14. di quando il tuo ex e il tuo finto fidanzato fanno partire una rissa

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A volte mi chiedo che cosa mi passi per la testa, perché devo sempre essere così buona, dare seconde possibilità a chiunque me lo chieda.

Lo so che è una brutta idea.
Lo avevo già capito nel momento in cui ho risposto al messaggio del mio ex ragazzo dicendogli va bene, dimmi dove e quando.
Flavio Giacinti, quello che pensavo sarebbe stato il grande amore della mia vita, ha ancora del potere su di me e la cosa non mi piace.

Ci siamo lasciati praticamente due mesi fa (non mi metto a contare i giorni esatti perché potrei mettermi a piangere) ma ormai è passato abbastanza tempo perché io riesca a non farmi mettere i piedi in testa.
O almeno, lo spero.

Mentre mi preparo riesco quasi a sentire le voci delle mie migliori amiche che mi dicono ma che cazzo fai, deficiente! ma le ignoro, scegliendo invece di fare di testa mia.
Nessuno sa di questa cosa.
E quando dico nessuno intento proprio nessuno.
Non ne ho parlato con anima viva, un po' perché me ne vergogno, un po' perché so che mi piglierei insulti da chiunque.

Indosso un maglione blu perché mi sono autoconvinta che indossare il mio colore preferito possa darmi la confidence necessaria per dire al mio ex fidanzato di andarsene a quel paese una volta per tutte.
Sopra metto una giacca a vento grigia che chiudo fino al massimo, mi lancio un ultimo sguardo allo specchio, ignorando le occhiaie, per poi sospirare.
Forza, Bibi Blue.

Gli ho detto di aspettarmi vicino a scuola, perché farlo venire a casa mia sarebbe un'idea terribile.
Vederlo davanti alla mia porta farebbe salire a galla ricordi che sto cercando di dimenticare: ha frequentato casa mia, la mia camera e i miei genitori per così tanto tempo che portarlo di nuovo qui farebbe sparire tutti i progressi che ho fatto nelle ultime settimane.

Prendo il pullman venti minuti prima dei miei cugini e di Prima, mento spudoratamente e mando un messaggio al gruppo che ho con le ragazze in cui dico che vado a scuola prima perché devo copiare la versione.
È una scusa come un'altra, la versione di compito l'ho già copiata da internet ieri sera, ma loro sono ignare di questo e va bene così.

Scendo dal pullman e vedo la mia camminata verso al Foscolo come il viaggio di Dante verso l'Inferno.
Mi sento come lui quando si è ritrovato in mezzo alla selva oscura.
Smarrita, stordita e con grande bisogno di aiuto.

Mi farebbe comodo se Virgilio si materializzasse qui davanti a me per dirmi che pesci pigliare, perché ora come ora sto valutando seriamente l'idea di tornare a casa, chiudermi in camera e ignorare il resto del mondo fino alla fine dei miei giorni.

Quando mi avvicino a scuola e vedo la figura di Flavio appoggiata al muro, i suoi occhi grigi chiusi e un paio di cuffie nelle orecchie, cerco di non pensare agli ultimi mesi dell'anno scorso.
Mi veniva a prendere a casa e andavamo a scuola insieme sulla sua moto, avevo un casco tutto mio, tinto apposta di blu perché è il mio colore preferito e si divertiva sempre ad andare veloce solo per sentire le mie mani stringersi sulla sua giacca.

"Allaccialo bene!" Mi lamento, tirandogli un leggero pugno sul suo petto e Flavio mi fa il verso, lasciandomi un bacio sulle labbra prima di stringere meglio il casco.
"Hai sempre così tanta paura..."
"Perché guidi come un pazzo! Già a papà non piaci, figurati se ci rimango secca perché tu sei incapace di rispettare i limiti di velocità."
Flavio ride e penso che mi piacerebbe poter registrare la sua risata in modo tale da riascoltarla tutte le volte che ne ho bisogno.

Scaccio il ricordo dalla mia testa, deglutisco e mi avvicino a lui, cercando di dimenticarmi tutte le volte in cui l'ho guardato, amato e baciato.
Ce la puoi fare, mi ripeto e osservo il mio ex aprire gli occhi e rendersi conto della mia presenza.
In un attimo fa sparire le cuffie, si schiarisce la gola e mi regala un sorriso leggero a cui io non riesco a rispondere.
Mi guardo i piedi, le mie dita si ancorano all'orlo della giacca a vento che indosso e stringono il tessuto con forza.

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