Capitolo 18: Alosia -2°parte

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Più saliva la grande scalinata della piazza e più la ragazza si accorse di quanto fosse bella Alosia: un giglio incastonato in una prateria di dune e circondato da un'estesa catena montuosa

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Più saliva la grande scalinata della piazza e più la ragazza si accorse di quanto fosse bella Alosia: un giglio incastonato in una prateria di dune e circondato da un'estesa catena montuosa. Ciascun petalo, creato dalla cinta muraria spessa otto metri, suddivideva le classi sociali della città. Il primo a destra, di fronte alle statue, si ergevano imponenti le ville dei nobili: i primi edifici illuminati dai raggi del Sole. In quello centrale le residenze dei mercanti. I palazzi dei giudici a sinistra. A seguire le case dei popolani. Semplici, poco decorate e dai tetti più bassi erano collocati nella zona più ombrosa. Infine l'ultimo petalo che scorgeva, una caserma di forma ovale. Di fronte a sé, invece, la sesta parte del fiore in cui le botteghe e le taverne si alternavano a vicenda. A renderla una località unica non era solo la sua forma, ma anche i terrazzamenti che le davano le fattezze di un anfiteatro. Scalini e discese non mancavano mai nelle strade in cui erano sempre presenti dei canali d'acqua e fontane zampillanti.

Seppure fosse collocata in una zona desertica, al di sotto di Alosia scorrevano risorgive cristalline provenienti dalla regione del Cielo che attraverso condutture sotterranee risalivano in superficie dissetando tutti i viaggiatori diretti nel deserto. Per questo motivo era soprannominata come la perla di tutte le oasi. Nonostante l'abbondanza d'acqua, la vegetazione che circondava la città di anno in anno diveniva sempre meno verdeggiante. Ma non era l'unico fenomeno insolito della regione monte Opale. Negli ultimi tempi il deserto si stava espandendo e anche il terreno era sempre meno fertile. Quesiti che accendevano dibattiti in ogni angolo di Alosia, ma non nella mente della ragazza concentrata solo a fissare ciò che era a fianco a lei.

Le vetrine delle botteghe si riflessero nelle iridi di Noemi stupita più che mai a constatare quando fossero talentuosi gli artigiani nell'intagliare le sculture di legno. Seppure fosse distratta dai trucioli che cadevano al suolo, il cocchiere non smise di tenere lo sguardo vigile intorno a loro. Per un attimo l'uomo corrugò la fronte dando alcune occhiate alle loro spalle e si scompigliò frenetico la folta chioma castana. Proseguì ad avanzare piano fino a quando, svoltando in un vicolo, afferrò una mano della fanciulla obbligandola a distogliere gli occhi dai tappetti appesi sui muri dei negozi. Era suo compito proteggere i passeggeri che gli erano stati affidati, e a costo della vita era disposto ad affrontare qualunque pericolo pur di garantire la loro incolumità. Fissando il volto spaurito della giovane gli sembrò palese quanto fosse inconsapevole del rischio che entrambi stavano correndo.

«Perdonatemi per il mio gesto brusco, ma non potevo fare altrimenti. È da quando siamo scesi dalla carrozza che alcuni uomini ci stanno inseguendo e probabilmente sono dei predoni» le spiegò inducendola a velocizzare l'andatura che divenne sempre più rapida a ogni falcata compiuta.

Corsero per un breve tratto fino a sedersi nella panchina centrale di una taverna affollata. «Abbassate il capo» le consigliò il quarantenne avvolgendola con il suo mantello.

Solo allora Noemi comprese quanto fossero in pericolo. Cinque uomini armati di una spada allacciata alla vita passarono di fronte a loro e trattenne il respiro notando i loro volti ricoperti da vistose cicatrici. Si chiese il perché li avessero presi di mira e per un attimo incrociò gli occhi turchesi dell'uomo che la stava proteggendo. Era calmo e per nulla spaventato anche quando uno degli inseguitori iniziò a scrutare nella loro direzione.

«Non vi preoccupate. Con me siete al sicuro» le sussurrò all'orecchio vedendola tremare.

«Perché proprio noi?» gli chiese sottovoce sentendosi protetta dall'abbraccio.

«Alosia è una splendida città, però non è priva di delinquenza» le spiegò scorgendo che i predoni erano svaniti nel nulla. «Tuttavia ciò che è capitato oggi è un evento raro perché le strade sono pattugliate dalle guardie della città. Rispondendo alla vostra domanda, siete una preda facile per i malintenzionati perciò hanno osato inseguirci. Non solo perché siete bella, ma anche perché non prestate attenzione a ciò che vi circonda. Le città sono molto diverse dai borghi sperduti fra le montagne. Furti e rapimenti sono all'ordine del giorno nei grandi centri urbani. Per questo motivo vi consiglio d'ora in poi di essere prudente e tenere sempre lo sguardo vigile. Quegli uomini che avete visto non erano dei semplici ladri, bensì dei mercenari. Cercano fanciulle da rapire e vendere a un regno lontano centinaia di chilometri da qui dove la schiavitù è ancora in vigore» la informò smettendo di abbracciarla. «Bene, ora possiamo proseguire» le disse aiutandola a rialzarsi in piedi.

Il cuore le pulsava mentre di tanto in tanto si voltava indietro. Il cocchiere aveva ragione. Non si trovava in mezzo a una foresta e le persone che incrociava sulla strada non irradiavano dai volti la stessa gentilezza dei suoi paesani. Si comportavano in modo diverso. Poco sorridenti, sospettosi e talune volte avevano atteggiamenti per nulla amichevoli. Notando che il cocchiere le fece un cenno si fermò di scatto per poi affacciarsi sul punto più alto della scalinata. Da quella posizione la piazza sembrava molto piccola mentre le due statue erano ancora irraggiungibili per quanto fossero alte. Ma l'animale leggendario del mosaico non aveva perso l'effetto di terrorizzarla bensì era decuplicato. I denti acuminati avevano aumentato la ferocia e anche gli occhi brillavano con maggiore malvagità rispetto a come li aveva scorti da vicino. Le venne un capogiro scrutando le ali spalancate. Così tanto tese da darle l'impressione che da un momento all'altro la bestia spiccasse il volo.

«Perché è stato raffigurato proprio un drago nero?» gli chiese rompendo il silenzio che si era creato intorno a loro desiderosa di comprendere tale stranezza.

«È un episodio che è accaduto durante la guerra» le spiegò per poi proseguire. «Secondo la leggenda, il sovrano e la sua consorte hanno difeso Alosia dall'attacco del drago più feroce di tutti i tempi. Per questo motivo l'illustrazione è stata collocata ai loro piedi. Per rimarcare la potenza dei nostri beneamati reggenti. Riuscite a vedere la lancia che impugna la regina Alessia nella mano destra?» le indicò con un dito la statua sopra di loro.

«Sì» pronunciò Noemi interessata ad ascoltare la spiegazione.

«Quando cala la sera, alle sette in punto, l'ombra dell'arma ricade sul mosaico e si proietta in un punto preciso della sagoma dell'animale. È la parte del mosaico in cui sono collocate le tessere scarlatte. Le vedete, non è vero?»

«Sotto la gola dell'animale» precisò l'uomo scorgendo che gli occhi della ragazza si muovevano rapidi in tutte le direzioni.

«No, non riesco a vederle. Ciò che noto sono le fauci spalancate della bestia in cui esce... esce in questo momento un getto di fumo» pronunciò perplessa notando un debole vapore fuoriuscire dalla bocca del drago.

L'uomo strabuzzò gli occhi ma poi si mise a ridere constatando che non c'era traccia di nessun soffio rovente. «Mi avete fatto prendere uno spavento! Siete davvero abile a scherzare» commentò il cocchiere indicandole un edificio poco lontano da loro.

«Non sto scherzando. È la verità!» protestò continuando a indicargli la nuvola aumentare d'intensità.

Tuttavia il cocchiere non le dette credito e proseguì spedito, convinto che stesse mentendo. A quel punto la ragazza rimase immobile col proposito di indurlo a fissare un'altra volta l'immagine richiamandolo più volte. Ma quando avvertì un rumore stridulo sopra di lei alzò il capo impallidendo. Gli occhi della regina la puntarono per poi socchiudersi a due piccole fessure. Presa dal panico raggiunse il cocchiere non osando più voltarsi indietro. Era convinta che le illusioni stessero aumentando a causa della sete che di minuto in minuto cresceva in lei. Tuttavia era inconsapevole che non fosse stata un'allucinazione. Grazie ai poteri magici da poco risvegliati, infatti, poteva scorgere la realtà in un regno in cui si ignorava l'esistenza della magia. Sebbene fossero un semplice mosaico e due statue sorridenti scolpite nel candido marmo, erano degli oggetti incantati al solo scopo di segnalare eventuali nemici che si addentravano nella città. E lei li aveva appena attivati tutti e tre. Nello stesso giorno a distanza di poche ore. Un evento che non accadeva dai tempi della guerra e che avrebbe creato non pochi grattacapi al re tiranno della Fenice del vento.

E fu così che dopo molti anni di quiete, ad Alosia era comparsa una minaccia. Che seppure aveva il volto di una fanciulla era in grado di far vacillare il potere dei sovrani che vegliavano un intero popolo sottomesso ai loro piedi. 

La Fenice del vento - Fiore di PeoniaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora