Capitolo 3: Ricordi a galla

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"Essere un'isola, essere totalmente separati, è necessariamente una morte? E' possibile, ma non necessario" Oliver Sacks, "L'uomo che sbambiò sua moglie per un cappello"

Non parlai mai ad Anna di ciò che avevo visto quella sera e neanche a Tommaso, la nostra regola era di dirci tutto, ma i primi ad infrangerla erano stati loro.

Ricordo che rimasi seduta sulla sabbia ad osservere gli altri e il modo in cui tutte quelle vite mi sembrassero perfette, li vedevo ridere, ballare e bere, sembravano non conoscere la tristezza e non curarsi dei problemi. Al tempo avrei dato l'anima per essere come loro, potermi sentire leggera almeno per una sera, ma anche se mi impegnavo perchè accadesse, una forza enorme mi inchiodava al suolo.

Una cosa però era certa: quella sera erano tutti vuoti. Guardandoli mi accorgevo di come svuotavano ogni sentimento, perchè d'intralcio al divertimento, vedevo sorrisi di carta tendersi per non mostrare alcuna crepa. Nonostante un po' li invidiassi, qualcosa in me mi suggeriva che non ero l'unica a sentirsi persa, sommersa e non ero la sola con il cuore in pezzi.

La prima volta che mi innamorai di Tommaso fu il giorno stesso in cui lo vidi, quando sorrise e le gote si colorarono di rosso, mi innamorai della sua versione bambino innocente, impacciato, curioso. La seconda volta invece, fu quando ci sentivamo grandi e credavamo di conoscere il mondo, a tredici anni, quando le punizioni aumentavano, i bagni in mare si facevano di notte e lui era sempre il primo a tuffarsi. 

Ho sempre pensato che di qualcuno non ci si innamora una volta sola e dopo aver consciuto Tommaso ne ho avuto la conferma: l'amore non ha una data di inizio o di scadenza, nasce, cresce, diventa enorme, ingestibile, a volte travolge, qualche volta si affievolisce e si spegne, ma lo fa di continuo, senza darsi dei limiti, delle regole da rispettare. Sarebbe bello poter infilare la vita in una formula già scritta, una di quelle che ti fanno studiare a memoria e non ti spiegano perchè si faccia così. 

Appoggiai la testa sulle ginocchia e per un attimo il mare si placò, le voci alle mie spalle si zittrono ed io sentii la sua voce sussurrarmi "ricordi a galla..." era un gioco che facevamo sempre da piccoli, chiusi gli occhi ed immaginai un piccolo Tommaso con un gelato al limone in mano, chiedermi: - Giochiamo?- 

- Va bene, inizio io- rispose allora la bambina che era in me - ricordi a galla... limone!-

- Mmh... limone? Ok, ci sono! Quella volta che abbiamo raccolto con mio nonno i limoni in giardino e tu ti sei graffiata con le spine- 

Anche se era tutto nella mia testa, l'immaginazione non sbagliava, Tommaso avrebbe sicuramente ricordato quel momento.

- Tocca a te, Tommi- 

- Ricordi a galla... stelle!-

- Facile, quella volta in cui tu ti eri messo in testa di contarle tutte, sei arrivato a dieci e ti sei addormentato-

Sorrisi fra me e me, mentre il gioco sotto le mie palpebre continuava, era il mio turno: - Ricordi a galla... abbraccio!-

- Ci sono! Quella volta in cui io piangevo a dirotto e tu mi hai abbracciato dicendo che era tutto finito... oppure quella volta in cui provai ad abbracciarti io, ma eravamo per strada, aveva appena piovuto, cademmo a terra entrambi- rispose il piccolo Tommi.

Sarebbe dovuto essere il turno di Tommaso, ma del resto io e la mia mente eravamo le uniche partecipanti, perciò ho deciso di cambiare le regole: - Ricordi a galla... sesso. Quella volta in cui mi avevi chesto se l'avessi mai fatto, ti risposi di no e tu esclamasti  "Cosa aspetti, non siamo più bambini" ed io dissi che aspettavo la persono giusta, perchè non avevo il coraggio di dire che aspettavo te.- 

Sospirai e strinsi più forte gli occhi e i pugni nella sabbia, poi proseguii: - Ricordi a galla... innamorarsi. Quella volta in cui tu mi chiedesti "Ti sei mai innamorata, Ro'?" ed io risposi di sì, più di una volta e tu sorrisi, senza chiedermi di chi.- 

- Ricordi a galla... panico. Quella volta in cui ebbi il mio primo attacco di panico, quattordici anni e tu mi portasti in giardino- Era come se non riuscissi più a fermarmi.. 

- Ricordi a galla... vomito. Quella volta in cui mi fecero bere così tanto da sentirmi male e vomitai, ricordo le tue mani tenermi fermi il capelli e stare attente che non sbattessi la testa- 

Respirai così forte che iniziai ad inalare sabbia, tossii fino a farmi lacrimare gli occhi, cercai di alzarmi, ma una mano si posò sulla mia spalla. Mi girai e vidi Tommaso, non quello piccolo con il gelato al limone in mano, ma quello che mi offrì un drink alcolico e mi chiese: - Che succede, Ro'?- 

- Pa...ni...co- Riasposi con fatica, era come se ogni forza mi avesse improvvisamente abbandonata, sentivo di non avere più alcun controllo su me stessa, sul mio corpo, i respiri prendevano sempre più velocità e l'ossigeno non riusciva a riempire i polmoni, tanti puntini neri invasero la mia vista e inizia a tremare. 

- Ro'? Ro', Rosa, mi senti?- 

Sentivo, ma ero come incastrata nel mio corpo, i pensieri non riuscivano ad uscire dalla testa, perchè la voce restava bloccata in gola da un nodo che si faceva sempre più stretto e ben presto iniziò a stritolarmi anche lo stomaco. Ecco cosa si prova ad essere schiacciati in una morsa, ad essere calpestati, investiti, sommersi, travolti... ecco cosa si prova ad essere impotenti nella propria vita.

- Rosa non fare scherzi, dai ti prego rispondimi, guardami... guardami!- 

Feci uno sforzo enorme, sollevai il capo che sembrava essere diventato di piombo e lo guardai negli occhi, che erano del colore del cioccolato, talmente dolci da scioglierti il cuore, se non stavi attento però, rischiavi che te lo cariassero. Quel colore mi invase e i brividi aumentarono, frenetici, prepotenti mi scuotevano, sentivo il sangue zampillare nelle vene e poi bloccarsi, diventare di ghiaccio, avevo paura, non riuscivo più a distinguere dove iniziasse il mio corpo e dove il suo.

Alla fine vinse il corpo, gli occhi si chiusero, le orecchie fischiarono talmente forti da provocare fitte atroci alla testa, i tremori si fermarono di colpo ed io fredda come ghiaccio caddi a terra. 

Dicono che si possa ascoltare anche con il cuore, io non so come feci, ma sentii Tommaso piangere, lo sentii pronunciare il mio nome e poi quello di Anna, chiedere aiuto e poi... chiese scusa: - Ro'... Ro'... scusa... scusa, non dovevo andarmene, dovevo restare qui... Ro', mi dispiace, non mi ero accorto che stavi male, non avevi mai avuto un altro attacco di panico dopo quella volta. Rosa, sono qui.- 

La sentivo correre nella mia testa quella frase, "Rosa, sono qui", saltava, inciampava ma senza cadere mai, andava più veloce, sbatteva contro qualcosa, rotolava e riprendeva a correre, dove andasse non lo so, ma la sentii ripetersi talmente tante volte che non ne distinsi più il significato. "Rosa, sono qui." Ed io mi chiedevo dove fosse quel luogo, perchè mi sentivo distante anni luce, come le stelle che quella sera ci guardavano da lontano. 


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