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Stavamo per uscire dal pub.
Lui mi teneva stretta la mano, quasi possessivamente, pronto a guidarmi verso il luogo dove voleva portarmi.
Non avevo idea di dove stessimo andando, non mi aveva detto nulla, ma sentivo che con lui, in qualsiasi posto ci fossimo ritrovati, sarei stato al sicuro.

Percorremmo il lungo corridoio e guardando quelle porte, un piccolo brivido attraversó la mia schiena al ricordo che, pochi giorni prima, ero stato all'interno di una delle stanze insieme al rosso.
Non nascosi un sorriso.
Attraversammo la porta d'uscita, stranamente Chan non era lì, ma poco importava.
La strada era buia e quasi deserta, solo i neon rossi dell'insegna del Pride davano un po' di luminosità.

Svoltammo a destra, e ci incamminammo.
Non mi piaceva affatto il buio, mi sarei sentito decisamente più rilassato se ci fosse stata un po' più di luce, ma la mano di Hyunjin nella mia riusciva a calmarmi quanto bastava.
Era una presa forte, decisa.

Mi trovavo poco più indietro di lui, e davanti a me si stagliava la sua larga schiena, anch'essa robusta e risoluta.
Alcuni muscoli del suo braccio destro erano leggermente contratti, data la lieve pressione che stava esercitando per mantenere la mia mano salda alla sua.
Probabilmente ero pazzo, ma mi fece accaldare il pensiero che forse quel gesto era dovuto alla paura di perdermi di vista, per non farmi allontanare, data l'oscurità che ci circondava.

Passarono dei minuti, e ancora non eravamo arrivati a destinazione.
Cercai di farmi qualche idea, ragionando su tutti i posti che conoscevo e a cui eravamo vicini in quel momento, ma non erano molti.
Quella zona non era una delle più frequentate della città, tanto meno una delle più sicure.
Mi venivano in mente solo un paio di altri pub poco distanti da noi, ma non credevo mi stesse portando lì.

<Dove stiamo andando?> gli chiesi allora, curioso più che mai.
Non si voltó per rispondermi.
<Lo vedrai.> disse solo, vago.
Annuii, anche se lui non poteva vederlo.

Una decina di minuti dopo, ci addentrammo in una piccola strada, ormai in un quartiere più trafficato e luminoso.
Continuavano a non esserci molte persone, ma le numerose lucine gialle appese ai muri meticolosamente dipinti di bianco di quella traversina, mi fecero sentire più a mio agio.
Ad abbellire il terreno irregolare, c'erano piccoli vasetti di margherite bianche che sembravano essere trattate con cura, dovetti reprimere l'impulso di chinarmi ad annusarle.
Le porte degli appartamenti, invece, erano tutte di colore blu.
Alla luce del sole quel posto doveva essere splendido.

Era tutto così grazioso e pensato nei minimi dettagli che mi incantai ad osservare quella viuzza, tanto da non accorgermi di aver smesso di camminare.
Ci fermammo proprio davanti una di quelle porte allegramente colorate, solo che, in confronto alle altre, sembrava di un blu più sbiadito.
Non sapevo di che posto si trattasse, né perché fossimo lì.

Hyunjin inserì una chiave nella serratura, e aprì.
<Entra pure.> mi invitó, gentile.
Ed io entrai.

L'odore che mi punse il naso era leggermente sgradevole, sembrava che quell'abitazione non venisse aperta da parecchio tempo.
Quando accendemmo la luce, la lampada fece fatica ad illuminare la stanza, ci vollero dei secondi.
Era un piccolo appartamentino, le pareti erano colorate di un bianco ormai non più immacolato come immaginai essere un tempo; il parquet sopra cui camminavamo, spesso cigolava sotto i nostri piedi.
Non era esattamente come me l'ero immaginato, ma nonostante l'aspetto apparentemente trascurato, trovai quel posto bellissimo.

Sembrava essere un vecchio studio d'arte.
Al centro della stanza era presente un grande cavalletto, privo di tela peró. Accanto ad esso, uno sgabello che sorreggeva pennelli e una tavolozza ricoperta di tempere ormai secche.
Nella parete più vicina a noi, c'era un enorme scaffale pieno di tutti i tipi di colori esistenti,
leggermente impolverati.
A cera, in polvere, ad olio, e tante altre decorazioni che supposi servissero ad abbellire i dipinti.
Non ne capivo molto.
Dall'altra parte della stanza, c'era un semplice scrittoio marrone, decorato solo da schizzi di colore rosso e verde qua e là, anch'essa visibilmente ricoperta di polvere.
C'erano dei portapenne lì sopra, qualche matita usurata e al centro vi erano tre blocchi di tre tonalità di nero differenti. Sembravano essere stati utilizzati tutti fino all'ultimo foglio, qualcuno minacciava persino di volare via.
Nella parete successiva, invece, erano appesi molti dipinti, mi domandai chi fosse l'autore. Rappresentavano tutti soggetti diversi.

𝐬𝐢𝐧𝐧𝐞𝐫𝐬 || ʜʏᴜɴʟɪxDove le storie prendono vita. Scoprilo ora