Capitolo 2: Ventalun - 2° parte

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Dopo qualche minuto di falcate veloci, Viola scorse da lontano la sua casa

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Dopo qualche minuto di falcate veloci, Viola scorse da lontano la sua casa. L'abitazione non era tanto grande, ma era una delle più graziose del paese. Sul lato destro dell'edificio, un orto ben curato nel quale erano coltivati una grande varietà di ortaggi. Nel lato sinistro, invece, un piccolo giardino. Era molto semplice, abbellito da alcune piante di rose, da diversi aceri e da un glicine, che intrecciato su un arco di legno ombreggiava una parete della casa. La porta color smeraldo, impreziosita da un disegno raffigurante un carciofo, rispecchiava la stessa tonalità del prato circostante. Appena la donna entrò nell'abitazione si affrettò ad andare in cucina per preparare la colazione. La persona che amava più della sua vita si stava per svegliare.

Mentre era intenta ad affettare il pane sul tagliere di legno, una ragazza si avvicinò alle sue spalle camminando a piccoli passi. «Buongiorno, zia» pronunciò la giovane radiosa.

La donna voltandosi verso sua nipote sorrise per qualche istante mentre fissava quegli occhi verdi-turchesi, un mare di dolcezza e di bontà. «Buongiorno, Noemi. Hai dormito bene stanotte?»

«Un po'» le rispose sbadigliando e stiracchiandosi a più riprese.

«A causa di un disegno, non è vero?» commentò riponendo con disinvoltura le fette di pane in un cesto di vimini.

«Come hai fatto a intuirlo?» le chiese sbalordita.

Aveva usato tutta la prudenza possibile per evitare che sua zia se ne accorgesse. Passi felpati, movimenti lenti e tutti i barattoli riposti sul pavimento. Aveva perfino sfruttato la luce della Luna per dipingere, rinunciando alle fiamme delle candele. La camera di Viola era infatti nel piano sottostante e bastava che la luce si riflettesse sulla finestra per illuminare il giardino, inducendo la donna a salire le scale. Nonostante si affrettasse a nascondere le prove sotto il letto, veniva quasi sempre sorpresa a tenere fra le dita un pennello inzuppato e gocciolante di colore. La notte è fatta per dormire e non per disegnare era la frase che sentiva pronunciare più spesso da sua zia. Ma lei aveva un'altra opinione al riguardo. La notte apriva le porte della sua fantasia. Alla libertà d'immaginare e di vagare oltre quelle montagne che erano all'orizzonte. Affacciata alla finestra, fissava la volta celeste puntinata dalle luci delle stelle. Uno spazio immenso che non conosceva confini, nel quale poteva immergere i suoi occhi e confidare i suoi più segreti desideri.

Riponendo alcuni vasetti di confettura sul tavolo, Viola le indicò lo specchio appeso a una delle pareti della stanza. Avvicinandosi a esso, Noemi rimase incredula. Era stata tradita dalle sue lunghe ciocche corvine, tinte di verde. In quell'attimo, si ricordò di essersi abbassata per raccogliere un pennello che le era caduto sul pavimento, e non aveva prestato attenzione ai barattoli di tintura aperti.

«Scusa zia. Non era mia intenzione disobbedirti, ma mi era venuto in mente uno splendido paesaggio. Temevo che l'avrei scordato» si giustificò facendo un sorriso riparatore.

Di fronte a quell'espressione, Viola non poté far altro che dichiarare resa. «Noemi vieni a fare colazione. Ci penserai dopo a lavare i capelli. Mi raccomando: la notte è fatta per dormire.»

La Fenice del vento - Fiore di PeoniaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora