Capitolo 15: Nessuno nasce imparato

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" E mi piglia la paura che un giorno sarò anch'io così, che crederò a tutto quello che dicono i libri e cercherò di fare stare zitta la vita che sta seduta agli ultimi banchi e mormora. Cercherò di imprigionare il mondo in una formula matematica e lo lascerò lì, a ringhiare detro le sbarre. " Giulia Carcasi, "Ma le stelle quante sono". 

Qualche giorno dopo sarei dovuta andare dal dott. Giubbeni per la solita seduta, dissi alla mamma che sarei andata da sola in bici. 

Mia madre e mio padre si erano sempre fidati molto di me, mi conoscevano bene o almeno questo è ciò che gli feci credere per anni.

Sono convinta che tutti abbiano un enorme difetto a tratti insormontabile, il mio è sempre stato mentire: sono un'ottima bugiarda, anche se ho sempre utilizzato questa capacità a fin di bene, l'obbiettivo era utilizzare qualche piccola bugia per non far preoccupare gli altri.

Fin dal momento in cui avevo afferrato la bici, sapevo che non sarei andata dal dottore, i miei pensieri erano ben fissati in mente, come post it su un pannello di legno, ciò che volevo erano risposte, altre risposte, che potessero aiutarmi a capire chi erano davvero i miei amici. 

Pedalavo velocemente e con tutta la grinta che avevo in corpo, avevo fretta di arrivare a casa di Anna, suonare il campanello e catapultarmi nella sua stanza. 

A bassa voce canticchiavo una canzone che avevo sentito quella mattina alla radio, di cui ricordavo soltanto una piccola parte: 

" Out the dark and into the light 

Half love, half regret

Dressing up for polaroids and cigarettes

Socialize, romanticize the life" 

Nel frattempo traducevo ogni parola nella mente, cercando di capire cosa mi avesse portato ad impararle a memoria:

" Fuori dal buio e nella luce

Metà amore, metà rimpianto

Vestirsi per polaroid e sigarette

Socializzare, romaticizzare la vita" 

Guardai il mare e in quel momento immaginai che le cose fossero diverse, era una specie di gioco che facevo sempre da bambina, mi piaceva fantasticare sulle possibilità della vita. Quel giorno immaginai che fosse il mare, tramite le sue onde a dirmi di andare da Anna, assicuramdomi che se l'avessi ascoltato, tutto sarebbe andato bene. Io mi fidavo del mare, era come un angelo custode che mi guidava da lontano, così lo ascoltai e preferii questa versione dei fatti. 

Scelsi di sembrare strana, dicendo che fosse stato davvero il mare a guidarmi da un'altra parte, ma la verità era che ci credevo davvero. Sei veramente bravo a mentire solo quando inizi a credere alle tue stesse bugie.

Legai la bici al cancello, poi suonai il citofono.

- Chi è?- gracchiò una voce di donna

- Signò, sono Rosa, Ro', si ricorda? L'amica di Anna!-

- Weee Ro', entra!-

Salii le scale a chiocciola del palazzo quasi correndo, una volta entrata salutai sua madre, che stava terminando un lavoro all'uncinetto, mentre la sorellina di Anna giocava con un paio di bamboline di stoffa.

La mia amica era appena uscita dalla sua camera, mi sorrideva confusa e sorpresa allo stesso tempo, senza aggiungere altro, la trascinai di nuovo dentro, dicendo:

- Ti devo parlare-

- E' successo qualcosa, Ro'?-

- No, Anna, non è successo qualcosa, è successo di tutto!- strepitai, mentre lei chiudeva la porta a chiave

Ricordi a gallaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora