Capitolo 17.

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Quando spalancai la porta di classe, il respiro quasi mi abbandonava. Sorpassai i vari banchi, mentre il professore di Geografia incominiciava a farmi uno dei suoi dicorsi sull'essere puntuali. Abbandonai la borsa a terra, dopo aver sentito il lieve rumore sordo procurato dalla sedia per essermi seduta, mi girai a guardare Tom, indossava un capello e la visiera era portata in avanti, al di sopra di quest'ultima una scritta si distendeva a caratteri cubitali bianchi sul soffice tessuto blu', portava il nome della scuola. Mi fece un mezzo sorriso, per poi ritornare a posare lo sguardo sul professore. Mi protesi per prendere i libri, quella mattina avevo fatto tardi, la sveglia era suonata alle sette e mezza, ed io mi ero lavata e vestita alla velocità della luce. Quando ero scesa giù, il desiderio di incontrare Harry mi aveva devastato, i ricordi di quel bacio durante la notte non avevano fatto altro che torturarmi, dopo che Sandy mi aveva trascinato dentro il locale non lo avevo più rivisto. Ero andata a dormire con ancora la sensazione delle sue labbra sulle mie, e tutte le parole dette riecheggiavano nella mia mente.

''Signorina Parker, vuole prestare un po' di attenzione?'' osservai lo sguardo infastidito del professore, e con una scrollata di spalle annuii. ''Basta basta e basta, stai a sentire quel vecchio rincoglionito Destiny.'' mi rimproverai. Posai una mano sotto il mento e svogliatamente incominciai ad ascoltare la lezione. Ogni volta che gurdavo gli occhiali rotondi del professore, i suoi occhi mi sembravano diventare sempre più grandi. A volte li toglieva, quando un alunno si avvicinava alla cattedra con il quaderno tra le mani, le sue dita rugose e piene di calli, toccavano le magre stecchette degli occhiali, e avvicinava il quaderno al viso, per poter vedere meglio. Ci vedeva da vicino, diceva. Non era un uomo sposato, e questo credo peggiorava la sistuazione. Mia nonna diceva sempre che gli uomini senza moglie, erano uomini falliti. Il professore tal volta era isterico, e masticava nervosamente la gomma. Lo osservai girare i banchi e gesticolare all'aria verso le cartine, parlando del clima equatoriale. Mi resi conto di non star ascoltando una parola, cosi' sbuffando appoggiai la testa sul banco. La pioggia schizzava sui vetri prima di scendere verso il basso, e arrivare in fondo all'infisso bianco. Il primo giorno di scuola avevo lottato per questo posto, mi piaceva stare vicino alla finestra, mi piaceva guardare fuori anche solo un secondo, mi piaceva e non lo sapevo spiegare il perchè. Forse perchè mi sentivo più calma, nelle giornate più calde di scuola il sole brillava alto nel cielo, e i suoi raggi ricadevano sul mio banco, illuminando i miei libri e quaderni, a volte il calore si percepiva ma non mi dava fastidio.

''Parker.'' la voce bassa del professore risuonò alla mie spalle. Alzai di scatto la testa sul banco, gli occhi stanchi. Il professore mi guardava picchiettando il piede sul pavimento liscio.

''Non stai ascoltando.'' bofonchiò prima di prendere gli occhiali e pulirli sulla camicia a quadrettoni.

''Mi scusi Prof.'' replicai mortificata aggiustandomi sulla sedia.

''Mi scusi prof, mi scusi prof.'' con voce cantilenante, mi guardò disgustato. ''Sapete dire solo questo, vi scusate e poi non rimediate mai.'' camminò di nuovo per la stanza quando poi si fermò si scatto, lo vidi improvvisamente irritato. ''Mummie'' urlò. Mi presi il labbro inferiore tra i denti, per non ridere. Mi gurdai intorno sui volti degli alunni c'era una faccia sforzata, per non scoppiare a ridere sommessamente. Era uscito di nuovo fuori di testa.

''Noi, qui facciamo tanti sacrifici e voi siete solo dei..'' si alzò sulle punte, e si fece rosso in viso, incominciavo ad avere paura. ''Dei morti, ecco cosa, siete morti.'' scandi' le ultime parole, battendo nervosamente le ciglia che sembravano scontrarsi con il vetro ancora un po sporco degli occhiali, e un minuto più tardi suonò la campanella che segnava la fine della lezione. Quando il professore se ne andò, corsi verso il banco di Tom, mi sedetti in braccio a lui, che in risposta mi fece un sorriso comprensivo. Mi comportavo sempre come una bambina in cerca di un parco giochi con lui. Mi accarezzò delicatamente la schiena, e subito mi ricordai di Harry. In meno di un secondo, il cuore mi battè forte. Svolazzai le ciglia e quando guardai Tom, quasi mi sembrava di vedere gli occhi verdi di Harry. Mi scostai da lui, scuotendo la testa più volte.

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