Capitolo 2.

614 34 2
                                    

Camminavo lentamente sul marciapiede diretto per casa mia, le mie mani erano nelle tasche del cappotto cercando un po' di calore mentre i capelli svolazzavano via dietro le mie spalle. Stavo tornando a casa per poter prendere tutte le mie cose, per portarle in quella casa che ora sarebbe diventata la mia. In un certo senso Anne, mi aveva rassicuarto molto, mi chiesi com'era possibile che io non l'avessi mai vista insieme a mia madre, nè a casa a prendere un thè nè quando mia madre usciva in giro per i negozi. Scrollai le spalle per il troppo freddo, quando poi arrivai fuori casa mia mi puli' i piedi sul tappettino posto accanto alla porta, feci un bel respiro ed entrai. Accesi le luci e salii di sopra nella mia camera, incominciando a mettere le mie cose in ogni singolo scatolone. Non ero mai stata una di quelle ragazze che metteva i suoi vestiti, le sue scarpe prima di ogni cosa. Compravo ciò che mi serviva, il giusto senza mai essere eccessiva. Amavo la semplicità, più di tutto. La semplicità si addiceva alla persona che ero e a ciò che a me piaceva essere, perchè per me l'aspetto fisico non era tutto. Quindi fortunatamente caricai solo tre scatoloni, cosi' decisi di scendere giù. Mentre camminavo per il lungo corridoio della mia casa passai per la camera dei miei genitori, mi soffermai a guardare la porta poi mi convinsi ad entrare. Posai accanto all'armadio dei miei i scatoloni, poi timorosa mi sedetti sul letto. Incominciai a guardarmi intorno, mentre il dolore si faceva strada in me. 

*Flash Back* 

Ero nella mia camera a giocare con il nuovo giocattolo che mio padre mi aveva comprato da poco, quando sentii' delle urla provenire dalla stanza affianco. Un po' impacciata mi alzai, e raggiunsi la porta. Capii che quelle urla provenivano dalla camera dei miei, cosi' mi avvicinai alla porta che era accostata e riusci' a vedere. C'era mia madre seduta sul letto con le mani al viso, dei singhiozzi risuonavano nell'aria, mi feci più vicina e vidi anche mio padre. Lui era appoggiatto ad un mobile della stanza, la sua faccia era arrabbiata. 

''E' intuile che piangi, Teresa.'' disse puntandogli un dito contro. ''Tra noi è finita, io non ti amo, io non ti voglio più, non c'è più nientre tra noi.'' a quelle parole notai mia madre toccarsi il petto, forse per prendere un po' d'aria, forse per il troppo dolore. Ero piccola, ma non cosi' tanto da non capire che mia madre stava soffrendo. ''C'è qualcosa che devi dirmi?'' disse avvicinandosi a lei, quest'ultima alzò il viso e in quel momento mi sentii strana, mortificata nel vedere quelle lacrime rigare il viso di mia madre. Lei scosse la testa e lui sospirò. ''Bene, è finita qui.'' prese la giacca appoggiata sul letto e aprii la porta, in quel momento spalancai gli occhi trovandomi mio padre guardarmi, ma non disse una parola semplicemente mi sorpassò e lo vidi sparire. Raggiunsi frettolosamente mia madre accasciata a terra, gli accarezzai i capelli mentre lei piangeva senza fermarsi. 

''Che cosa è successo, mamma?'' le chiesi io sedendomi accanto a lei. Mi alzò il viso portandolo alla sua altezza. ''Niente, tesoro.'' disse accarezzandomi una guancia ''Promettimi, che tu non mi lascierai mai.'' io le annuii dolcemente, prima di stringerla a me. In quel momento pensai che mia madre era l'unica cosa che mi rimaneva, come io lo ero per lei. 

*Fine Flash Back*

Le lacrime rigavano le mie morbide guancie mentre quei ricordi mi riaffioravano nella mente, decisi di scacciare via quel pensiero cosi' mi alzai dal letto e asciugai frettolosamente le lacrime, presi i scatoloni e uscii di casa pensando a quale fine avrebbero fatto tutti i mobili di quel posto.

Dopo poco tempo, tornai nella mia nuova casa, se cosi' potevo definirla. Entrai dalla porta del retro, cercando con lo sguardo Anne ma senza successo. 

''Anne'' urlai. Dopo qualche minuto mi rispose e capii che era in soggiorno, cosi' la raggiunsi. Quando arrivai nella stanza lei era stesa sul divano a leggere un libro, non appena mi vide mi sorrise e io gli feci capire che avevo radunato le mie cose negli scatoloni. 

''Destiny, condividerai la stanza con Gemma.'' disse togliendosi gli occhiali e appoggiandoli sul tavolino dietro le sue spalle. ''Quindi sali su da lei, ti aiuterà a sistemarti.'' annuii prendendo gli scatoloni da terra poi dopo andai di sopra. Decidemmo che una parte della stanza era per lei e una per me, Gemma era cosi' simpatica e divertente. Mi face sentire a mio agio, ed ero contenta di aver stretto almeno un po' con lei. Sistemando le cose mi ricordai di aver dimenticato uno scatolone al pieno di sotto, cosi' scusandomi mi recai giù. Mentre scendevo le scale sentii' delle voci che provenivano dalla cucina e appena fui vicina a quest'ultima mi appoggiai allo stipite della porta senza farmi vedere. Riconnobbi Harry e Anne parlare dai loro sguardi concentrati, capii che si trattava di una cosa importante. La mia vocina interiore mi diceva costantemente ''Non farlo Destiny, non intrometterti.'' ma era più forte di me cosi' incominciai ad ascoltare. 

''Si tratta solo di abitudine, Harry. Non fare cosi', per favore.'' disse Anne sbuffando. Il ragazzo riccio gli diede le spalle, prendendo dal mobile un pacco di patatine. ''Non si tratta di abitudine, mamma. E che cazzo, io non voglio quella ragazza in casa, mi basta e avanza Gemma.'' disse per poi mordere la patatina. Non sapevo esattamente come in quel momento mi sentii, fu solo un brutto colpo. ''Che palle.  Ora dovrò subirmi quella li' per il resto della mia vita, io ci rinuncio.'' disse sedendosi. ''Non essere sempre cosi' arrogante Harry, so che non sei cosi'.'' disse Anne avvicinandosi a lui che roteò gli occhi al cielo. Dopo quelle parole me ne andai, presi lo scatolone e ritornai da Gemma con un peso sullo stomaco. Mi sentivo male, non desiderata. E se questa famiglia mi teneva solo perchè facevo pena? Solo perchè non avevo un posto in cui stare? Mi sentivo uno schifo, una totale merda. Avevo 17 anni, cazzo andarmene a vivere da sola non andava bene? Sarei stata di gran lunga meglio, avrei avuto il tempo per sfogarmi, chiudere le ferite che ancora mi bruciavano dentro. Ma no, ero sempre da proteggere. Ero sempre quella ragazza di cui dovevano prendersi cura, che palle. Mi distesi sul letto con la musica dentro le orecchie, mentre la tristezza si faceva spazio in me. Mi sentivo cosi' debole e cosi' priva di forze, chiusi gli occhi mentre le diverse melodie mi cullavano. 

Getaway.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora