XXXII (VII)

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era finalmente arrivato il grande giorno! il primo concerto sarebbe stato alle sette di sera, e tutti quanti noi stavamo già morendo dall'ansia, soprattutto i quattro performer.
si erano tutti svegliati prestissimo, cosa che accadeva raramente.
«dove cazzo sta il mio cappellino?» urlò tom dalla sua camera.
«hai più cappelli che neuroni coglione. se uno non lo porti non succede nulla» rispose bill, in salone, impegnato a chiudere le ultime valigie.
io mi misi a ridere, perché tom continuva a litigare con bill, solo che stavano in stanze diverse.
continuarono così per un bel po', per fortuna arrivarono georg e gustav che riuscirono a calmarli.
io finii di sistemare le ultime cose, poi andai a fare una colazione per tutti, dato che ero l'unica libera.
«che palle. voglio quel cappello» mormorò tom, scendendo le scale.
sentii qualcuno abbracciarmi da dietro ed era ovviamente lui. mi posò le mani sopra la pancia e io misi la mia testa sulla sua spalla.
«buongiorno cristallo» mi disse, baciandomi il collo.
chiamai tutti gli altri e ci sedemmo a mangiare la colazione.
il bus prenotato per tutto il tour sarebbe arrivato in meno di trenta minuti, quindi ci sbrigammo.
«porca puttana io ho già paura» rivelò il cantante.
ma proprio quando tom stava per aprire bocca, qualcuno suonò il campanello, facendo così andare bill ad aprire.
io andai vicino all'ingresso, per vedere chi fosse ed eventualmente ascoltare la conversazione.
fu strano ed inaspettato, ma era maria alla porta.
non dissi nulla, dato che aspettavo la reazione di bill.
maria mi aveva detto che avevano ricominciato a sentirsi, quindi se fossi andata da loro, avrei rovinato tutto.
«maria, cosa ci fai qua?» disse bill, standole davanti alla porta.
lei provò a rispondere, ma dalle sue labbra uscivano solo balbettìi.
«cosa c'è? fra poco dobbiamo andare» continuò lui, spazientito.
«ecco...» mormorò, per poi avvicinarsi e baciarlo con foga.
la mia faccia in quel momento era un misto tra la confusione e la felicità.
la parte più bella era che bill non sembrava voler staccarsi. io mi sentivo un po' una stalker, ma comunque ero troppo curiosa per andarmene.
ma poi bill tornò sul pianeta terrestre e si levò.
«maria, io-»
«penso che tu mi piaccia ancora...» lo interruppe.
«senti. io non ho tempo da perdere con te. vattene» disse bill aggressivo. non me l'aspettavo proprio!
le sbatté la porta in faccia, cosa che trovai veramente crudele.
«ma che cazzo ti é preso?» urlai, uscendo dal mio "nascondiglio".
bill sbuffò e non mi rispose nemmeno.
non volevo infierire, per questo non feci tante storie, ma la storia per me non era finita lì.
l'autobus arrivò, e sinceramente rimasi sconvolta dalla grandezza. era blu e gigantesco.
«ma che cazzo avete preso? siamo in cinque, non in novanta» borbottai io.
«é così che viaggiano quelli famosi» scherzò georg.
la prima tappa era ovviamente la capitale tedesca: berlino. da lipsia ci avremo messo all'incirca due ore.
durante il viaggio mi sedei vicino a tom, che fece proprio come a new york: scoppiò nel sonno più profondo. tant'è che la sua testa scivolò sul mio seno, mentre lui continuava a dormire.
io invece avevo messo della musica e guardavo fuori dal finestrino; mi ero sudata quel posto, dato che tom lo voleva a tutti costi.
riuscii ad accaparrarmelo io, nonostante i leggeri sensi di colpa.
mentre gustav e georg si godevano il tragitto, bill sembrava essere stressato. ormai era tutta la mattina che si comportava così, e avrei voluto aiutarlo a calmarsi. insomma, lo sapevamo tutti: non avrebbe mai avuto difficoltà a cantare, con una voce del genere.

«dove siamo?» disse tom, aprendo piano piano gli occhi e stiracchiandosi.
«fra due minuti siamo in hotel tommy» risposi.
«devo dirti una cosa importantissima.» disse con tono molto serio, quasi da spaventarmi. decisi comunque di annuire.
«hai le tette comode» disse, sorridendomi.
«e questo doveva essere importante?» risposi, alzando gli occhi al cielo.
lui mi scompigliò i capelli e mi sorrise di nuovo.
scesi dal bus, passammo per la reception e finalmente fummo in camera.
stavolta ne avevano presa una per tutti, perché bill aveva detto che dopo il viaggio di new york non potevano permettersi di spendere troppo.
iniziarono a buttare le loro robe in giro, e io già stavo avendo un mancamento.
erano troppo disordinati.
provai ad ignorarli e sistemai i miei vestiti e oggetti.
dopo nemmeno qualche minuto la camera sembrava essere stata bombardata.
«fate schifo» scherzai.
«scusa governante» rispose gustav.
«fate schifo» mi imitò tom, con una voce estremamente acuta e sicuramente non simile alla mia.
«divertente» dissi sarcastica.
«divertente» mi copiò di nuovo, alzando ancora di più la tonalità della voce. gli feci il dito medio, ma lui rise soltanto.
le ore passarono e tutti quanti si erano lavati e sistemati per il concerto.
bill non si era ancora truccato, e devo dire che stava veramente bene anche in questa versione più naturale.
anche io mi vestii.

tutto per te - tom kaulitzDove le storie prendono vita. Scoprilo ora