Capitolo 20: Non è vero, ma ci credo

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"Procedevamo allo stesso ritmo, negli occhi la partenza, che quella la si conosce sempre, e nel respiro una quieta fiducia, come quella di certe anime scalze mentre risalgono i fiumi in cerca della sorgente." Fabio Geda, "Anime scalze"

Non sono mai stata una persona superstiziosa e forse non lo sono nemmeno adesso, non avevo cornetti appesi in casa, bracciali con amuleti, pietre speciali e non ci facevo mai caso se trovavo un quadrifoglio o se una coccinella si appoggiava su una mano. 

Eppure quando sentii il suono della sveglia quella mattina, la vocina nella testa ricominciò ad allarmarsi come non faceva da tempo, mi disse di restare a letto, così io aspettai altri cinque minuti, distesa, con il viso sprofondato nel cuscino.

Ci volle uno sforzo immenso per appoggiare i piedi per terra e tirarmi su, inizia a vagare per casa, sapevo di avere poco tempo ed ero consapevole di dover fare ancora tente cose, ma quella vocina continuava ad urlare: - Non ancora, aspetta!

Aspettai, finchè non arrivò il momento di preparare la borsa, presi il salviettone da mare, lo piegai e lo misi per primo, poi aggiunsi il costume di ricambio, la custodia degli occhiali, il pranzo, l'acqua, la crema solare e "Il buio oltre la siepe" anche se sapevo di non avere il tempo di leggere.

Dopo aver fatto colazione, andai a prepararmi e proprio mentre stavo indossando gli occhiali da sole, Tommaso e Anna suonarono il citofono, gettai un urlo dalla finestra per avvisarli che sarei scesa a breve. Mi presi forse ancora due o tre minuti per cercare le infradito che erano finite sotto un mobile e poi salii in macchina.

- Auguri!- Esclamai

- Grazie, Rosa, siete tutti pronti?- Chiese Tommaso, noi facemmo un cenno della testa e suo cugino Mario accese il motore.

Era il 12 Agosto, il compleanno di Tommaso, ogni anno festeggiavamo andando all'acqua park, portavamo il pranzo al sacco e ci fermavamo tutto il giorno, poi verso sera tornavamo tutti a casa sua, dove cenavamo e ci fermavamo a dormire.

Mario ci avrebbe dovuto accompagnare in macchina e poi per il ritorno ci sarebbe stata Sandra. Tommaso chiuse il finestrino e accese l'aria condizionata, alla radio partì una canzone latino americana, dal ritmo leggero e il testo orecchiabile. 

Il 12 Agosto custodiva soltanto ricordi belli, era stato proprio durante questa data, che un anno, quando acora eravamo troppo bassi per salire sulla maggior parte delle giostre, avevamo inventato il nostro gioco.

- Ricordi a galla... zucchero filato- Dissi

Anna scoppiò immediatamente a ridere ed io più forte di lei, Tommaso ci fulminò con lo sguardo attraverso lo specchietto.

- Non è affatto divertente- Sentenziò poi.

- Cosa?- Chiese curioso Mario, mentre accennava un piccolo sorriso. Aveva vent'anni, i capelli castani e ricci come quelli di Tommaso, ma niente occhi cioccolato, lentiggini o fossette.

- E' uno stupido gioco che facevamo da bambini- spiegò al cugino.

- Non è stupido! Ti spiego io: uno del gruppo può dire quando vuole, meglio in un momento in cui gli altri sono distratti, "ricordi a galla". Una volta che l'ha detto però, inizia automaticamente il gioco e non puoi tirarti indietro, finchè qualcuno non vince.- Disse Anna

- Dopo aver detto "ricordi a galla", bisogna dire la prima parola che salta in mente, riferita però a un ricordo che possiedono tutti i partecipanti, credo si possa giocare solo se si è amici da tanto- Specificai, mentre Anna annuiva, per poi proseguire:

- Dopo di chè, gli altri devono indovinare il ricordo che è legato a questa parola. Chi ne azzecca di più vince- 

- E quali ricordi avete con lo zucchero filato?- Chiese Mario, osservadoci accigliato dallo specchietto.

Ricordi a gallaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora