Caleb Meadows

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Chiedimi di ciò che è stato
e scoprirai chi sono davvero.

Aveva appena cinque mesi, quando venne lasciato sulla porta del SilverBridge Orphanage, un orfanotrofio a St.Johnsbury, era appena un'anima innocente e indifesa dimenticata dalle sue origini. Lasciato li, in una cassetta di legno, avvolto da una coperta di cotone marrone, in una sera di gennaio. Era la prima neve della stagione e quel neonato l'aveva vista per la prima volta da sotto il portico della sua nuova casa.
Suor Malia era sempre stata una donna rigida e severa, mostrava amore agli orfani in modo pungente ma era pur sempre amore ed era pur sempre un modo di dimostrarlo. Caleb crescendo era sempre stato un ribelle, curioso e sfrontato. Riusciva a farsi perdonare dalle suore solo perchè aveva imparato presto a giocare con le parole. Mentiva, recitava e puntualmente aveva sempre la capacità di capovolgere la situazione. Con gli altri bambini si integrava quanto bastava per avere buoni punteggi nella socializzazione agli occhi delle suore, appena annusava nell'aria che loro lo stavano guardando, si metteva strategicamente in un gruppetto e fingeva di giocare con gli altri bambini, poi appena le suore se ne andavano convinte dell'apparenza, si allontanava, alla ricerca di qualcosa di piu interessante che egoisticamente condivideva solo con se stesso. Socievole solo quanto il mondo pretendeva di esserlo, per il resto era un solitario. Non gli interessavano affetto, coinvolgimenti emotivi e amicizie. Dopotutto sapeva di essere stato abbandonato dalle uniche due persone che avrebbero dovuto dimostrargli lealtà e amore, quindi se loro non lo avevano voluto, perchè avrebbero dovuto volerlo gli altri?
A sette anni aveva già tirato le somme ed era giunto a questa conclusione. Aveva avuto piu fiducia nelle sue convinzioni e nei suoi sbagli che nelle altre persone. Poteva sembrare che da fuori, Caleb fosse totalmente menefreghista, mancava di empatia e di amore, ma nutriva un livello di egocentrismo e orgoglio per se stesso che lo teneva ben inchiodato ad un piedistallo che si era creato per sopravvivere. Perchè era di questo che Caleb viveva: essere il migliore per non essere l'ultimo.
Quel pomeriggio di novembre, dopo le lezioni, Caleb aveva deciso di andare in esplorazione, voleva annusare prati più verdi del solito SilverBridge. Attraversò il ponte di pietre grigie (motivo per cui L'orfanotrofio si chiamava "ponte d'argento" ) e si senti libero era come aver varcato i cancelli della libertà ogni volta che raggiungeva con le scarpe sudicie la fine del ponte e sebbene lo avesse attraversato tante volte senza permesso, la sensazione era sempre la stessa. Si sentiva invincibile, un fuorilegge. Gli piaceva il senso di libertà che gli dava passeggiare nei boschi, il silenzio che lo avvolgeva, quel silenzio che in orfanotrofio mancava anche di notte. Soprattutto mancava durante le punizioni delle suore, quando era piu piccolo faticava a contenere le ultra dei colpi sulla schiena, sulle braccia, faticava ancora di piu quando le suore erano due a punirlo per le insubordinazioni, Suor Carol dietro di lui che gli teneva i polsi ben adesi al tavolo e Suor Malia, la madre superiora, che con il righello di metallo gli castigava le mani facendolo sanguinare. Era cresciuto con le cicatrici, lo rendevano quello che era oggi e non se ne vergognava. Dopotutto, le suore lo amavano, a modo loro, ma lo amavano. Di questo se ne convinceva dopo ogni castigo.
Cicatrici e lividi però non gli avevano mai impedito di scappare, di giocare al fuggitivo.
Era tardo pomeriggio, lo sapeva perche il sole era calato da un pezzo, il crepuscolo lo avvolgeva, eppure il cielo era ancora abbastanza chiaro per permettergli di vedere con chiarezza l'ambiente circostante. Ora era grande, aveva diciassette anni, i vestiti logori e lo sguardo di sfida sempre negli occhi. Parlava poco, ma quando parlava soggiogava le persone per i suoi voleri, sentiva di avere il controllo sugli altri bambini, si sentiva invincibile. Quello che pero quel giovane ragazzo non sapeva, era che non era pronto per quello che gli stava per accadere.
