11. di quell'assemblea che ha dato inizio ad una rivolta

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TOMMASO

Mastico i cereali che sto mangiando per colazione mentre osservo il muro bianco della cucina, pensando alle cose più disparate.
Prima di tutto, Parviz ha sbagliato a comprare marca di cereali (come se io e Davide non mangiassimo sempre le stesse esatte cose da dieci anni) e questo è già stato abbastanza per rovinarmi la giornata.
Inoltre è lunedì e il lunedì non può mai essere un giorno felice per principio.

Addento l'ennesimo cucchiaio di cereali, guardando il muro come se potessi bucarlo con la sola potenza del mio sguardo e seduto accanto a me, ancora mezzo addormentato, Davide si schiarisce la voce.
"Tutto bene?" Mi domanda, dandomi una leggera gomitata e io non lo degno neanche di uno sguardo.
"Alla perfezione." Rispondo, come se non avessi passato gli ultimi due giorni a ripetere in loop nella mia testa l'ultima conversazione che ho avuto con Bibi Blue.

Dopo aver girato i tacchi ed essere letteralmente scappato da casa sua con la coda fra le gambe, ho marciato fino alla sponda destra il più velocemente possibile.
Ho valutato persino l'opzione di buttarmi nel lago e rimanere lì per sempre pur di non pensare alle stronzate che ho detto.
La ragione però ha prevalso e sono arrivato a casa incazzato, stanco e con un diavolo per capello.
Non ho salutato nessuno se non mia madre e mi sono rifugiato in camera mia per le seguenti tre ore.

Ho passato quelle tre ore con le cuffie nelle orecchie e The Weekend sparato a palla.
Per automotivarmi, capito.
Mi sono concentrato sul piano, mi sono autoconvinto di non aver fatto una figura di merda e quando sono sceso giù per cena sembravo essere una persona nuova.
Sorridente, simpatico e il tipico Tommaso di sempre.

Peccato che Davide mi conosca più di quanto mi conosca io stesso.
Subito dopo cena mi ha placcato in corridoio, tenendomi fermo contro al muro per obbligarmi a parlare.
Avrei potuto scrollarmelo di dosso, ma ho scelto di non farlo perché avevo bisogno di qualcuno che ascoltasse le mie pippe mentali.
Quando gli ho raccontato tutto, Davide ha passato dieci minuti buoni a ridere come un coglione.

Adesso, a colazione, mentre io ho lo stesso umore terribile che avevo sabato sera, Davide mi osserva con un ghigno stampato sul volto.
Sta per dire una delle sue solite stronzate, lo sento.
"Non è che stai, per caso, pensando ad un... bacio?"
Eccolo, puntuale come un orologio svizzero, quel coglione che chiamo migliore amico e che non è capace di tacere.

"Davide." Ringhio, perché sarebbe stupido dire che no, non ci ho pensato ad un bacio con la Caneva.
Perché non è vero.
Negli ultimi due giorni ci ho pensato pure troppo e la cosa non va per niente bene.
È un piano estremamente semplice, cazzo.
Scegli una foscoliana, metti in piedi una relazione finta, la sfrutti e poi vi lasciate di comune accordo.
Qualcosa sta facendo deragliare il mio piano dal progetto iniziale e non va assolutamente bene.

"La devi smettere di farti tutti questi complessi." Inizia Davide, usando il cucchiaio dei cereali per puntarmelo addosso come se fosse la bacchetta di Harry Potter.
"Sei in una finta relazione con una ragazza che è oggettivamente bella e simpatica, è normale che tu faccia certi pensieri su di lei. Anzi, mi stupisce che i tuoi pensieri non vadano in direzioni peggi-"
"Taci." Lo ammonisco, rifilandogli un calcio sotto al tavolo e Davide mugula di dolore per un secondo, per poi tirarmi un coppino che per poco non mi fa strozzare con latte e cereali.

Davide continua a puntarmi addosso quel maledetto cucchiaio.
"Mi devi ascoltare, sono la tua coscienza."
"Siamo messi male, allora." Replico, anche se non è vero.
Fra tutti gli amici deficienti che mi ritrovo, Davide è la migliore coscienza che io possa avere.
Anche la più stronza, probabilmente.
"Sei messo benissimo, invece, perché sto per dirti qualcosa che ti farà capire che devi darti da fare e sfruttare questa tua finta relazione."
Esclama Davide, prendendo il telefono e piazzandomi sotto agli occhi l'ultimo post dell'Adelchi a Zacinto.

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