Capitolo 2: La cabina di legno

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"Quella sensazione lì che hai quando senti che è bastato un niente ed è cambiato tutto... " Enrco Galiano, "Eppure cadiamo felici" 

Il telefono iniziò a vibrare sul comodino, posai il libro che stavo leggendo sul lenzuolo in disordine, mi allungai e lo presi.

- Ro', passo alle 20.00 fatti trovare pronta!- La voce di Anna mi arrivò dritta alle orecchie, gracchiante 

- Perché?- Chiesi con disinteresse mentre riaprivo il libro e con gli occhi seguivo le righe susseguirsi l'una all'altra come gli anelli di una catena.

- Cazzo, ma sei sempre la stessa! Mi chiedo perché mi stupisco tanto ogni volta. Lo sapevo che non dovevo chiamarti... Dovevo passare da te in motorino senza dirti nulla e portarti alla festa in pigiama- disse brontolando e sbuffando a voce alta.

- Dai, non prendertela, ci vediamo stasera, ok?- non feci in tempo a finire la frase, che Anna chiuse la chiamata in modo frettoloso.

Fin da bambine era sempre Anna a dovermi ricordare gli appuntamenti, perché a volte è come se vivessi in un mondo tutto mio, una dimensione parallela alla realtà, per fuggire dai piccoli problemi quotidiani.

Mancavano soltanto poche ore all'appuntamento, così entrai in doccia e cercai invano di pettinare i capelli, dopo aver sofferto con il pettine in mano, scoprii che nell'armadio non avevo nulla di adatto a un festa, così indossai per l'ennesima volta il vecchio vestito di mia mamma. Era azzurro, di un tessuto sottile ma ruvido, smanicato e con uno scollo a intreccio sul davanti, la gonna scendeva dritta sulle gambe fino alle ginocchia.

Misi un po' di profumo sul collo e sui polsi, poi raccolsi i capelli biondi e lunghi in uno chignon un po' spettinato, sul viso mi ricadevano due ciocche ribelli e leggermente piú chiare a causa del sole preso negli ultimi giorni. Ho sempre avuto diversi problemi a sistemare i capelli in modo ordinato, per via della loro forma, instabile e caotica, le ciocche sono ondulate e qualche volta mi ricordano le onde del mare. 

Sentii il suono del clacson e affacciandomi dalla finestra vidi Anna, si stava togliendo il casco e come sempre i suoi capelli lisci erano in perfetto ordine, corti e neri le incorniciavano il viso, le sopracciglia folte ma curate erano leggermente nascoste dalla frangetta. Le labbra rosse attiravano tutta l'attenzione, le labbra di Anna erano sempre la prima cosa che le persone notavano di lei, molti, compresa me, si perdevano a guardarle muoversi veloci quando parlava. Gli occhi blu erano due piccole luci in quella cornice di nero, quella sera era truccata in modo semplice, solo rossetto, mascara e illuminante ed io la trovavo ancora più bella.

Salii sul motorino, Anna mise in moto dopo aver sistemato la gonna del vestito rosso con lo spacco laterale, quando partimmo il vento mi accarezzò il viso con aria calda e afosa, guardai il mio piccolo paese allontanarsi, una casa dopo l'altra arrivammo in spiaggia.

Lí c'era un un lido grande, con gli ombrelloni bianchi e verde acqua, all'interno un piccolo bar, in cui si affollavano onde di adolescenti, riconobbi qualcuno del mio paese, ma la maggior parte veniva da posti vicini. 

Tommaso ci raggiunse, aveva i ricci castani definiti ed ordinati, le lentiggini sul viso erano aumentate, le guance leggermente arrossante, indossava una camicia bianca un po' stropicciata e dei pantaloni blu.

Non ero abituata alle feste e neanche Anna e Tommaso, ma loro avevano la capacità di adattarsi in ogni situazione, in qualche modo ovunque si trovassero erano sempre a loro agio, Anna ballava e beveva, Tommaso beveva anche lui e chiacchierava con ragazze che non avevo mai visto prima. Presi da bere solo per tenere le mani occupate e mi spostai leggermente uscendo dalla folla, avevo bisogno di aria e di tempo per ambientarmi.

Qualcuno si avvicinò a parlarmi ma solo per poi tornare a ballare insieme agli altri, non mi restava che aspettare paziente che la festa finisse.

Uscii sulla spiaggia, conoscevo un posto tranquillo in quel lido, del resto ogni luogo di questo paese era stato lo scenario di tutta la mia infanzia e adesso dell'adolescenza, raggiunsi velocemente il retro del lido, in cui si trovava una piccola cabina in legno, pitturata di verde acceso, con delle conchiglie bianche disegnate  sulla porta, adesso un po' scolorite dal tempo. A scoprire quella vecchia cabina ero stata proprio io, mentre giocavo a nascondino con Anna, mi nascosi lì dentro e lei non riuscì a trovarsi, urlava il mio nome in ogni angolo della spiaggia, mentre io, rannicchiata, con il cuore che martellava nel petto, soffocavo le resate. Da quel giorno quello diventò il nostro posto per scappare dagli adulti o da qualsiasi altra cosa ci era di intralcio, ci mettavamo entrambe sedute a gambe incrociate, ci guardavamo negli occhi, nella penombra le raccontavo storie che costruivamo insieme, ridendo a crepapelle.

Sul retro c'era una piccola finestrella sporca di sabbia e sale, non so se furono quei ricordi così felici e teneri, l'atmosfera un po' malinconica della serata o ciò che avevo bevuto, ma mi sentii schiacciata, soffocata dalla realtà. E' facile dire che nella vita le cose cambiano e le persone crescono, ma il difficile sta nell'accettarlo quando vedi con i tuoi occhi un presente che non coincide con quello che ti aspettavi.

La prima cosa che vidi fu il vestito rosso ondeggiare nel vuoto,  muoversi leggero, poi le sue braccia sottili, le mani bianche spostarlo lentamente. Ciocche di capelli neri si intrecciavano a ricci castani, il contrasto tra la pelle di Anna candida e quella di Tommaso abbronzata era ipnotico. Lì, con i piedi conficcati nella sabbia, gli occhi gonfi di lacrime, potevo sentire i loro respiri rincorrersi frenetici, sempre più brevi, semprè più veloci, cercavano di incontrarsi e si affannavano rumorosi. La testa di lui che si perdeva sul corpo ormai nudo di lei, i riccioli castani che seguivano un ritmo tutto loro e che probabilmente dovevano fare il solletico ad Anna, che con la testa riversa all'indietro chiudeva gli occhi, spegnendo per sempre la luce che vedevo in lei. 

Corsi via alzando la sabbia al vento fresco della notte, mi nascosi in un angolo della spiaggia dimenticato dalle luci della festa, piangevo senza neanche accorgermene e la paura di soffocare cresceva in me, mi sentivo annegare in quel mare di emozioni che ora era molto più agitato e mosso di quello che mi stava davanti agli occhi. La vista si appannò a causa delle lacrime ed io sempliemente aspettai, perchè me lo aveva detto Tommaso: un giorno di qualche estate fa, mi disse di aspettare che la marea passi, prima di tuffarmi. Così feci, aspettai, ma mentre attendevo, da qualche parte c'era qualcuno che aveva già iniziato a nuotare. 














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