Prologo

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"Alla sua tomba come a tutte quelle su cui piansi, il mio dolore fu dedicato anche a quella parte di me stesso che vi era sepolta."

La coscienza di Zeno, Italo Svevo

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Lo specchio d'acqua si estendeva per centinaia di metri in mezzo alla natura, un frammento di vetro illuminato dalla luna e dalle luci della città sovrastante.

Il lago d'Averno, il secondo per dimensioni tra quelli nei Campi Flegrei, doveva quel nome al fatto che gli antichi romani credevano che fosse l'ingresso per l'oltretomba. In latino, Avernus significa "senza uccelli" poiché le acque vulcaniche esalano gas dagli effetti letali sui volatili.

Per quanto fosse figlio della natura più pura, quel luogo racchiudeva morte e l'uomo fermo sulla riva lo sapeva. Il suo sguardo, nascosto da una maschera da antico medico della peste, si perdeva su una massa di giunchi cresciuta a pochi metri da lui, dove l'acqua non raggiungeva ancora profondità elevate.

«Avrei dovuto portarci i tuoi genitori qui» osservò, incrociando le braccia all'altezza del petto ampio. «Sei ancora una novellina.»

La ragazza, il cui capo era nascosto da un'enorme testa di coniglio in peluche, distolse l'attenzione dal libro. «La tomba è protetta da centinaia di incantesimi. È magia antica.»

«Non parlarmi come se fossi stupido» le intimò l'uomo, voltandosi. Seduta sulla riva del lago sembrava ancora più mingherlina di quanto non fosse. Compì qualche passo nella sua direzione e lei si strinse subito a sé, tornando con gli occhi sulle pagine.

«Io non penso che lei sia...»

«Lo so che non lo pensi. Uno stupido non riuscirebbe a stringere un patto di sangue con una strega e usarla per i propri scopi» affermò l'uomo, tradendo una nota soddisfatta nella voce. «Ora concentrati e fai in modo che i suoi pensieri arrivino nella mia testa in modo cristallino. Non voglio interferenze.»

Evitando di rispondergli, la strega tornò a concentrarsi sulle parole scritte tra le pagine del libro di incantesimi, stavolta con estrema solerzia. Dentro la grossa testa di coniglio l'aria era diventata bollente, quasi irrespirabile. Avrebbe voluto strapparsela di dosso e lanciarla lontano, ma l'uomo era stato chiaro. Nessuno avrebbe dovuto vederla e ogni suo ordine andava rispettato, altrimenti... La ragazza rabbrividì al solo figurarsi ciò che sarebbe potuto accadere.

Ogni pensiero, però, si dissolse quando incrociò un incantesimo non troppo difficile.

«Ho trovato ciò che fa al caso nostro» disse, alzandosi da terra. Il libro stretto a sé come a proteggerlo anche dall'aria della notte.

«Ovvero?» L'uomo non sembrava nutrire troppa fiducia in lei.

«Le permetterà di parlargli solo a contatto con l'acqua del lago.»

«È una puttanata» le rispose con disprezzo. «Voglio potergli parlare in ogni singolo momento della mia giornata.»

«Questo passa il convento. Non sono abbastanza potente.»

L'uomo sentì l'impellente bisogno di affondarle la mano tra le costole, strapparle il cuore e poi farglielo ingoiare, ma emise invece un profondo sospiro che parve calmarlo. Se lei fosse morta, ogni singola speranza sarebbe andata in fumo.

«Bene. Fa' quest'incantesimo, allora!»

La strega si fermò a pochi passi dall'acqua e aprì il libro alla pagina che le serviva. Prese un respiro profondo prima di voltarsi verso l'uomo.

«Quand'è che libererà me e la mia famiglia?»

«Te l'ho già detto. Sarete liberi dopo che avrai rotto il sigillo alla tomba.»

La ragazza tornò con lo sguardo sulla pagina, sforzandosi di ricacciare indietro le lacrime. Era un incantesimo semplice, ma non poteva permettersi distrazioni. La magia sapeva essere una melodia intricata. Bastava una nota sbagliata per mandare tutto all'aria.

Fece in modo che la punta della sua scarpa toccasse l'acqua, poiché occorreva un contatto fisico per svolgere l'incantesimo e si concentrò.

Quando prese a parlare, la sua voce risuonò nella notte come un tuono: «Apri una breccia per infinite ore, che i figli possano parlare con il genitore.»

Il lago emise lo stesso suono che fa l'acqua bollente a contatto con una superficie fredda e la strega seppe che era riuscita a stabilire una connessione. Andavano solo specificati i termini.

«Attraverso l'acqua risuonerà, la voce che parlerà» concluse la strega. Decine e decine di bolle salirono a galla, insieme a un denso vapore bianco. Ci era riuscita. Uno dei tanti incantesimi di contenimento era stato aggirato e proprio mentre la ragazza si compiaceva per la sua abilità (in fondo era stato semplice) sentì l'equilibrio abbandonarla.

Fu come se qualcuno le avesse colpito la gamba, ma l'uomo fu abbastanza rapido da impedirle di cadere a terra. La sorresse senza troppi sforzi e la lasciò nel momento in cui parve riprendersi.

«Metta le mani nell'acqua e parli» disse lei.

«Ti senti bene?»

«Sì, mi sono solo sforzata troppo.»

L'uomo annuì e fece ciò che la ragazza gli aveva detto. Chiuse gli occhi celati dalla maschera. E poi la sentì. A poco a poco si fece sempre più vicina.

Ci sei riuscito.

Un nodo gli strinse la gola. La sua voce era così chiara, così pura. Era la prima volta che la udiva al di là di ogni interferenza data dagli incantesimi di contenimento, eppure ebbe l'impressione di conoscerla da una vita intera.

«Mio Signore» si lasciò sfuggire in un singhiozzo, «ve l'avevo promesso.»

Sai già cosa devi fare?

«Sì, domani attuerò il piano. Prima mi sono dovuto concentrare sulla strega. Ha grandi poteri e non possiamo lasciarcela sfuggire.»

Sei stato bravissimo.

La gioia era così tanta che l'uomo non seppe cos'altro aggiungere. Aveva aspettato quel momento da tanti anni e ancora si chiedeva se fosse degno del dono che aveva ricevuto.

Trova il Messia. Il suo sangue mi renderà libero.

Le mani nell'acqua tremavano in preda all'emozione. L'uomo annuì, ma prima che potesse aggiungere altro giunse alle sue orecchie un suono di passi, mentre un fascio di luce gialla inondava la riva.

«Cosa ci fate qui?» chiese una voce maschile.

La strega sobbalzò, per poi indietreggiare verso il suo padrone.

«Signore...»

L'uomo mascherato strinse i pugni e si alzò.

«Umani...» mormorò con disgusto. «Sanno sempre interrompere i momenti migliori.»

Avanzò verso la guardia del lago, dando le spalle alla sua strega, e si sfilò la maschera. Il terrore dipinto sul volto dell'intruso fu musica per la sua anima.

Le gengive presero a pizzicargli all'altezza dei canini, fino a strapparsi quando i denti divennero zanne. La guardia non riuscì nemmeno a gridare perché l'uomo fu troppo veloce. Gli saltò al collo ringhiando e affondò i canini nella carne viva.
Il sapore del sangue gli esplose in bocca, mentre il corpo dell'uomo si dimenava in preda al dolore. Non lo avrebbe lasciato scappare. Lui era il pitone e la guardia era la malcapitata gazzella tra le sue spire.

Bevve fino all'ultima goccia di sangue della sua vittima, per soddisfare ciò che aveva dentro, per vendicarsi del terribile affronto che quell'uomo gli aveva fatto. Non tollerava le interruzioni.

Lasciò cadere a terra il cadavere e si rimise la maschera. Gettò prima un ultimo sguardo a quel corpo, la cui schiena era piegata in modo innaturale, e si voltò verso la sua strega.

«Brucialo fino a farne cenere.»

La ragazza, con enorme sforzo, si liberò dal ghiaccio che l'aveva trasformata in una statua spaventata e annuì.

Città di sangue [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora