Capitolo 32: L'inizio della fine

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"Anche il cielo più buio ha la sua stella"

"Oliva denaro", Viola Ardone 

Infilai le cuffiette nelle orecchie ed inizia a correre. Corsi come non avevo mai fatto prima d'ora, ignorai il dolore che mi pungeva un fianco, il fiato che rimaneva bloccato nella cassa toracica e il cuore che non riusciva a mantenere il ritmo delle gambe. Corsi con la testa bassa per proteggere gli occhi dall'aria fredda di quella mattina, con i capelli che si muovevano disordinati al vento, le guance rosse, la frote e la schiena sudata e un unico pensiero in testa: 

"Lui mi ama ancora" 

Se mi concentravo bene riuscivo a vedere questa frase farmi strada, le parole che si tendevano verso di me, quasi a volermi trascinare con loro. Percepivo quel pensiero nella testa, che prendeva a pugni ogni dubbio, tentazione, rimorso. Poi si spostava nel cuore e lo incoraggiava ad andare avanti, a risparmiare i battiti più sonori per quando lo avrei visto. Infine tutti quei suoni, si nascondevano dietro di me e mi spingevano, urlavano alle gambe di muoversi, ai piedi di andare più veloce, finchè non sarei arrivata davanti a quel cancello.

Inchiodai i piedi sul cemento, la suola delle scarpe, come una gomma per cancellare, si consumò su quel marciapiede. Mi piegai in due, stringendo forte lo stomaco, che si attorcigliava su se stesso e creava grandi nodi. Con la bocca aperta e le narici dilatate cercai di prendere più aria possibile e sembrava non bastare mai, finchè poi il corpo non si calmò ed io suonai il camapanello.

- Chi è?- Gracchiò una voce di donna dall'altra parte.

- Sandra, sono Rosa, devo parlare con Tommaso- 

Senza bisogno di aggiungere altro il cancello si aprì con il solito "clic" ed io costrinsi le mie gambe stanche a trascinarmi lungo il vialetto fino all'ingresso.

- Rosa! Da quanto tempo! Come stai? Entra- Sandra mi strinse in un abbraccio stretto e pieno di nostalgia, rimasi pietrificata davanti a tanta dolcezza e ci vollero diversi secondi prima che ricambiassi.

- Ciao... ehm, sto bene... credo- balbettai, mentre percepivo il suo viso umido vicino al mio e immaginavo i suoi occhi diventare lucidi.

- Senti... devi aiutarmi- continuai.

- Certo, dimmi tutto, è successo qualcosa?- 

- Devo parlare con Tommaso- quando pronunciai il nome del figlio, lei abbassò gli occhi e con la sua mano ancora stretta nella mia, mi disse:

- Non ti assicuro che lui ti vorrà parlare ma... vai, vai, assolutamente- sorrisi e lei ricambio dandomi un bacio a stampo sulla fronte, poi mi precipitai su per le scale diretta alla stanza dalle pareti arancioni.

Bussai. Nessuna risposta.

Bussai la seconda volta. Ancora niente. 

Afferrai la maniglia ed entrai.

La porta si aprì lasciando intravedere la sua scrivania, poi il letto disfatto ed infine lui, disteso si spalle, addormentato.

Entrai senza fare rumore e richiusi la porta alle spalle, mi avvicinai al letto e mi sedetti lì accanto, riuscivo a sentire il calore del suo corpo e il suo respiro, in quel momento realizzai quanto mi fosse mancato.

- Tomma', svegliati- sussurrai e lui mosse leggermente la testa.

- Tomma', sono io, svegliati- sospirò assonnato, si portò le mani al viso strofinando gli occhi ripetutamente, poi sbadigliò, si girò ed infine mi guardò.

Quando realizzò chi fossi, si raddrizzò a sedere, appoggiando la schiena alla spalliera del letto, in questo modo si allontanò un po' da me, forse qualche centimetro, ma fu come se ci fosse un abisso fra di noi. 

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