Capitolo 33: la prima mossa -2°parte

68 11 20
                                    

Tenendo le gambe a cavalcioni, l'uomo incrociò le sue iridi perlacee con quelle della donna per poi afferrare il foglietto che gli stava porgendo. «Ti ringrazio Claudia. Per quanto riguarda le Ierule avverti le spie di ricorrere soltanto ai piccioni. Non possiamo permetterci di perdere gli aggiornamenti sulle mosse del tiranno. Proprio ora che le previsioni scritte da Agata stanno per finire» le rispose iniziando a leggere il pezzetto di carta.

"Re Alessandro ha compiuto la prima mossa, dando l'incarico di svolgere la missione a una persona sconosciuta. Quando avremo occasione di incontrarci, ti consegnerò il ritratto di quel ragazzo per scoprire la sua identità. M."

L'uomo inarcò verso l'alto le folte sopracciglia castane picchiettando le dita sul braccio. Non erano le parole che sperava di leggere. Ancor meno l'informazione che si aspettava di ricevere. Con una rapida mossa gettò il messaggio nel fuoco del caminetto per poi fare cenno a Claudia di sedersi a fianco a lui. Non appena la donna appoggiò il capo sull'imbottitura dello schienale, il quarantenne schioccò le dita. In un battito di ciglia entrambi furono avvolti da una barriera d'acqua che ondeggiò placida.

«È accaduto quanto è stato predetto dalla principessa, ma c'è stato un risvolto inaspettato. I ritratti che ho inviato a Marco si sono rivelati inutili.»

«Inutili? Quindi non sappiamo l'identità della spia?» lo interruppe sgranando gli occhi.

«Purtroppo è così. Alessandro ha scelto un ragazzo a noi ignoto per raggirare la principessa di Thuban. Tuttavia ci rimane un'unica speranza. Ovvero il ritratto che Marco è riuscito a disegnare. Fintanto che non ce lo porterà non possiamo fidarci di nessuno. La spia potrebbe avere una rete di collaboratori anche estesa. Non escludo perciò che in questo castello ci sia già qualche infiltrato.»

Nell'attimo in cui udì l'ultima parola, Claudia strinse con forza un lembo della gonna. Con tale intensità che le nocche divennero bianche. «Per anni abbiamo sorvegliato il palazzo reale e tutte le persone che sono in contatto con il tiranno. Domestici compresi. Com'è possibile che ci sia sfuggita questa spia?»

La risposta non si fece attendere. Echeggiò nella stanza sovrastando gli scoppiettii provenienti dal caminetto. «Alessandro sta sfruttando i poteri di una fanciulla per celare i suoi intenti, e contrastare le nostre mosse. Ovvero l'unica che può eguagliare l'abilità della mia defunta sorella.»

La donna rimase con la bocca socchiusa trattenendo il respiro. Si portò una mano al petto fissandolo esterrefatta. «La figlia maggiore di Agata è viva? Ora che lo sappiamo, dobbiamo liberarla al più presto dalle grinfie di quel farabutto!»

L'uomo l'afferrò per un braccio impedendole di alzarsi dal divano. La fissò con intensità negli occhi scuotendo infine la testa. «Non è il momento opportuno per agire. Tanto meno per divulgare la notizia all'interno della nostra organizzazione. Altrimenti vanificheremo ogni vantaggio, e metteremo in pericolo il tuo migliore amico. Perciò, seppure a malincuore, dobbiamo concentrare i nostri sforzi per scoprire l'identità di quella spia. Di chiunque si tratti, deve per forza far parte della cerchia più ristretta al servizio del re di Nottambra. Altrimenti il tiranno non l'avrebbe mai scelto per portare a termine una missione così tanto importante per i suoi piani bellici.»

Claudia annuì prima di parlare, direzionando lo sguardo verso le fiamme del caminetto. Nelle sue iridi si riflessero le stesse lingue incandescenti che fluttuavano nella sua mano. Identiche per moto, e intensità differivano soltanto per un particolare. Emanavano freddo. Un gelo che si diffuse fulmineo all'interno della stanza. Si condensò in una nebbia glaciale che ricoprì di brina la superficie dei mobili. Solo quando le pareti si rivestirono di stalattiti trasparenti, la quarantenne annullò l'incantesimo.

«Vorrei congelarlo con le mie stesse mani! Trasformarlo in una statua di ghiaccio solo per fargli capire quanto la sua anima è spietata. Alla pari di una bufera di neve. Scaglia sul popolo editti crudeli. Aumenta le tasse a suo piacimento. E qualunque cosa facciamo, quel farabutto è sempre in vantaggio. La fortuna prosegue a essere dalla sua parte, e il fato lo avvantaggia in ogni circostanza» sospirò arricciando le labbra.

«Però» il quarantenne la interruppe con una voce profonda e decisa «il bene vince sempre sul male anche nelle situazioni più disperate. Quando mia... »

Così come erano iniziate a risuonare, le parole smisero all'improvviso di rimbombare all'interno della barriera non appena i quarantenni udirono dei rumori echeggiare nel corridoio. In breve tempo, all'esterno del salotto, i bisbigli divennero nitidi assumendo le sembianze di rapidi discorsi, mentre dei passi cadenzati si fecero sempre più forti fino a fermarsi di fronte all'ingresso della stanza. Ritmici picchiettii sulla porta, scanditi da un ordine preciso di pause e assenze di silenzio, spinsero l'uomo a voltarsi di scatto verso la donna. 

«Possiamo fidarci di lui?» pronunciò dissolvendo in un battito di ciglia la barriera d'acqua.

Claudia gli annuì alzandosi dal divano. «Né io e né Gherardo abbiamo dubbi a riguardo. In più occasioni, il ragazzo ha dimostrato un coraggio fuori dal comune rischiando la propria vita pur di portare a termine le missioni. Inoltre sta svolgendo un ottimo lavoro nella scuola del Sole. È il candidato ideale per affidargli quel compito che ti sta così tanto a cuore.»

L'uomo rimase con la bocca serrata. Le dita a picchiettare frenetiche gli avambracci. Infine annuì sospirando. «E sia allora. Lo incontrerò» sentenziò incrociando le braccia al petto.

«Evaldo ha il permesso di entrare» pronunciò Claudia ad alta voce mettendosi di fronte alla finestra.

A quell'ordine sonoro la porta cigolò, e nello spalancarsi si affacciarono due cavalieri avvolti da ingombranti mantelli color indaco. Dopo aver eseguito in simultanea un breve inchino indietreggiarono mantenendo il contatto visivo con la donna. Solo quando arretrarono a una distanza discreta si voltarono di spalle facendo cenno a un ragazzo di avanzare.

Non appena Evaldo varcò la soglia si guardò intorno spaesato. In quella stanza, non trovò alcun elemento in comune con i luoghi in cui era solito incontrare la quarantenne. Non c'era traccia dei tavoli vissuti delle taverne di remote località, o dell'umidità stagnante che respirava nelle grotte di montagna. Quel giorno era stato convocato all'interno di un sontuoso castello, dove la raffinatezza e l'eleganza trasparivano perfino negli oggetti più modesti appoggiati sui mobili. Attraverso la luce scoppiettante del caminetto poté ammirare ogni singolo dettaglio dei mosaici incastonati sulle pareti, e alla base delle colonne di marmo che sorreggevano il soffitto del salotto. Rivolse poi un breve inchino a Claudia chiedendosi perché lei avesse scelto proprio Meran fra tutte le città del reame dei Quattroventi. Ubicata in una zona impervia, dove le temperature erano aspre durante il giorno e altrettanto rigide di notte, non era per i forestieri il luogo ideale in cui soggiornare. Gli stranieri erano mal visti dalla popolazione locale, da sempre rinomata per essere diffidente e sospettosa. Ancor di più nei confronti delle persone provenienti dal regno della Fenice del vento.

Il giovane proseguì a osservare la donna dando diverse occhiate al vestito raffinato che ella indossava. Gli parve insolito che lei avesse scelto per quell'incontro un abito provvisto di un strascico lungo due metri. Bluetto della stessa tonalità del corpetto di prezioso damasco in cui ricami argentei, e intrecci di lacci valorizzavano la sua figura snella e minuta. La sottile tiara incastonata nell'elaborata acconciatura passò in secondo piano nell'attimo in cui vide Claudia indicargli con un cenno un punto della stanza. Il tempo di compiere un respiro, ed Evaldo ruotò il capo in direzione del divano posto a lato del caminetto. Solo allora si accorse che ci fosse un'altra persona nel salotto. Un uomo della stessa età della quarantenne che lo stava fissando con intensità. Come se volesse scrutargli l'anima e intuire ogni suo pensiero.

Per una frazione di secondo, il giovane puntò gli occhi sul fodero privo di spada che era allacciato alla vita dello sconosciuto. Tuttavia, non riuscì in tempo a vedere il simbolo in esso raffigurato. Con scatto fulmineo, l'uomo coprì la custodia metallica con un lembo del mantello per poi squadrare Evaldo dalla testa ai piedi.

«Claudia mi ha parlato molto bene di voi. Delle numerose missioni che avete portato a termine nel corso degli anni, e dello zelo con cui state svolgendo il compito che vi è stato affidato nella scuola del Sole» esordì il quarantenne rimanendo seduto sul divano. «È giunto il momento di darvi un premio consono. In virtù della lealtà che state dimostrando all'organizzazione» aggiunse poi facendo un leggero cenno a Claudia. 

La Fenice del vento - Fiore di PeoniaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora