19. BALLO

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 Poco prima che il sole spuntasse all'orizzonte, io e Sonia lasciammo in silenzio l'appartamento. Con mio grande sollievo, durante il tragitto verso la Morgan non aprimmo bocca. Non avevo voglia di parlare né di pensare. Volevo solo cancellare le ultime dodici ore. Mi sentivo pesta e pesante, come se avessi avuto un incidente d'auto. Quando entrammo nella mia stanza, vidi che il letto di Denise era vuoto.

«Posso fermarmi un po'? Mi servirebbe il ferro da stiro», disse Sonia.

«Son, sto bene. Va' a lezione.»

«Non stai bene. Non voglio lasciarti sola in questo momento.»

«È l'unica cosa che desidero.»

Fece per ribattere ma sospirò. Non sarebbe riuscita a farmi cambiare idea. «Torno a vedere come stai dopo lezione. Riposa un po'.»

Annuii e chiusi la porta a chiave. Il letto cigolò quando mi ci buttai sopra sbuffando. Avevo creduto di essere importante per Charles, che lui avesse bisogno di me, ma in quel momento mi sentivo come il giocattolo tutto nuovo e luccicante di cui aveva parlato Potter. Voleva dimostrargli che ero ancora sua. Sua.

«Io non sono di nessuno», dissi alla stanza vuota.

Mentre assimilavo l'idea, fui sopraffatta dal dolore che mi attanagliava dalla sera prima. Io non appartenevo a nessuno.

Non mi ero mai sentita tanto sola in vita mia.

Lando mi posò davanti una bottiglia marrone. Nessuno dei due aveva voglia di festeggiare, ma almeno avevo la magra consolazione che, a detta di Sonia, Charles avrebbe evitato a tutti i costi la festa. Le lattine di birra vuote appese al soffitto erano avvolte da una carta rossa o rosa, e tutti sfoggiavano abiti rossi di ogni tipo. I tavoli erano tappezzati di minuscoli cuori di stagnola e Lando gemette di fronte a quelle ridicole decorazioni.

«Il giorno di San Valentino nella sede di una confraternita. Che romantico», commentò osservando le coppie.

Arthur e Sonia ballavano di sotto da quando eravamo arrivati, mentre io e Lando manifestavamo il nostro dissenso standocene imbronciati in cucina. Finii in fretta la bottiglia, decisa a cancellare il ricordo dell'ultima festa a cui ero stata.

Lando ne stappò una seconda e me la porse. «Vado a prenderne altre», disse tornando al frigorifero.

«Le bottiglie sono per la Sig Tau, per gli ospiti c'è la birra alla spina», osservò beffarda una ragazza al mio fianco.

Abbassai lo sguardo sul bicchiere rosso che teneva in mano. «O forse il tuo ragazzo ti ha detto così solo perché pensava fossi una facile conquista.»

Mi guardò indispettita e si allontanò.

«Chi era?» domandò Lando posando altre quattro bottiglie sul tavolo.

«Una stronza qualsiasi della confraternita», risposi mentre la guardavo uscire.

Quando Arthur e Sonia ci raggiunsero, davanti a noi c'erano sei bottiglie vuote. Avevo i denti intorpiditi e sorridere mi sembrava un po' più facile. Mi sentivo a mio agio appoggiata lì al banco, al mio posto. Charles, come previsto, non si era fatto vedere: sarei sopravvissuta senza problemi al resto della festa.

«Voi due volete ballare o no?» chiese Sonia.

Guardai Lando. «Vuoi ballare con me?»

«Non sei troppo ubriaca?» replicò perplesso.

«C'è solo un modo per scoprirlo», risposi trascinandolo di sotto.

Saltellammo e ci dimenammo finché una sottile patina di sudore mi avvolse il corpo sotto il vestito. Proprio quando pensai che i miei polmoni fossero sul punto di scoppiare, partì un lento. Lando scrutò a disagio la sala mentre si formavano le coppie.

Lottando per l'Amore: Il Cuore del Campione; Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora