credevo che solo le schiave venissero punite.>> il mio tono si era affievolito, la rabbia si stava lentamente dissipando, lasciando spazio all'interesse di conoscere la persona che avevo di fronte. Austin abbassò lo sguardo e una risata sottile abbandonò le sue labbra. <<Scusa, non mi ha divertito la tua domanda, stavo solo pensando alle punizioni e no, non solo le schiave vengono punite. Ricordi quando ti ho detto che eravamo tanti Custodi?>> annuii. <<Siamo stati tutti schiavi a suo tempo.>> sgranai gli occhi deglutendo a fatica. Pensare che Luke, Austin e altri ragazzi schiavi, vedendoli ora, mi sembrava assurdo persino da immaginare. <<Cosa vuoi dire?>> si massaggiò il ponte del naso, forse a disagio o semplicemente combattuto. <<Austin, non sei obbligato a parlarmene.>> cercai di rassicurarlo, ero curiosa si, ma non volevo forzare la mano. <<No, io..voglio farlo. Voglio che tu smetta di vedermi come un mostro o perlomeno che tu capisca la causa del perchè io sono cosi.>> diedi il mio bicchiere ad Austin, certa che ne avesse bisogno e me ne preparai un altro per me. <<Grazie, ma vacci piano.>> mi voltai di scatto. <<Ma che dici, ne ho bevuto solo un sorso di quello che ti ho dato.>> sorrisi colpevole, sapevamo entrambi che i sorsi erano due, uno sguardo divertito illuminò il volto di entrambi. Iniziava ad esserci una certa complicità.
Poggiò la schiena contro lo schienale della poltrona e una volta che ero seduta riprese il racconto. <<Avevo quattordici anni, vivevo a Seattle, frequentavo le superiori. In quel periodo si sentivano notizie strane, notizie di ragazzi che scomparivano nelle città vicine. I volantini con i loro volti erano arrivati fino alla mia città. Ricordo cosi nitidamente quei fogli attaccati ovunque, lampioni, muri, pali elettrici, il tempo e la pioggia sfumavano quei volti di ragazzini che non avevano più della mia età. Mi si accapponava la pelle a vedere quei volantini ogni mattina mentre andavo a scuola o quando tornavo a casa, mi domandavo dove fossero finiti.  Un tardo pomeriggio ero uscito da scuola dopo la chiusura, ero rimasto qualche ora in più per dei lavori extrascolastici. Era novembre, ricordo il freddo, fuori era buio da parecchio tempo. Ricordo che inizialmente avevo il volto avvolto nella giacca e guardavo le scarpe, la luce dei lampioni illuminava il grande prato del cortile e più camminavo e più il marciapiede si faceva stretto e le macchine più distanti. Ricordo solo di aver oltrepassato una zona buia, vicino ad una siepe e poi un colpo doloroso sulla testa. Quando mi sono svegliato il giorno dopo, la mia vita era cambiata, c'erano altri ragazzi come me, e in quella topaia in cui ero, ricordo di aver riconosciuto dei volti, i volti dei ragazzi scomparsi e finalmente sapevo che fine avevano fatto, capii che io e loro, avevamo lo stesso finale. Questo è quanto.>> bevve un sorso e un sospiro sussegui. Più lo osservavo più lo trovavo incredibilmente bello, aveva dei lineamenti del viso un po' spigolosi, duri, e quegli occhi, quei maledetti occhi, oscurati dall'ombra di folte sopracciglia scure. Mi si serrò la gola, costringendomi a deglutire a fatica. Era inutile sopprimere l'attrazione che provavo per lui. Era la mia fottuta condanna.
<<Questo è quello che posso dirti ora.>> benedii quella conclusione per avermi rinsavita dalle mie fantasticherie. <<Continuo a non capire. Voglio dire, perchè rapire se sei stato rapito e quindi sai esattamente come ci si sente.>> mi guardava attentamente, in modo indagatorio e mi sentii un pò in soggezione. <<Grace, è come chiedersi perchè lavori in ufficio tutto il giorno e ti fai venire il mal di schiena per un lavoro che nemmeno ti piace.>> capii subito a cosa si riferisse e capii che qualsiasi domanda logica mi fossi posta, ci sarebbe sempre stata una spiegazione più intricata. Osservai il suo braccio sollevarsi mentre si portò il bicchiere alle labbra, notai il suo bicipite contrarsi leggermente a quel movimento e un brivido mi percorse la spina dorsale. <<Dovremmo andare, se Luke torna e ci vede qui potrebbe essere un problema.>> annuii bevendo anch'io l'ultimo sorso di quel liquido ambrato, che poco dopo mi bruciò la gola, perlomeno ero rilassata. <<Come ci comportiamo?>> si alzò in piedi sistemando al suo posto la poltrona, mi sentivo cosi piccola mentre mi scrutava dall'alto. <<So che temi Luke, ti proteggerò anche da lui, ma dovremo fingere che tutto questo non sia successo, dovremo fingere che tu sei ancora sottomessa e sei la mia schiava. Qualsiasi cosa mi verrà in mente di fare tu seguimi, fingi e fidati di me, qualsiasi cosa accada non ti farò veramente del male.>> non sapevo se essere sollevata da quella dichiarazione o se essere titubante davanti al suo "non so cosa mi verrà in mente ma fidati". Sapevo solo che non avevo alternative, ero ancora scettica davanti al suo cambio di prospettiva e d'intenzione, speravo solo che non fosse una cosa passeggera. Ero troppo avanti per fare passi indietro e comunque, avevo già accettato di essere in questa situazione, non avevo piu niente da perdere quindi perchè non dargli retta. <<D'accordo. Torno sulla sedia?>> - <<No, va a farti una doccia e cambiati, prenditi del tempo, se Luke torna gli dirò che il medico ha detto che è meglio lasciarti fare le cose in autonomia. Capirà.>> - <<Grazie Austin, non solo per la protezione, ma per esserti aperto con me, non avevo idea.>> - <<Lo so, fa parte del lavoro, ma francamente, sono contento di essermi tolto un gran peso.>> eravamo in due a sentirci allo stesso modo. Feci come disse, andando in camera mia. Presi dall'armadio dei pantaloni della tuta grigi e una maglia a maniche corte nera, insieme all'intimo. Il mio soggiorno qui sarebbe durato ancora per un po', tanto valeva mettersi comodi.

D E S T R O Y E D &lt;&lt;oscuro come il futuro, misterioso come chi ti sta vicino&gt;&gt;Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora