21. di vacanze a casa Caneva

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Non puoi capire cosa significa trascorrere un Natale a casa Caneva finché non lo vivi sulla tua pelle.
È un'esperienza che non so esattamente se descrivere come positiva o negativa.
Rimane il fatto che è sicuramente qualcosa che non ti scorderai mai.

Sono abituata ad avere tutti i miei cugini intorno, andiamo a scuola insieme, ci vediamo ogni giorno, poi le nostre mamme organizzano costantemente pranzi la domenica, ma le feste sono tutt'altra cosa.

È tipico ritrovarci tutti a casa dei miei zii, perché hanno sei figli ed hanno la casa più grande e anche se stretti, ci stiamo tutti.
Il non dover occuparsi di avere abbastanza cibo e la casa in ordine e l'unico sollievo dei miei genitori in queste giornate.

"Cappotto bianco o beige?" Domanda mia madre, entrando in camera mia con due appendini e cappotti alla schiera, mostrandomi prima uno, poi l'altro.

Ho un certo gusto in fatto di vestiti: a parte la mia grandissima ossessione col blu, posso dire che un poco me ne intendo.
Il mio passatempo preferito è rattoppare vestiti, crearne di nuovi e rendere i miei abiti più personali, più vissuti, quindi se in casa c'è un problema di moda, ci si rivolge sempre a me.

"Beige." Replico a mia madre mentre indosso i miei orecchini preferiti. Sono dei semplicissimi orecchini in oro bianco a forma di fiocco,  un regalo di mia nonna di quando ero bambina e nonostante siano passati anni, continuo a metterli.
Li porto più per un significato emotivo che per altro e oggi sinceramente non ho voglia di mettermi troppo in tiro.

"Sicura?" Domanda mamma, guardando prima un cappotto poi l'altro come se questa fosse la decisione più importante dei suoi ultimi dieci anni di vita.
"Sicura, ma." Le rispondo con un sorriso, per poi guardarmi allo specchio per l'ultima volta.

Indosso un vestito nero che arriva a metà coscia, uno di quelli un po' da bambina col colletto bianco che mi fa sembrare più una scolaretta che altro, ma è l'abito giusto per un pranzo di Natale in famiglia.
I miei capelli non è che vadano totalmente d'accordo col nero del vestito: il blu notte fa un po' a pugni col color pece, ma tanto gli unici che mi vedranno saranno i miei cugini, quindi chissene frega.

Completo il tutto con un elegante cerchietto bianco e ai piedi metto le solite Dr Martens, non sfaticandomi nemmeno troppo per sembrare carina.

È quando scendo all'ingresso e trovo mia sorella Adele vestita di tutto punto, con un trucco fatto a pennello e una scia di profumo che si sentiva fino a su dalle scale, che alzo un sopracciglio.
"Non. Una. Parola." Sibila mia sorella e io guardo mio padre, che si sta tastando le tasche alla ricerca delle chiavi di casa.

È da lui che ho preso la testa sulle nuvole e senza aprir bocca prendo le chiavi dalla ciotola messa vicino alla porta e gliele porgo.
Papà borbotta un grazie sottovoce, lanciandomi uno sguardo consapevole.

"Non ho detto nulla." Replico, tornando a guardare Adele e lei sbuffa, incrociando le braccia al petto.
"Senti. Sono due settimane che non esco di casa perché sto studiando. Per me questo pranzo è come la fashion week." Ci tiene a farci sapere mia sorella, passando un altro strato di lip gloss sulle due labbra.

Effettivamente, Adele sembra essersi vestita come se ci fosse Miuccia Prada ad aspettarla a pranzo, non zio Manfredi e il resto della truppa dei Caneva.
Mia sorella ha optato per un look estremamente sobrio con questa pelliccia finta bianca e un paio di tacchi vertiginosi che hanno fatto spalancare gli occhi persino a mio padre.

"E te ti sei messa quei trampoli per fare dieci passi?" Chiede infatti papà non appena scende anche mamma in tutta la sua gloria con quel cappotto beige che le avevo detto io di mettere. Almeno qualcuno mi ascolta.
Mi ascoltassero più persone, probabilmente questa città avrebbe la metà dei problemi che ha ora.

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