Caleb a diciassette anni era stato l'eccezione per il Circolo. Declan Thorn e Raffo Critch erano a caccia quella sera, non sapevano bene nemmeno loro di cosa ma il loro spirito annusava alla ricerca di prede. Viaggiavano a cento all'ora, nella loro Mustang nera. Già mezzi sbronzi dal bar, si passavano una bottiglia di Mezcal e fumavano sigari da ottanta dollari l'uno. Declan teneva il gomito appoggiato al finestrino chiuso, il sigaro tra l'indice e il medio che lentamente impregnava la pelle di quell'odore acre, la mano destra stretta sul volante, padrone di quel veicolo oscuro che a quella velocità, gli sarebbe bastato un indice ruotato di zero virgola cinque grandi per mandarli fuori strada e mettere fine alle loro vite. Ma non lo avrebbe fatto, amava la sua vita, gli piaceva solo l'idea di avere quel potere, come quando hai una pistola stretta nella mano e ti basta fare pressione con un dito sul grilletto per porre fine a una vita. Quello era potere e quella era responsabilità.
Stavano viaggiando sulla Clinton Road 64, passava in mezzo a boschi di pini rigogliosi, ora ricoperti di neve. Nessuno passava quasi mai di li, a parte qualche animale, nessuno viveva nei dintorni, mai una persona. Era la strada per arrivare al loro Clan, l'avevano percorsa migliaia di volte. E mentre Declan rideva, ascoltando come Raffo, ormai su di giri raccontava di come si era fatto fare un servizietto da una prostituta del loro locale preferito, fu in quel momento che vide una figura slanciata camminare sul ciglio della strada, senza uno straccio di giacca addosso, solo un maglione strappato e consunto nero, pantaloni leggeri rattoppati e quelle scarpe ormai fradicie dalla neve sciolta, che arrestò l'auto di colpo, venti metri dopo averlo sorpassato.
Raffo che non era legato e stava in quel momento bevendo, alla frenata per poco non si ficcò la bottiglia di alcol in gola.
Declan fece retrofront e fu li che Caleb si accorse del veicolo nero che lo stava affiancando. Le nuvole di fumo che uscivano dalla sua bocca, condensandosi nell'aria gelida per un momento gli offuscarono la vista. A lui piaceva il freddo, lo faceva sentire vivo, ma in quel momento, quando la visuale si fece piu chiara tremò alla vista di un uomo ben piazzato, con anfibi di pelle nera e un completo anch'esso nero avvicinarsi a lui, e non era per il freddo. Per un istante osservò l'uomo da capo a piedi mentre si avvicinava. Nella sua ingenuità pensò che magari avesse bisogno di indicazioni, ma Caleb non aveva visto molte strade o molte città per essere in grado di dare consigli, pensò anche che forse lo aveva scambiato per qualcun altro. Poi il sospetto si fece chiarezza quando vide un altro uomo, un pò piu basso del primo, scendere dal lato anteriore della macchina. Portava barba folta e capelli raccolti in una mezza coda rossi. Erano vestiti uguali, stessa corporatura. A quel punto il ragazzo fece dei passi indietro tastando un'aria di pericolo. C'era ancora dell'esitazione, forse stava fraintendendo le cose, ma ebbe la certezza di essere in pericolo quando vide entrambi gli uomini ostentare un ghigno perfido mentre si avvicinavano di piu.
Prese a correre di nuovo verso l'orfanotrofio, l'unico posto sicuro che conosceva, le suore in fondo sarebbero state meno peggio di quei due uomini che dio solo sapeva cosa volessero da lui. Correva saltellando nella neve alta come un coniglio che scappava dal lupo, correva schivando fronde di alberi, correva non sentendo piu i piedi perchè troppo congelati. Correva, per salvarsi la vita. Vide a duecento metri di distanza il ponte, lo riconobbe nel buio solo perchè c'era solo un vecchio lampione che illuminava il passaggio, era cosi vicino dal salvarsi ma sul piu bello, ogni speranza venne infranta quando sotto ad un mucchio di neve bianca e candida, un grosso sasso lo fece inciampare e cadere in avanti. Il tonfo fu silenzioso, ma l'urto che provocò al suo corpo generò un mugolio ma non ebbe il tempo di elaborare il dolore che venne colpito alla testa da qualcosa di duro e violento e perse i sensi nel giro di pochi secondi. Fu l'ultima volta che vide il SilverBridge.

D E S T R O Y E D <<oscuro come il futuro, misterioso come chi ti sta vicino>>Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora