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La musica e il ritmo trovano la loro strada
nei luoghi più segreti dell'anima.



Mia madre avrebbe sempre voluto vedermi su un palco a cantare, uno vero, con un pubblico che applaudisse veramente. Magari con una chitarra in mano, la sua, o le dita strette tra un microfono o sopra i tasti di un pianoforte.

È anche il mio di sogno, un sogno che ho custodito nel cuore per tanto tempo, ma che avevo condiviso sempre e solo con lei.

Non riesco a capacitarmi del fatto che oggi, quel sogno, si sta realizzando, ma lei non potrà ascoltarmi. Non voglio cantare solo per vincere, ma anche per lei, e per me. Perché io sono innamorata della musica, ma soprattutto di quel sogno che non avrei spezzato a metà, ma avrei realizzato per entrambe.

Allora perché non sono agitata? Perché non mi sento così emozionata da sprizzare luce da tutti i pori? La solitudine sta dominando la mia mente, ricordandomi incessante che un pezzo di me non è presente, e non lo sarebbe stato mai più.

Mentre mi allontano dal palco che ancora stanno allestendo ripensai a mia madre e a tutto quello che avevamo in comune.

Lei mi aveva trasmesso la resilienza.

Il sorriso.

Il colore dei capelli.

La tendenza a proteggere il proprio cuore e la capacità, una volta che la guardia è abbassata, di amare appassionatamente, profondamente, senza rimpianti. 

E senza paura.

Mi appoggio di peso su una parete, fuori dalla sala dove avremmo dovuto cantare, dove affianco vi è l'ufficio della preside. La mia testa ricade lenta sullo stipite della porta, vagando tra i pensieri più profondi. Per l'occasione non ho indossato qualcosa di troppo elegante: ho preferito dei pantaloni neri e morbidi, una maglia rosata e delle semplici scarpe bianche.

Poi una figura lontana mi calza all'occhio, svegliandomi da quell'oscurità che mi fa così paura ma che ormai mi appartiene.

Cammina lento tra il corridoio del conservatorio, ma poi mi individua come se fossi l'altra metà della stessa calamita. E inizia ad avanzare verso di me.

Mi chiedo se anche lui è condannato a quell'eterna solitudine, a quella paura di dover cambiare per incutere terrore, per proteggersi.

Ma, nonostante questo, il passato non si può cambiare. Perché esso è il veleno di tutti e non guarda in faccia a nessuno. Il passato condanna ciascuno a vivere nella sua ombra, a soffrire ogni giorno e farsi male con i ricordi sbagliati, si prende gioco di ognuno, facendolo a pezzi e ridendo della sua impotenza.

Senza accorgermene, gli sorrido e le mie labbra si allargano sempre più grande man mano che si avvicina.

«Pronta?» esordisce Josh posizionandosi proprio davanti a me. È raro vederlo vestito così bene, con la camicia bianca ma non perfettamente sistemata, che gli dona quell'aria seria ma sbarazzina.

Annuisco e le mie labbra sottili crearono un sorriso accennato, ma sincero, e d'istinto aggiusto il colletto dalla sua camicia. Le mie dita strofinano il tessuto leggero e sfiorano il suo collo.

«Non andiamo?» mi domanda, aggrottando le sopracciglia.

Non mi sono ancora mossa da quella porta. Per un motivo ben preciso.

Love Song - sulle note dell'amore Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora