8. SUONI

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 Quando infine aprii gli occhi, vidi che il mio cuscino era fatto di denim e gambe. Charles era seduto con la schiena contro la vasca e la testa appoggiata al muro, completamente andato. Sembrava pesto quanto me. Scostai la coperta che avevo addosso, mi alzai e restai senza fiato vedendo l'orrendo riflesso nello specchio sopra il lavandino.

Sembravo uno zombi: il mascara colato, i segni neri delle lacrime sulle guance, il rossetto sbavato e l'acconciatura disfatta.

Charles era circondato da lenzuola, asciugamani e coperte. Aveva creato un giaciglio improvvisato mentre rigettavo i quindici bicchierini di tequila. Mi aveva tenuto i capelli mentre stavo china sul water ed era rimasto con me tutta la notte.

Aprii il rubinetto e misi la mano sotto l'acqua finché raggiunse la temperatura giusta. Mi sciacquai la faccia e sentii un gemito levarsi dal pavimento. Charles si mosse, si sfregò gli occhi e si stirò, poi guardò al suo fianco e sussultò confuso.

«Sono qui», dissi. «Perché non vai a letto e dormi un po'?»

«Tu stai bene?» chiese sfregandosi ancora gli occhi.

«Sì, sto bene. Insomma, tutto considerato. Starò meglio quando mi sarò fatta una doccia.»

Lui si alzò. «Per tua informazione, ieri sera mi hai portato via il mio assurdo titolo. Non so da dove abbia origine tutto questo, ma non voglio che tu lo rifaccia.»

«In sostanza dall'ambiente in cui sono cresciuta, Char. Niente di importante.»

Mi prese il mento fra le mani e con i pollici mi tolse i residui di mascara da sotto gli occhi. «Per me invece lo è.»

«Okay, non lo rifarò. Contento?»

«Sì. Devo dirti una cosa, ma devi promettermi di non farti prendere dal panico.»

«Oddio, che ho fatto?»

«Niente, ma devi chiamare Sonia.»

«Dov'è?»

«Alla Morgan. Ieri sera ha litigato con Arth.»

Feci in fretta la doccia e afferrai gli abiti che Charles mi aveva lasciato sul lavandino. Quando uscii dal bagno, trovai lui e Arthur seduti in soggiorno.

«Cosa le hai fatto?» chiesi severa.

Arthur sembrava afflitto. «È proprio incazzata.»

«Che cos'è successo?»

«Ero furioso perché ti aveva incoraggiato a bere così tanto. Pensavo che saresti finita in ospedale. Senza neanche che me ne accorgessi, ci siamo messi a urlare. Eravamo tutte e due sbronzi, Sofia. Ho detto cose terribili», ammise scuotendo la testa, con lo sguardo fisso a terra.

«Per esempio?» indagai arrabbiata.

«L'ho chiamata in modi di cui non vado fiero e le ho detto di andarsene.»

Afferrai la borsa. «L'hai lasciata andare via ubriaca? Sei deficiente?»

«Calma, Sunshine. Sta già abbastanza male», disse Charles.

Pescai il cellulare dalla borsa e feci il numero di Sonia.

«Pronto?» Aveva una voce terribile.

«Ho appena saputo», feci con un sospiro. «Stai bene?» Mi spostai in corridoio per avere un po' di privacy ma mi voltai per lanciare un'occhiataccia a Arthur.

«Sto bene. È un coglione.» Nonostante quelle parole dure, sentivo il dolore nella sua voce. Sonia era bravissima a nascondere i suoi sentimenti. Riusciva a ingannare tutti, tranne me.

Lottando per l'Amore: Il Cuore del Campione; Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora